Libri: “Quelli che se ne vanno”, e che non tornano

di FRANCESCO GRECO - E poi ci sono quelli che se ne vanno. Che studiano, prendono una laurea, si pagano un master, magari anche un dottorato di ricerca e poi partono col trolley e li incontri nelle ramblas di Barcellona, a Berlino, nella metro di Londra, Vienna, o anche a Stoccolma.

E che non torneranno più, almeno, non con questi chiari di luna. Non abboccheranno alle sirene del Belpaese per poi pentirsene amaramente.
 
Li chiamano “cervelli in fuga”. Se ne vanno e impoveriscono un paese, una cultura, svuotano, desertificano il futuro. Sommo masochismo, suicidi annunciati.
 
E’ un universo sfuggente, articolato, complesso, che Enrico Pugliese (professore emerito di Sociologia del Lavoro alla “Sapienza” di Roma) ha indagato in “Quelli che se ne vanno” (La nuova emigrazione italiana), il Mulino, Bologna 2018, pp. 158, euro 14,00 (collana “Contemporanea”). 
 
Pugliese ha fotografato l’emigrazione che muta semantica: ieri contadina e proletaria, valigia di cartone, grado di istruzione zero, o quasi, oggi è acculturata, “alta”.
Ieri solo dal Mezzogiorno, treni-bestiame, soppressata e olio del proprio campo, oggi anche dalla Lombardia e dal Veneto (“ne partono più dalle regioni ricche che da quelle povere”).

Ieri erano accolti (ma c’era geshlossen italien e “Non si affitta ai meridionali”) e il lavoro c’era, il giorno dopo già eri occupato e a fine mese portavi a casa (alla baracca) la paga, poi mandata alla famiglia, oggi, in Gran Bretagna per dire, causa Brexit, i camerieri italiani hanno molte difficoltà e trovare e conservare il lavoro.
 
E dunque, l’emigrazione di oggi, ci dice fra l’altro Pugliese, “ha nuovi protagonisti, così come nuova è la situazione economica e del mercato del lavoro nelle aree di destinazione”.

Nel post-industriale, in Germania si trova lavoro nei servizi, in Inghilterra nelle attività finanziarie.

Negli USA “l’ideologia del melting-pot è stata sostituita dalla realtà e dalla retorica della “salad bowl”, cioè la prevalenza unitaria di un’identità, nello specifico quella italoamericana.
 
Citando il presidente Svimez Adriano Giannola, Pugliese mette in guardia da quello che definisce uno “tsunami demografico” che fa mancare circa 3 milioni di ragazzi al di sotto dei trent’anni.
 
Se questo è il trend il Sud sarà un dormitorio, anzi, un ospizio, un’area di vecchi bisognosi di assistenza, di consumi per loro, di badanti e prostate, dentiere e pappagalli, di terre abbandonate e incolte, case svendute, desertificazione diffusa, disoccupazione (spariranno asili, scuole elementari, medie: non ci saranno più iscritti).
 
E come si risponde a questa ipotesi apocalittica, “the end”? Con la grottesca caccia al migrante (che almeno fa i figli più di noi e lavora meglio di noi, ma “letto” retoricamente come causa di ogni male possibile) e l’assistenzialismo giusto per oziare al bar sport, col reddito di cittadinanza che sollecita consumi bassi (cibi-spazzatura) ma consensi alti. Importante è abolire la povertà.
 
Un saggio, quello del sociologo, che ci spiega come siamo arrivati a tale decadenza (in Turchia un cuoco guadagna 4mila euro), che ci fa guardare allo specchio e ci mostra le rughe di montagne di errori di apprendisti stregoni, politici da talk show che si fan belli con le parole, di mancata programmazione, di carpe diem, il fallimento di generazioni di intere classi dirigenti, di sudici retori e demagoghi d’assalto, di ideologia tranchant, di cooptazione per censo e militanza nei posti di lavoro migliori, di scala sociale rotta: tutto quello che ha scacciato i migliori dalle nostre città, portandoli all’aeroporto e che extra moenia trovano pane e anche dignità.
 
Che non si azzardino a tornare: troverebbero solo umiliazioni e precarietà, lavoro nero e sottopagato oggi, pensioni da fame domani.

Oltre che buche assassine, monnezza che marcisce al sole o nella pioggia, ponti crollati miseramente, consumo egoistico e abbandono del territorio, criminalità organizzata sempre più arrogante e pervasiva, politici che “è colpa di quelli che c’erano prima...”.
 
Da questo girone infernale dantesco non si può che scappare con gioia e un senso di liberazione. Fuck-in little Italy.

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