Intervista a Reno Brandoni che ci presenta 'Filastrocche per sentirsi grandi'

MILANO -  Reno Brandoni ci presenta il suo nuovo romanzo dal titolo 'Filastrocche per sentrirsi grandi', che contiene al suo interno 9 brani-filastrocche – scritte da Maria Elena Rosati, musicate da Reno Brandoni e Stefano Nosei – ascoltabili online mediante la scansione dei QR code nascosti fra le pagine del libro. Due di questi brani-filastrocche, “Il sole nasce per tutti” e “Filastrocca alla rovescia”, vedono inoltre la partecipazione speciale del trombettista Paolo Fresu.

Sara è la protagonista del romanzo, un’adolescente che vive in un mondo moderno in cui la musica non esiste. Accompagnata dal nonno, la ragazza condurrà un viaggio alla scoperta della musica, delle figure leggendarie che ne hanno scritto la storia, della sua potenza evocativa e del fascino procurato dall’ascolto di un vinile.

Reno Brandoni è un chitarrista e scrittore che ha alle spalle una lunga e importante carriera di collaborazioni con Stefan Grossman. John Renbourn, Duck Baker e Dave Van Rock. È attivo dagli anni ‘80 come musicista, pubblicando gli album “Bluesando” (1984), “Zingarom” (2005), “Yelda” (2006), “Anema e Corde” con Giorgio Cordini (2008) e “Indifeso” (2017) ed esibendosi nei più importanti teatri italiani. Ha pubblicato i manuali di chitarra “Open Tuning Basics” e “Come suonare la chitarra Fingerpicking”, oltre a curare le trascrizioni delle tablature di chitarra del libro “Il manuale di chitarra folk” di Andrea Carpi. L’avventura come autore per ragazzi ha inizio nel 2017 con la pubblicazione per Edizioni Curci del libro “Il Re del Blues”, dedicato all’affascinante e misteriosa vita del bluesman Robert Johnson. L’anno successivo escono i libri “La notte in cui inventarono il rock”, incentrato sulla vita del noto chitarrista Jimi Hendrix, e “Una classica serata jazz”, un dialogo immaginario tra Fryderyck Chopin e Michel Petrucciani per un confronto tra musica classica e jazz.


Come nasce l'idea di questo romanzo? 
È stata una mia esigenza, avevo delle cose su cui stavo riflettendo e l’idea del romanzo mi sembrava la strada giusta per metterle insieme e analizzarle. Volevo raccontare l’attuale metodologia di comunicazione. Oggi i giovani utilizzano i social per parlarsi, ignorando l’importanza dell’incontro e del dialogo diretto. Per dare al messaggio l’intenzione che di solito si esprime con l’intonazione della voce, si usano le emoticon.

Perchè la scelta di utilizzare le filastrocche? 
Ho utilizzato le filastrocche, che solitamente si leggono in maniera cadenzata e sono la prima forma di “letteratura” che si impara a scuola e le ho musicate. Una serie di QRCODE all’interno del libro, permettono al lettore di immergersi nel racconto, leggendo le filastrocche ma contemporaneamente ascoltando i brani trasformati. Così, magicamente, un testo infantile diventa canzone e, se non conosci l’origine, puoi pensare che sia un tema adulto, lontano dalla cadenza che imporresti alla lettura. La comunicazione orale continua a essere, secondo me, la forma migliore per esprimere un sentimento, una sensazione. La scrittura invece può essere fraintesa, soprattutto quando si fa una battuta o un commento. Questo libro cerca di fare percepire le differenze di questi due diversi modi di comunicare. Ho voluto parlare anche del tema del distacco. 

