Giovanni Vernia (intervista): "La gente è il più grande spettacolo del mondo"

di DANIELE MARTINI - Si parla di comicità, e viene fuori il nome di Giovanni Vernia: ingegnere di giorno, mentre la sera si trasformava in Jonny Groove a Zelig. È iniziata così la sua carriera: una doppia vita andata avanti per un po' di tempo, fino alla scelta finale di fare l’artista.

Per l'appunto il suo spettacolo, che sta portando in tour nei teatri italiani, dal titolo "Vernia o non Vernia: questo è il problema", è il suo dilemma esistenziale. Un one-man show pieno di ironia, improvvisazione e comicità, ma anche di canto e ballo.

Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.

D. Com'è nata la tua passione per il teatro, e soprattutto per la comicità?

R. Lo racconto proprio nello spettacolo, lo spettacolo "Vernia o non Vernia? Questo è il problema". Nasce tutto da piccolino: io sono cresciuto a Genova, ma, i miei, mamma era siciliana e papà era barese di Gioia Del Colle. E quindi, da piccolo, passavo le estati nel paese, rispettivamente in Puglia e in Sicilia. Lì avevo questi parenti meravigliosi che erano delle macchiette umane, ed io incominciavo a fare le imitazioni. Quando l'imitazione veniva bene, dei parenti in questione, ce ne rendevamo conto perché non arrivavano gli auguri a Natale perché si offendevano. E quindi da lì è iniziata questa cosa. Poi, ad un certo punto, imitavo i miei capi al lavoro, imitavo sempre quelli che mi capitavano sotto tiro. A quel punto, ho cominciato a studiare un po’ teatro, mentre facevo il mio lavoro di ingegnere. Ho fatto per 10 anni l'ingegnere. E poi, a quel punto lì, mi hanno chiamato in televisione e, da lì è nato tutto. Da lì è nato il mondo dello spettacolo. Ho tenuto i miei lavori, quello della televisione e quello dell'ingegnere, per un anno e mezzo insieme e poi, ad un certo punto ho detto "ma sai che c'è? La vita è una", ed io scelgo questo lavoro qua. Anziché far ridere i miei colleghi al lavoro, faccio ridere tutto il teatro e la gente.

D. Sei stato in tv a Zelig. Che ricordo hai di questa esperienza televisiva?

R. Per me è un ricordo bellissimo perché, appunto, mi ha permesso di fare una cosa che io non mi sarei mai immaginato di fare, cioè il comico. Zelig mi ha lanciato, è stato con quel personaggio che è entrato nel cuore di tanta gente, Johnny Groove, "ti stimo fratello", tutti i vari tormentoni che faceva. E quindi non posso che essere affezionato a Zelig. Poi, ovviamente, Zelig è stato come un trampolino di lancio. Poi devi reinventarti, altrimenti diventi noioso. Lo spettacolo che verranno a vedere a teatro ha poco a che fare con Zelig. È uno spettacolo dove io avrò modo di cantare, di ballare, di fare un po’ tutto quello che mi piace, di raccontare perché non c'era il tempo. Lo spettacolo dura 2 ore e, in quelle 2 ore, ne faccio di tutti i colori. E quindi è proprio la mia passione stare sul palco a teatro, perché posso poi fare quello che voglio io.

D. Nel 2010 sei stato l'unico ospite comico del Festival di Sanremo. Che effetto ti ha fatto salire sul palco dell'Ariston?

R. Quel palco è stato calpestato dai comici più bravi, più famosi, da Benigni a Fiorello. Nel 2010 è stato il mio turno, quindi è stato proprio scrivere la pietra nel 2010, perché c'era la crisi. Quindi hanno chiamato me. È andata così, che devi fare? Però è andata bene, perché ho conosciuto il maestro d'orchestra che è Marco Saviu proprio in quell'occasione a Sanremo, lui dirigeva l'orchestra di Sanremo. Poi lui l'ha diretta per altri 2 anni e, col tempo, siamo diventati amici ed adesso è sul palco con me nello spettacolo a teatro. Infatti, ci siamo ritrovati tutti e due nello spettacolo. E Marco Saviu, direttore d'orchestra di Sanremo, è sul palco di "Vernia o non Vernia? Questo è il problema" che tutti vedranno al Teatro Team di Bari il 9 di febbraio.

D. Tanti sono i personaggi che hai imitato (Gianluca Vacchi, Jovanotti, Marco Mengoni, Mika, Pif, Fedez, Robert De Niro, Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Matteo Salvini, Claudio Baglioni, Vasco Rossi, Ignazio Boschetto de Il Volo...). Uno su tutti... Johnny Groove. Come nasce questo personaggio?

