La Fondazione Santi Medici assegna al prof. Francesco Paolo Selvaggi il Premio ‘Cultore della Scienza’

di FRANCESCO PAOLO SELVAGGI* - BITONTO (BA). Prima di tutto permettetemi di rivolgere un sentito ringraziamento a sua Eccellenza Mons.  Francesco Cacucci, al Consiglio di Amministrazione della Fondazione Santi Medici ed in particolare al suo Presidente Don Vito Piccinonna per aver assegnato a me il Premio “Cultore della Scienza”.

Confesso di essere molto contento ma, soprattutto,  molto commosso e per l’assegnazione di questo prestigioso Premio e perché questo mi viene consegnato nella mia città, Bitonto : la città in cui sono nato proprio a poche centinaia di metri lungo via della Repubblica che porta al Santuario, da me frequentato dato il fascino che proprio i Santi Medici, i gemelli Cosma e Damiano, avevano e hanno su di me. Medici che non sono mai venuti meno alla loro missione, che svolgevano gratuitamente ( come sapete tutti erano chiamati  Anarghiri: cioè prestavano servizio gratuitamente).

Sono nato a Bitonto e ho avuto la prima formazione all’Istituto Sacro Cuore, le medie e fino al  primo anno di Liceo all’Istituto Carmine Sylos. Poi mio padre per vari motivi si trasferì a Molfetta, luogo di origini della famiglia di mia madre Nene Fornari. L’esempio dei genitori è fondamentale: mio padre era medico, ginecologo, e io sono stato testimone del suo essere medico, un medico d’altri tempi, tempi che non dovrebbero mai tramontare. Era sempre vicino ai pazienti e non solo ai loro problemi di salute ma alle loro ansie della quotidianità.

Mia madre si prendeva cura delle persone in difficoltà perché anche lei aveva avuto come esempio sua madre “Ave Fornari” che fondò a Bari la “Goccia di latte”, la prima rete assistenziale gratuita per le madri  che non potevano allattare  o che non avevano la possibilità di sostenere i loro figli.  L’insegnamento di mio padre mi ha fatto comprendere l’assoluta necessità del rapporto Medico-Paziente: non si può essere pienamente medico se non si crea con il paziente oltre al rigore professionale anche in egual misura un rapporto umano.

Qui tra il pubblico vi sono molti medici, miei  allievi che possono testimoniare di quanta attenzione abbia dato alla formazione degli Urologi per il rapporto Medico- Paziente attraverso anni di Seminari con il noto psicoanalista prof.Andreas Giannakoulas e Santa, mia moglie.

Molti si chiederanno che cosa io abbia fatto per meritare questo prestigioso riconoscimento. Forse ho solo cercato di fare il mio dovere.

Ho diretto la Cattedra di Urologia e il Dipartimento delle Emergenze e dei Trapianti di organo e ora  sono professore Emerito di Urologia nella Università di Bari.

Ho contribuito allo sviluppo  e all’approfondimento e, dunque,alla conoscenza  di questa branca della medicina con circa 500 pubblicazioni di cui 150 su Riviste internazionali. Negli anni ‘80  vi erano pochi letti disponibili per l’Urologia nelle corsie di Chirurgia generale della nostra Università. Ma data l’importanza di questa branca, così delicata perché riguarda organi che sono fondamentali per la salute totale della persona nella sua interezza, - dal cardinale Ravasi durante una sua lectio magistralis in un Convegno nazionale a Milano ho  appreso che nella Bibbia Dio è scrutatore  di cuore ( i sentimenti ) e di rene ( l’organo che depura l’organismo) -  mi sono impegnato per istituire un Reparto di Urologia  presso il Policlinico con annesso un Centro Trapianti di Rene.

Ho insegnato a tanti studenti per oltre 40 anni, ne ho laureati  tanti e tanti specializzati, e ora seguo molti miei allievi che mi chiedono consigli per i loro interventi, prima di eseguirli, così come durante i miei interventi  chirurgici insegno sempre le tecniche a chi mi aiuta perché la PERSONA,  per me, è al centro di ogni nostra azione medica e chirurgica.

