‘I racconti della controra’ di Simonetti superano la prova ‘facoltà’ di Mirabella


LIVALCA - Quando due anni fa scrissi un pezzo per segnalare l’uscita di un libro di Salvatore Giannella «In viaggio con i maestri», l’arguto direttore della testata che mi ospita, Vito Ferri, elaborò un titolo degno del giornalismo non ancora contaminato dalla civiltà dell’immagine «Giannella, Mirabella, Capello e la teoria della doppia elle di Cavalli», che consiglio di andare a (ri)leggere a tutti coloro che sanno che il fascino della carta contiene tutti i sensi - vista, udito, gusto, olfatto e tatto - in maniera se non ‘erotica’, ‘eroica’ senz’altro ( …la lettura è il viaggio di chi è impossibilitato a servirsi di altri mezzi).

L’uomo che con una ‘geniale’ trasmissione televisiva ha fatto (ri)scoprire a tanta gente l’elisir di lunga vita e poi, a ruota, «L’elisir d’amore» di Gaetano Donizetti, il regista di ‘Jarche vasce’ e di ‘ Don Pancrazio Cucuzziello’ di mezzo secolo fa, l’attore che ha lavorato con Troisi, Verdone e Villaggio non trascurando di mettere in scena spettacoli di Brecht, De Filippo, Goldoni, Shakespeare e tanti altri, il sensibile amante della lirica che ha curato la regia di opere di Piccinni, Puccini, Verdi, Mascagni e Donizetti, mercoledì 2 settembre si è catapultato nella splendida cittadina di Noci per presentare il volume di Nicola Simonetti « I racconti della controra», edito, come sempre, da Adda, editrice che era presente alla serata con il suo attuale ‘nocchiero’ Giacomo.

Tutti avrete ben compreso che stiamo parlando del professore Michele Mirabella, nato a Bitonto e vissuto nel triangolo ‘Bari-Bitonto-Roma’ (rigoroso ordine alfabetico), che qualche hanno fa dimostrò di essere un italiano, che vuole bene al Paese di oggi ed ancora di più a quello di domani, affermando in un intervento da me richiestogli per il libro di Rino Bizzarro «Bari così», quanto segue “…un quidam de populo qualsiasi può pretendere di farsi stipendiare dallo Stato per mettere su casa con la scusa del palcoscenico…”. La frase va interpretata nel giusto verso, ossia il lavoro è una somma di esperienze realizzate nel proprio interesse ed a beneficio degli altri e non un ‘vitalizio’ per produrre reddito ‘parassita’.

Il gruppo amici di San Nicola, di cui Simonetti resta l’anima palpitante e ‘legiferante’ più dinamica, non è riuscito, mancando la concretezza del professore, a mettere insieme ed allestire una spedizione su Noci e, con grande acume, si è ritenuto di attribuire al covid-19 una colpa che va divisa equamente fra gli otto componenti della squadra.


La serata iniziata puntuale mercoledì 2 settembre alle ore 19,30 presso Largo Sottotenente Giuseppe Rotolo in Noci, cittadina che vanta una Chiesa Madre che può essere definita ‘monumento’, è stata un successo strepitoso, testimoniato dalle sapienti foto di Mimmo Guglielmi, l’artista delle immagini che Peppino Giacovazzo definì ‘fotografo realista’. Ora che mi sento tornato in ‘famiglia’ mi piace ricordare che, in questo incantevole ‘Largo’, anni fa è stata rinvenuta una consistente raccolta di reperti in ceramica risalenti al XIV secolo. Mi permetto di ignorare che durante gli scavi fu (ri)trovata una torre antica che gli anziani ben conoscevano, ma i ‘più’ ignoravano ( questo spiega forse il motivo per cui quando si leggevano i bollettini delle vittime del covid-19, si precisava: morti, ma anziani).

