“Ostaggi del web capitalismo”, parla Stefano Quintarelli

di FRANCESCO GRECO - Sere fa, in una piazzetta del paese, quattro bambine (9-10 anni) stavano armeggiando con un tablet: andavano per siti di moda. Mi sono chiesto: se per caso fossero finite sul milione, o giù di lì, di siti a luci rosse, cosa sarebbe successo? La loro innocenza non sarebbe stata turbata, forse per sempre? Che diritto abbiamo noi di attentare alla loro purezza?

Certi contenuti non dovrebbero stare sul web, occorre un algoritmo per impedirne l’accesso, non alle persone, ma appunto alla spazzatura. Invece la rete è una foresta, il Grande Fratello del III Millennio.

Il caso ha voluto che il giorno dopo, su “La Stampa”, mi imbattessi in questo titolo: “Sorvegliati e profilati, 24 ore al giorno”, in cui lo studioso e imprenditore Stefano Quintarelli (già deputato di Scelta Civica, è l’ideatore dello Spid) parlava del suo ultimo libro, edito da Bollati Boringhieri, titolo “Capitalismo immateriale”, presentato al Festival della tecnologia al Politecnico di Torino.

Domanda: prof. Quintarelli, non sarebbe meglio rimuovere l’offerta abbondante della pornografia dalla rete anziché perseguire chi ne fa uso?   
Risposta: “Parliamo di un fenomeno che esiste da molti millenni, con interpretazioni varie nella storia. Il nostro sistema giuridico non prevede una tale perseguibilità. Ho due figlie nate nell’era di internet e sono cresciute con valori forti. Attenzione a non generarsi alibi per deresponsabilizzare la famiglia nell’insegnare i valori”.
D. Che cos’è il capitalismo immateriale?
R. ”Oltre al tradizionale conflitto capitale e lavoro, oggi c’e’ un altro fattore di creazione di ricchezza: l’informazione che avvolge e sovrasta i primi due. Tutto e’ intermediato da operatori dell’informazione che si appropriano di una quota del valore ed approfittano della non materialità dell’informazione per trasferire il valore in paradisi fiscali. Questa tripartizione e’ il capitalismo immateriale (di cui il capitalismo di sorveglianza che monetizza i dati acquisiti dagli utenti è solo un sottoinsieme)”.
D. E il web capitalismo? Una forma di tirannide 4.0, ormai abbiamo smarrito il libero arbitrio?
R. “Assolutamente no. Lo esercitiamo anzi sempre più frequentemente ogni volta che prendiamo una decisione, oggi molto più spesso di prima”.
D. E gli infoplutocrati del web di cui lei parla?
R. “Sono i signori dei monopolisti dell’immateriale che, come detto, beneficiano dall’informazione intermediando capitale e lavoro”.
D. Ci dicono sicurezza in cambio di privacy ormai nulla, non è un’opzione troppo pesante, ontologicamente suicida?
R. ”Ci sono risposte tecnologiche nuove e ce ne saranno sempre di piu’ per equilibrare privacy e disponibilità di servizi; si tratta di capire quando la politica avrà il coraggio, sfruttando queste tecnologie, di riportare molti diritti realmente nella disponibilità degli utenti”.
D. Lei dice: Fra le 15 persone che detengono un patrimonio di mille miliardi, sette hanno fatto la ricchezza sui software: questi sono i padroni del mondo e nessuno e n’è accorto? 
R. “L’immaterialità – come spiego nel mio libro – segue regole diverse dalla materialita’. Una di queste e’ la velocità che, grazie alle macchine, è decisamente superiore a quanto sperimentato nella storia dell’umanità che sin qui si è basata sugli atomi.
Questa velocità ha fatto sì che persone molto competenti e con una chiara visione del futuro, sfruttando la tecnologia e sulla base delle regole esistenti, accumulassero in un brevissimo lasso di tempo fortune inimmaginabili”.
D. La politica appare in ritardo? Dovrebbe difendere i cittadini… Fra poco i parlamenti potranno chiuderli, saremo governati da algoritmi e big data…
R. “No, gli algoritmi attengono alla parte calcolatrice della ragione, quella che Sant’Agostino chiamava la Scientia, ma i fini sono dettati da un’altra funzione della ragione, la Sapientia, che è saldamente alle persone.
Per quanto riguarda la politica, sarebbe pericoloso se intervenisse a regolamentare fenomeni prima che questi si determinino. Nulla potrebbe mutare l’ordine costituito e saremmo ancora al medio evo”.
D. Lei invoca una presa di coscienza politica, regole a favore della concorrenza per frammentare i giganti del web: una via percorribile?
R. “Certamente si. Accadra’”.
D. La rete è stata venduta da certi politici come il top della democrazia, ma è una fake news? 
R. “No, e’ vero. Ma e’ vero anche il suo contrario. Come ogni strumento può essere usato nel bene e nel male. Ed e’ uno strumento poderoso”.
D. Come combattere l’immanente che sconfina nel trascendente della rete?
R. “Non sono certo di vedere questo sconfinamento”.
D. Se i like si possono taroccare e i followers comprare, allora la rete è il regno, la sublimazione della menzogna?
R. “Se fosse la sublimazione, non ce ne accorgeremmo e non saremmo qui a parlarne. Ricordo che in Italia mentire non è reato. E d’altronde cosa è una menzogna ? Chi può decidere?
Per gli induisti il Cristianesimo è una menzogna e viceversa? Come risolvere la questione. Francamente vedo più menzogne nei pochi talk show che vedo rispetto a ciò che leggo nel mio account twitter”.
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