Oggi San Vito, uno dei Santi ausiliatori


VITTORIO POLITO - Oggi la Chiesa venera San Vito (III secolo-303), forse nato in Sicilia, ma morto sicuramente in Lucania, come risulta dal Martirologio Geronimiano, popolarissimo nel medioevo fu inserito nel gruppo dei 14 Santi Ausiliatori (insieme ad Acacio, Barbara, Biagio, Caterina d’Alessandria, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone), la cui intercessione era considerata molto efficace ed i fedeli si rivolgevano per particolari necessità, solitamente per guarire da particolari malattie. Una malattia che fa capo al nome di Vito è il cosiddetto “Ballo di San Vito”, oggi chiamato “Corea”, caratterizzato da contrazioni muscolari, complicate da movimenti involontari, che colpisce di preferenza i ragazzi tra 5 e 15 anni e il sesso femminile più del maschile. Ha stretti rapporti col reumatismo articolare.

A sette anni, iniziò a fare prodigi ed era molto noto nella zona di Mazara del Vallo. Il padre, non riuscendo a farlo abiurare, lo denunziò al preside Valeriano, che ordinò di arrestarlo. Un padre pagano, che facesse arrestare un figlio (o figlia) cristiano, pur sapendo delle torture e forse morte a cui sarebbe andato incontro, è figura molto comune nei Martirologi dell’età delle persecuzioni.

La leggenda dice che nel 294 fu incarcerato e torturato per volere del governatore Valeriano, liberato poi miracolosamente da un angelo. Ritornato a Roma per disposizione dell’Imperatore Diocleziano, lo volle presso di sé per guarire il figlio indemoniato. Vito, considerato un vero e proprio taumaturgo, testimoniando la sua fede con la parola e con i prodigi, fu condotto a Roma dall’imperatore, il cui figlio coetaneo di Vito era ammalato di epilessia, malattia che all’epoca era molto impressionante, considerando l’ammalato un indemoniato.

Purtroppo bisogna dire che il martirio in Lucania è l’unica notizia attendibile su san Vito, mentre per tutto il resto si finisce nella leggenda. Il suo culto si diffuse in tutta la Cristianità, colpiva soprattutto la giovane età del martire e le sue doti taumaturgiche.

Protegge i muti, i sordi e singolarmente anche i ballerini, per la somiglianza nella gestualità agli epilettici. È patrono dei calderai, ramai e bottai.

Bisogna dire che delle reliquie di san Vito è piena l’Europa; circa 150 cittadine vantano di possedere sue reliquie o frammenti, compreso Mazara del Vallo, che conserva un braccio, un osso della gamba e altri più piccoli.

Nella città ritenuta suo luogo di nascita, san Vito è festeggiato ogni anno con una solenne e tipica processione, che si svolge fra la terza e la quarta domenica d’agosto. Il “fistinu” in onore del santo patrono ricorda la traslazione delle suddette reliquie, avvenuta nel 1742 ad opera del vescovo Giuseppe Stella.

Il santuario in cui è venerato è nel Comune di Eboli in Campania, denominato S. Vito al Sele, mentre nella vicina città di Capaccio, nella chiesa di S. Pietro, è custodita una reliquia del santo.

È invocato contro l’epilessia, la rabbia, l’insonnia, i morsi dei rettili, e ovviamente il “ballo di San Vito”.

Ed ora vediamo il significato del nome Vito. Possiede spirito di avventura, coraggio e senso dell’opportunità. È animato da una costante e positiva tensione verso l’altro, ma è anche disposto ad accantonare i propri ideali per trarre vantaggio dalle condizioni del momento. Solitamente allegro, gioviale, amante delle liete riunioni, Vito sente il fascino dell’ignoto e dell’imprevisto.

Dalle nostre parti San Vito è Patrono di Polignano a Mare (BA), San Vito dei Normanni (BR), di Castrì, Lequile, Taurisano, Tricase (LE), Celle San Vito (FG).

Da segnalare l’Abbazia di San Vito di Polignano a Mare (Bari), che fu casa dei Frati Minori conventuali dei SS. Apostoli e nel 1785, verso la fine del XVIII secolo, divenne proprietà dei marchesi Tavassi-La Greca. Vale la pena visitarla per la sua posizione e per le sue eleganti forme, non perdete la visita alla incredibile loggia che si affaccia sul mare. Potrete ancora vedere la chiesa incorporata al monastero, le mura di cinta delimitata da quattro torri angolari e dai porticati. Una leggenda narra che una nobildonna salernitana che stava annegando nel fiume Sele, venne miracolosamente salvata da San Vito che le chiese di portare le sue spoglie in Puglia. La donna condusse le spoglie del Santo nel luogo in cui successivamente venne fondata l’Abbazia.
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