In che senso?
Non sono d’accordo con quelli che dopo la perdita di una persona cara, ti dicono di non preoccuparti, che il tempo aiuterà a dimenticare.  Non L’unico modo per accettare un evento così traumatico è riempirsi di ricordi, perché quelli renderanno la persona cara immortale e sempre presente. In questo racconto Sara, la protagonista, vive il mistero della scomparsa del nonno, seguendo un percorso di misteri e ricordi, tracciati dalle filastrocche e dai dischi che scoprirà. Per concludere c’è l’idea della musica e di come oggi viene utilizzata. Il vecchio vinile aveva una funzione aggregante, lo si comprava e si ascoltava la musica con gli amici, osservando e studiando la copertina. Analizzando i nomi dei musicisti che avevano partecipato all’incisione (cosa che oggi viene totalmente trascurata), si seguiva lo sviluppo del disco brano per brano, così come era stato pensato dall’autore. Diventava un grande momento di meditazione e riflessione che oggi purtroppo si è perso. Queste sono le ragioni che mi hanno spinto a scrivere “Filastrocche per sentirsi grandi”. 

I ragazzi che approccio hanno con la musica? 
Consumistico e forse utilitaristico. Ascoltano la loro musica spesso guidati dalle playlist proposte dalle varie piattaforme di streaming che, con la scusa di offrirti un servizio seguendo il tuo gusto, ti impongono le loro scelte, dettate ovviamente da principi commerciali. Non voglio demonizzare l’attuale scenario musicale, ma si è persa quell’idea di arte che faceva del disco un progetto completo. È come rinunciare a visitare un museo, a percepirne l’ambiente, ad assaporare un’atmosfera. La musica è diventata una forma d’arte diversa. 


Ci spieghi meglio...
Consideriamo gli anni ’70, uscirono decine di dischi considerati tutti capolavori indiscussi e tutti i lavori erano diversi tra di loro. In quel periodo era stato pubblicato “The Velvet Underground & Nico”, il famoso disco con la banana, “The times they are a-changing” di Dylan e “In the Court of King Crimson”. Potrei citare decine di titoli e tutti rappresentavano idee e mondi diametralmente opposti, spesso contrastanti ma ben definiti. Se ascoltiamo la discografia attuale tutto sembra standard, stereotipato; è molto difficile trovare qualcuno in controtendenza che abbia il coraggio di osare e se lo fa viene scoraggiato, mentre una volta veniva stimolato.

C'è poca educazione musicale? 
Diciamo che la musica si è trasformata da forma d’arte a comodity. La si ascolta e spesso la si subisce dappertutto, al bar, al supermercato. Si è perso soprattutto il concetto di cronologia, di ricerca e studio. Una volta era interessante capire chi aveva fatto cosa, chi c’era stato prima e perché. Ascoltando Dylan non si poteva fare a meno di analizzare e citare Woody Guthrie o ascoltando Eric Clapton, approfondire la ricerca su B.B. King o addirittura su Robert Johnson. Oggi spesso si ignora anche il titolo della canzone.

Quando si è avvicinato alla musica? 
Ho iniziato a nove anni con la chitarra di mio padre, abbandonata sul divano. E’ stato amore a prima vista, ho incominciato a prendere lezioni private, poi il conservatorio, abbandonato per seguire le lezioni blues di Stefan Grossman. Poi a soli 19 anni il primo tour internazionale con Dave Van Ronk, Stefan Grossman e John Renbourn. In quel periodo, la chitarra acustica viveva il suo massimo successo.

Chi erano i suoi idoli da ragazzo? 
Primo tra tutti, sicuramente Bob Dylan. Seguendo il suo percorso attraverso la sua biografia, già a sedici anni avevo imparato a conoscere Jack Kerouac, Allen Ginsberg, il jazz di New Orleans e il blues del Mississippi; le poesie di Dylan Thomas, i racconti di Stainbeck, Herman Hesse e Kafka.

Qual è stato il primo libro che ha letto? 
La biografia di Bob Dylan scritta da Antony Scaduto, avevo quattordici anni. Comprai il libro più per darmi un tono che per vera curiosità. All’epoca sapevo quasi nulla di Dylan. Lo tenni sul comodino per qualche mese e poi un pomeriggio preso dalla noia iniziai a leggerlo, mi appassionai. Seguendo la vita dei vari personaggi, costruii un mio percorso culturale fatto di musica e di libri.

Adesso quali scrittori predilige? 
Leggo di tutto, non ho più uno scrittore preferito come da ragazzo ma ho tanti libri di cui mi innamoro. Ultimamente ho amato “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci.
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