Sono dispiaciuto di non aver potuto assistere ai ‘siparietti’ comici cui avranno dato vita Nicola e Michele (professore, per nascita discendente dal re illirico Botone, puntualizzo, che la mia divagazione va ‘registrata’ come ‘motu proprio’) , entrambi professionisti con l’arte nel DNA. Ho ascoltato qualche volta Mirabella (se ti chiamerà Zalone, ringrazia Livalca!) e devo dire che possiede tempi di entrata e modi di esposizione da consumato attore. Mi ha raccontato Vinicio Aquaro (altro ‘animale’ da palcoscenico che non è stato mai bruciato dal sacro fuoco…ma reca evidenti segni e permanenti sintomi da ‘ustione’) che Mirabella ha spiegato il termine ‘controra’ amabilmente, quasi sollecitando una ‘pennichella’ (…con i ritmi di lavoro odierni questo ‘riposino’ - sullo smart working ho le stesse riserve di ‘in hoc signo vinces’ - ha la stessa valenza di ‘in vino veritas’). Direttore Ferri inizia a mettere da parte le invettive di coloro che si riterranno offesi dal mio pronunciamento, chiaramente hanno ‘fra…inteso’. La moderatrice della serata Francesca Amatulli - gentilissima lei che possiede due elle e vocale finale nel cognome vada a consultare l’articolo da me citato all’inizio, si sentirà, per dirla con Cicerone, ‘ testis temporum’ -, abituale presenza delle presentazioni di Simonetti, avrà accumulato tanta saggezza da questa esperienza da sentirsi pronta ad affrontare una nuova prova in ogni angolo dello stivale.

Tutti i 19 racconti che compongono il libro hanno una precisa identità: sono stati scritti da un medico cattolico che ha fatto sua quella frase di Papini che recita :« Un vero cristiano non deve essere malvagio nemmeno coi malvagi, non deve essere ingiusto neppure con coloro che lo sono, non deve essere crudele neppure coi crudeli, ma deve essere tentatore del bene anche con il tentatore del male».

I racconti che mi sono parsi degni del 10 ( io i numeri li do volentieri, anzi sono un poco dispiaciuto con Nicola perché il racconto dal titolo ‘Venerdì 17’, invade un territorio di mia competenza ) sono : ‘ Amo Julette, senza la i’, ‘ Il monaco e la suora’ ( Nicola ha rispolverato Claude-Joseph Vernet e il suo ‘ A sea-shore’ e William Turner con ‘ Bell Rock Lighthouse’ mettendomi in crisi; sono convinto che, prendendo spunto da questi due quadri stia scrivendo un romanzo, per cui, miei cari affezionati lettori, vi consiglio di acquistare questo libro, in modo che Adda pensi ad una ristampa ampliata e ci salviamo da un ennesimo romanzo…a Bari sono già troppi i romanzieri. Solo per la statistica, tanto cara al co-pilota di Nicola, Luigi Papa, il titolo provvisorio del romanzo è ‘ Il faro di riva del mare’), ‘Addio alla tonaca’, ‘Cose di mafia’, ‘Verginità’ ( un piccolo e documentato trattato scientifico),’ Venerdì 17’ e ‘La figlia del don’.


L’ultimo racconto del libro di Simonetti si chiude con questa vibrante affermazione:«….una Santa che non sarà mai riconosciuta dalla Chiesa ma che Dio ha già incoronato come tale».

Questa dichiarazione così categorica, tassativa, perentoria mi ha emozionato e mi sono ricordato della professoressa di latino che per spiegarci un capolavoro : poteva essere un quadro, un libro o una pregevole interpretazione di un attore, ripeteva « Si vis me flere, flendum est primum ipsi tibi» ( ‘Se vuoi che io pianga, devi piangere prima tu’, traduzione a beneficio del mio Sansone, grande cultore dell’Arte poetica di Orazio).

E’ difficile che tu possa trasmettere emozioni, se non riesci a provarle tu per primo, questo il messaggio della frase, valida ancora oggi, e che andrebbe recuperata anche in ambito non propriamente artistico (Se tu non svolgi con passione il tuo compito - dal signore operatore ecologico, al signore degli… anelli - come puoi pretenderlo dagli altri?). Secondo un vecchio detto:« L’esempio vale più di tante parole».

Nicola Simonetti e Michele Mirabella (in ordine anagrafico e con lo stesso insegnante di latino avuto al liceo in anni differenti) ci procurano quella che Giulio Rapetti, con la musica di Gianni Bella, ha ratificato come ‘L’emozione non ha voce’ e che noi intendiamo come l’amore in tutte le sue manifestazioni più alte.

E’ giunto il momento in cui il professore Mirabella ( Nicola lo ha già concesso ‘urbi et orbi’) deve testimoniare il suo consenso-dissenso:«Prego, ne ha facoltà».

FOTO: GUGLIELMI
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