R. È nato semplicemente dal fatto che io sono sempre stato un tamarro da discoteca. Ho sempre avuto la passione per la discoteca, per andare a ballare. Diciamo che la discoteca mi piaceva perché c'era la materia prima, come si dice, quella che a noi ragazzi interessava molto. E quindi era l'unico posto dove ce n'era molta di questa materia prima femminile che ci piaceva molto inseguire. E quindi, spesso eravamo con alcuni compagni in discoteca, io ero il più tamarro di tutti, ero quello che ballava più di tutti. E quindi, quando ho inventato il personaggio, era il primo che imitavo. Sono proprio io esasperato all'ennesima potenza. Per quello l'ho voluto bene, perché non faccio molta finta alla fine, non è che recito molto. Sono io quello lì, quel Johnny Groove sono io.

D. Tra gli altri personaggi che hai imitato, vi è anche Fabrizio Corona. Cosa ne pensi di lui? Lo stesso Fabrizio ti ha fatto qualche commento?

R. Fabrizio faccio molta fatica ad imitarlo. L'ho imitato per un po’, quando è andato in galera ho smesso. Adesso è tornato alla carica, c'è stata una riapparizione in televisione nei panni di Fabrizio Corona, l'ho fatta la settimana scorsa su Italia Uno. È un personaggio che mi fa ridere molto perché è tragicomico. Fabrizio Corona è un personaggio comico, nel senso che spesso è talmente sopra le righe che è comico, però è anche tragico nel frattempo, perché non riesce a mettere la testa a posto 'stu guaglione. E quindi, per uno che fa il comico, non puoi rappresentarlo, che poi non puoi presentarlo come l'ho presentato io, non puoi esimerti dall'intervenire quando vedi che lui non ce la fa a stare sulla retta via. Mi fa molto divertire perché io non riesco a stare serio quando lo faccio, faccio fatica a stare serio. Ci sono delle volte che sono proprio esploso a ridere sul palco perché - penso -"ma porca miseria non è possibile che è così stupido 'stu guaglione", però è così. Lui mi ha chiamato, mi ha cercato, mi fa ridere perché io magari mi inventavo il marchio di magliette, per prendere in giro il fatto che lui fa sempre marchi, magliette, felpe, cappellini, mutande, tutte cose, e lui adesso mi telefona perché queste magliette che io faccio per scherzo nello schetch, lui le vuole fare per davvero. È simpatico perché, quando mi telefona, mi chiama facendo la stessa voce che faccio io di lui con tutti i tormentoni. Mi fa ridere, mi è simpatica come cosa, però poi mi stufo subito dei personaggi. Ne faccio uno, poi ne faccio un altro. È questo il motivo del titolo "Vernia o non Vernia? Questo è il problema" perché io non riesco mai ad essere me stesso. Sin da piccolo vedevo l'idraulico che parlava in calabrese, con il suo accento: io cominciavo a confrontarmi con l'idraulico. I veterani pugliesi, dove ci sta quello che ti offre tutti i prodotti tipo la burrata, fave e cicoria con la burrata dentro: io non riuscivo a non imitarlo. E quindi questo è il problema mio, che andiamo ad arrangiare in questo spettacolo in chiave comica con la musica, il ballo. Questo spettacolo lo hanno chiamato One Man Show perché, appunto, c'è di tutto: la musica, il racconto, il monologo, la canzone, il momento di ballo, il maestro che sale sul palco. Io mi vergogno a chiamarlo così, però lo hanno chiamato così i registi, perché hanno molta esperienza in questo campo. I registi sono Paola Galassi, che ha sempre fatto il video di Aldo, Giovanni e Giacomo. Poi c'è Gianpiero Solari, che è colui che ha creato tutti gli show di Panariello, di Fiorello, etc. Poi c'è il figlio, pure, Paolo Solari. Quindi abbiamo tutta la famiglia che si è messa a fare la regia di questo spettacolo, scritto insieme al mio fidato Paolo Uzzi di Taranto. Se lo dicono loro, io lo posso dire. Hanno capito che è uno spettacolo completo.

D. Hai partecipato all'ultima edizione di “Tale e Quale”. Come hai vissuto questa esperienza e, tra i cantanti che hai imitato, ce n'è qualcuno che è entrato nel cuore?

