'Joker': la recensione

di FREDERIC PASCALI - Quanto incide la nostra psiche nella capacità di decifrare la realtà che ogni giorno siamo chiamati ad affrontare? “Notevolmente” è la risposta più consona per descrivere la personalità di Arthur Fleck, il personaggio principale del film che Todd Phillips dirige e scrive, con Scott Silver, ricostruendo la genesi del Joker, l’arcinemico di Batman e il “cattivo” per eccellenza della DC Comics.

La Gotham City di Phillips, rappresentata nella consueta inclinazione distopica, seppur avulsa dagli intrecci espressi dagli universi Marvel e DC, è incastonata in una nicchia a parte che coincide con il 1981. Depone in tal senso la presenza di locandine di film come “Blow Out”, “Zorro the Gay Blade” ed “Excalibur”, tutti usciti in quell’anno.

È in questo contesto che Arthur Fleck vive la sua complessa esistenza fatta di un modesto lavoro da clown e della convivenza con una patologia che si manifesta con una irrefrenabile risata isterica(gli psichiatri definiscono Pseudobulbar Affect). Alla ricerca di un affetto sincero le sue relazioni sociali sono rarefatte e la maggior parte del tempo libero lo trascorre prendendosi cura della madre inferma o guardando con lei il Murray Franklin Show alla tv. Poche prospettive che preludono il profilarsi di una ineluttabile tragedia.

La pellicola di Phillips per almeno 3/4 della sua durata fa egregiamente il verso alla realtà stravolgendo tutti i canoni classici del cinefumetto ed eludendo le derive grottesche tipiche del genere. Forte della straordinaria interpretazione di Joachim Phoenix, “Joker”, la sceneggiatura procede spedita e come una perfetta favola nera mette in scena il dramma dell’uomo non lesinando primissimi piani e dialoghi sempre sull’orlo di una crisi di nervi. La presenza di Fleck nello show di Murray Franklin, interpretato da un sontuoso Robert De Niro, è il punto di svolta che cambia le carte in tavola dell’intero film.

Da quel momento in poi la forma cambia e la realtà si modifica plasmandosi di tratti surreali, sovraccaricandosi di innumerevoli citazioni, da “Re per una notte” a “Il cavaliere oscuro”, ed Easter Eggs (le sorprese “invisibili”)  che riportano il racconto nel cammino classico a lungo apparentemente eluso. In questa deriva la storia parallela della nascita di Batman diventa più marcata mentre la fotografia di Lawrence Sher si sforza di ricucire il tutto sostenuta dalla bella e magnetica colonna sonora dell’islandese Hildur Guônadòttir.
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