'Green book': la recensione

di FREDERIC PASCALI - C’è un viale del tramonto che attende di essere percorso fino in fondo, laddove il coraggio, la volontà e la curiosità di uomini a loro modo straordinari è in grado di cambiare il corso delle storie e della Storia. Peter Farelly, ispirandosi a un episodio del passato, ripercorre una di queste vicende andando a ritroso fino  all’America complessa e divisa del 1962 con gli Stati del Sud ostaggio di una segregazione razziale che da più di un secolo ne anima usi e costumi.

Tony “Lip” Vallelonga, buttafuori di professione al Copacabana di New York, dotato di modi bruschi e di un cuore generoso, viene ingaggiato da Don Shirley, virtuoso del pianoforte e musicista di grande successo, per fargli da autista in una torunée nel profondo Sud,in quei territori che il nero della sua pelle rende decisamente ostili.  Due mesi in cui dividere gli applausi del pubblico con le umiliazioni più disparate. È l’inizio di un’avventura alla scoperta di sé stessi e con il solo aiuto di una piccola essenziale guida per viaggiatori di colore: il “Green Book”.

Candidato a 5 premi Oscar, “Green Book” è un film confezionato con estrema cura che si avvale di due grandi interpreti: il protagonista  Viggo Mortensen, “Tony Lip”, e il “quasi” protagonista Mareshala Alì, “Don Shirley”.  Entrambi “nominati” viaggiano in perfetta sintonia  e  sviluppano il classico copione del transfert tra due personalità agli antipodi che alla fine si “incontrano” e si cambiano vicendevolmente. Sceneggiata sulla falsariga del dramedy da Nick Vallelonga, il figlio del vero “Lip”, con il contributo di Brian Currie e del regista stesso, la pellicola di Farrelly muove la macchina da presa con la stessa eleganza dei vestiti indossati da Don Shirley, coadiuvata egregiamente dalla fotografia a tema di Sean Porter. Il montaggio di Patrick J. Don Vito è il collante più efficace per un lavoro che merita il plauso e i consensi raccolti pur non riuscendo a scardinare la sensazione di una ribalta destinata a perdersi presto nell’oblio. 

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