'Tenet': la recensione


FREDERIC PASCALI - Christopher Nolan torna sul grande schermo con un lavoro che sembra fatto apposta per ammaliare e stupire costringendo l’orizzonte emozionale su di una linea spaziale angusta e di difficile decifrazione.

Fin dalle prime sequenze si spargono indizi e si amplificano i significati mentre il passato, il presente e il futuro si ritrovano a intersecarsi in un susseguirsi di azioni che finiscono per delineare la consueta epica lotta per la sopravvivenza della specie umana.

La minaccia è rappresentata da un malvagio di origine russa di nome Sator. Il suo gruppo, che in qualche modo ricorda una “Spectre” ante litteram, prende ordini, e armi “invertite”, da qualcuno del futuro alle prese con i gravi cambiamenti provocati dalla Terra del presente e aggrappato al paradosso temporale del nonno.

A cercare di fermarli è deputata un’organizzazione di nome Tenet che aiuta e, apparentemente, ingaggia “Il protagonista”, un ex agente segreto, ibrido di James Bond ed Ethan Hunt, che aiutato da Neil, un esperto fisico e membro della stessa organizzazione, prende contatto con Sator riuscendo ad avvicinarne la moglie Kat da tempo sotto ricatto del marito.

Sospinti dalle musiche incalzanti di Ludwig Gorasson, chiamato a sostituire Hans Zimmer impegnato con il “Dune” di Denis Villeneuve, i personaggi principali incrociano il loro cammino narrativo muovendosi con i canoni classici di un “viaggio dell’eroe” attento a sottolineare i punti di svolta e la preminente figura del mentore, Neil.

Nolan, autore anche della sceneggiatura, occulta nella pellicola un numero cospicuo di dettagli e simboli, a cominciare dalla palindroma Tenet per finire con Sator, Arepo, Opera e Rotas; le parole del quadrato magico di Sator, prodotto per la prima volta a Pompei, ci sono tutte, compresa Paternoster, la risultanza incrociata del loro anagramma. 

Si va indietro nel tempo e si va avanti, si fanno manovre a tenaglia temporale ma alla fine il tempo resta comunque immutato, “quello che è stato, è stato”.

Senza anticipare nulla sul recupero dell’algoritmo per salvare il Mondo, va sottolineata la presenza di un cast di rilievo con John David Washington nei panni de “Il Protagonista”, Robert Pattinson in quelli di “Neil”, Kenneth Branagh in quelli di Andrei Sator ed Elizabeth Debicki in quelli di “Kat”. Tuttavia, la pellicola oversize, 70mm, e la bella fotografia di Hoyte Van Hoytema non riescono a far dimenticare alcuni dialoghi non sempre all’altezza di una super produzione da circa 225 milioni di dollari.
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