Ho formato Urologi che ora sono Primari in Puglia e Basilicata, professori Associati e Ordinari a Bari e a Foggia . Ho operato, ho curato  e mi sono preso cura di  tanti ammalati e continuo a farlo quotidianamente: di questo sono grato al Padre Eterno che mi permette  di aiutare l’ammalato a guarire, a stare meglio.

Non sto affermando tutto questo per un atto di narcisismo ( come direbbe subito Santa riprendendomi, data la sua severità in merito). NO. Sto semplicemente raccontando e informando circa lo sviluppo della Urologia   che ha molti ambiti.

Mi piace citarne almeno tre: l’ONCOLOGIA, l’ANDROLOGIA e il TRAPIANTO DI RENE.

In ONCOLOGIA  abbiamo una vastissima casistica di livello europeo con una grande attenzione non solo alla malattia, ma alle cure successive, all’immagine del paziente, alle relazioni del paziente con l’ambiente. Tutti sapete come il corpo del paziente possa essere devastato dal tumore: di qui la massima presa in carico del paziente da parte nostra.

In ANDROLOGIA siamo stati i primi in Italia meridionale ad avere un programma completo, sino all’adeguamento di sesso dei transessuali, persone che soffrono moltissimo nel sentirsi in un corpo sbagliato. Il primo intervento di adeguamento lo abbiamo eseguito nell’autunno del 1996 , anche per una segnalazione di sua Eccellenza mons. Ciccio Savino, allora Rettore del Santuario dei Santi Medici. Don Ciccio dopo avermi fatto ex abrupto  la domanda  : “Ma tu fai adeguamenti di sesso ? “E io risposi : “Sì , ho imparato la tecnica chirurgica  in California con due grandi maestri, Goodwin e Stoller …ma non conosco quali siano le leggi in Italia. Don Cicco mi inviò subito un paziente… Abbiamo affrontato  contestualmente anche le varie problematiche psicologiche pubblicando casi davvero paradigmatici, che sono stati oggetto di attenzione in vari seminari e convegni.

E poi il TRAPIANTO DI RENE eseguito da me, con il mio maestro prof. Giuseppe  Marinaccio, nel 1973... i primi nell’Italia Meridionale : il sogno di ogni chirurgo, credo, che sia quello di sostituire un organo malato con un organo sano.

Durante la mia direzione sono stati eseguiti oltre 1100 trapianti di rene ( da cadavere e  da vivente). Oggi il numero dei trapianti di rene è 1600. E  proprio ai Santi Medici devo questa mia particolare attenzione al trapianto. Furono, infatti, loro a sostituire la gamba in cancrena di un soldato con la gamba di un soldato moro caduto in battaglia. L’opera del Beato Angelico rende pienamente il sentimento che accompagnò questo intervento.

Ma per i Trapianti necessaria non è solo l’abilità chirurgica ma la volontà di donare i propri organi . Senza questo atto  libero, responsabile e gratuito non vi è trapianto che rappresenta la salvezza per tante persone. Per tale motivo mi sono molto occupato e mi occupo tuttora di diffondere la Cultura della educazione alla donazione di organi a scopo di trapianto.

Sono tante le realizzazioni ma non voglio andare oltre per non tediarvi; forse ho fatto meno di quello che avrei potuto fare. Di una cosa sono certo e cioè che nella mia attività, che è ancora intensa, la mia attenzione è sempre stata rivolta alla persona ammalata. Il paziente vuole essere ascoltato : la più banale delle malattie  genera ansia e sofferenza  e fa vivere alla persona una delle esperienze più complesse. E in tal senso ho sempre ritenuto che la vera Identità medica, oltre al rigore della professionalità, deve avere il senso di una missione.
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*Professore e medico di Urologia, già responsabile della U.O. Urologia universitaria presso il Policlinico di Bari.
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