R. "Tale e Quale" non lo volevo fare. Quando mi hanno cercato, io gli dissi di no. E gli dissi di no per un motivo: perché a "Tale e Quale" vogliono fare i personaggi tali e quali. Però io ho sempre pensato una cosa: che l'originale, per quanto ti sforzi, sarà sempre meglio. Quindi, è inutile sforzarsi di farlo tale e quale, perché non ce la farai mai. Io, invece, ho sempre fatto le parodie dei personaggi, non le imitazioni tali e quali. Ho preso, magari, la caratteristica di un personaggio, l'ho esasperato per fare un'imitazione che facesse ridere. Lo stesso Fabrizio Corona non parla come parlo io nella sua imitazione. Però ti fa ridere perché se lo ricorda, gli prendi i talloni d'Achille. E quindi io non sono adatto a fare "Tale e Quale" dicevo, "avete sbagliato persona, perché non riuscirò mai a farli tali e quali". Io ho questa malattia che mi spingerà per forza a farli in modo divertente e quindi non saranno vicini all'originale. Se io faccio Claudio Baglioni, io non sarò mai fedele a Claudio Baglioni perché ci sono degli attimi in cui parlo che devo far ridere per forza, perché sono un comico. Poi loro mi hanno detto: "No, guarda che però noi ti lasceremo un po’ di libertà, puoi darci una vena ironica nei personaggi". E allora mi sono convinto, anche perché mi piace cantare, quindi quello è un format dove si canta, si balla ed allora mi sono convinto. Poi ho fatto i personaggi, più o meno, tutti con stile. Infatti, mi è piaciuto molto The Mask di Jim Carrey. Poi mi è rimasto nel cuore, mi sono molto divertito a fare quello perché era un personaggio nuovo che nessuno aveva mai fatto, un grandissimo comico. Insomma, mi ha divertito, mi è rimasto nel cuore. Mi è rimasto nel cuore anche Claudio Baglioni, sono sincero, perché non era facile farlo. Allora, siccome non era facile, io chiesi una canzone, tanto l'avrei sbagliato di sicuro. È inutile fare una canzone difficile, tanto vale fare quella che mi piace di più, ed ho preso "Mille giorni di te e di me" che, per me, è la canzone più bella di Baglioni. E allora ho detto "sai che c'è? Io mi diverto, tanto prendo le mazzate, tanto vale che mi diverto". Poi, alla fine, è stata apprezzata quella performance. Poi c'è Marco Mengoni: con lui avevo già dato, ed anche lì mi sono divertito, non l'ho fatto preciso, però ho fatto le sue smorfie, i suoi movimenti di ballo, insomma, mi sono divertito. Poi, Renzo Arbore. Ero onorato di farlo, poi lui è allegro, solare e tutto, quindi mi sono divertito a farlo. Ma io sono un suo super fan, e mi sono ritrovato a farlo davanti a Nino Frassica che era in giuria. Poi, dopo, mi fece i complimenti... è stato molto carino. Ma io pensavo che fosse qualcosa rimasto lì. Invece, l'indomani mattina, mi squilla il telefono, ed era Renzo Arbore in persona che mi ha chiamato. E mi fa "Pronto, Giovanni Vernia" ed io rispondo "si, chi è?", "sono Renzo Arbore, volevo complimentarmi per la sua magnifica interpretazione di me", "ma veramente è lei maestro che mi sta chiamando?" "sì sì. Avvisami quando fai una serata in teatro perché ci tengo a venirti a vedere. Posso memorizzare il numero?". "Assolutamente sì". E allora io l'ho memorizzato come Dio sulla rubrica. Questo è il ricordo più bello che ho di "Tale e Quale Show".

D. Progetti futuri?

R. Adesso c'è di andare avanti con lo spettacolo a teatro, perché questo spettacolo vorremmo poi riarrangiarlo in chiave televisiva, e quindi l'obiettivo è quello lì. L'obiettivo è di andare in televisione a fare una cosa mia, anche piccola, in terza serata, in quarta. Prima di "Uno Mattina". Però volevo fare una cosa mia, una cosa dove la gente vede quello che vede a teatro, perché alla fine la gente non se l'aspetta uno spettacolo così da me. Esce molto sorpresa, e quindi vogliamo farlo vedere a un grande pubblico. Abbiamo un grande gruppo di lavoro e stiamo lavorando per quell'obiettivo lì.

D. Che consiglio dai ai giovani che vorrebbero intraprendere la carriera nel mondo dello spettacolo e della comicità?

R. Rimboccarsi le maniche perché c'è un quarto di concorrenza ormai. Adesso c'è il web, ci sono i social, ci sono gli youtubers, ci sono ovunque. Quindi c'è una concorrenza spietata. Bisogna documentarsi tanto, studiare tanto l'attualità, studiare la gente. La comicità: non è che ti metti una parrucca ed hai fatto il comico. La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto, come diceva Charles Bukowski, ed ha ragione. Bisogna studiare la gente, studiarla: è da lì che escono le maschere più comiche e più belle. Io mi ricordo Carlo Verdone: i suoi personaggi erano persone che lui conosceva realmente, che sono rimaste indimenticate. Il grandissimo Checco Zalone, che siamo anche amici: la sua è una maschera assolutamente super popolare. Quindi, prende una caratteristica dell'italiano e la mette dentro la maschera. Però, questo non basta. Bisogna anche leggere tanto, documentarsi tanto per cercare di non fare cose già fatte, perché è stato fatto tutto. Quindi, bisogna essere originali. Usare il web, perché, di trasmissioni televisive che ti lanciano non ce ne sono più. Quindi, per lanciarsi, bisogna lanciarsi da soli, con il web, che è uno strumento potentissimo che, se viene usato bene, può farti scoprire.

D. Un saluto ai lettori ed ascoltatori del Giornale di Puglia

R. (imitando Johnny Groove) Ciao belli del Giornale di Puglia. La Puglia spacca, belli. Siete troppo avanti lì in Puglia. Sono sempre stato a Firenze, a Bologna, ma la Puglia spacca, fratelli. Quindi io vi aspetto tutti, vi saluto tutti. Vi stimo, fratelli.

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