La musica: origini e curiosità


VITTORIO POLITO - La musica è l’arte e la scienza dell’organizzazione dei suoni, dei rumori e dei silenzi nel corso del tempo e nello spazio. Un’arte adatta a conseguire determinati effetti sonori che riescono ad esprimere l’interiorità dell’individuo che la produce e dell’ascoltatore che ne fruisce. Il generare suoni avviene mediante il canto o mediante l’utilizzo di strumenti musicali che, attraverso i principi dell’acustica, provocano la percezione uditiva e l’esperienza emotiva voluta dall’artista. L’arte consiste nell’ideare e nel produrre successioni strutturate di suoni semplici o complessi, per mezzo della voce umana, di strumenti o della combinazione di entrambe queste fonti: abbiamo la musica corale, sinfonica, da camera, per pianoforte, lirica, sacra, da ballo, leggera, classica, la musicoterapia, ecc. Il significato del termine musica non è univoco ed è molto dibattuto tra gli studiosi per via delle diverse accezioni utilizzate nei vari periodi storici. Etimologicamente il termine musica deriva dalle Muse, figure della mitologia greca.

La musica è l’arte che consiste nell’ideare e nel produrre successioni strutturate di suoni. In quanto attività sociale, essa appartiene a tutte le epoche e a tutte le culture, mutando il proprio significato e la propria funzione, e manifestandosi in una grande varietà di forme e tecniche a seconda dei periodi storici e delle aree geografiche. Nella civiltà occidentale si possono distinguere la musica ‘colta’ o d’arte, composta ed eseguita da professionisti e tramandata tramite la scrittura, la musica popolare o folclorica trasmessa oralmente, e la musica di ‘consumo’ destinata alla diffusione di massa.

La capacità di emettere suoni a intonazione variabile prova che la musica apparve prima della parola: lo afferma Jeremy Montagu (1927-2020), scrittore di libri e di numerosi articoli sugli strumenti musicali, che ha trattato la questione della nascita dell’espressione musicale sulla base di reperti archeologici tra 39.000 e 43.000 anni fa. Certamente non si parla di note o armonie vicine a noi ma a “suoni che trasmettono emozioni”, come sottolinea lo stesso Montagu, paragonandola alla nenia di una madre al suo bambino. Ma quando i nostri antenati hanno cominciato a fare musica? Gli scienziati hanno studiato i crani fossili e le mascelle delle scimmie odierne per capire se fossero in grado di vocalizzare e, soprattutto, intonare.

«La musica può creare legami forti come quello tra madre e figlio», suggerisce Montagu: «alleggerisce le fatiche di un lavoro ripetitivo o dà il ritmo, potenziando il lavoro stesso. Danzare o cantare insieme prima di una caccia o di una battaglia lega i partecipanti in un gruppo coeso. È persino possibile che la musica, creando tali legami, abbia favorito la nascita della società stessa, tenendo insieme individui che avrebbero invece potuto condurre vite solitarie».

Pare che nessuna civiltà ha ignorato la musica. Alle origini mitiche della musica in Grecia, poesia e musica erano un tutt’uno. Apollo è il dio delle Muse e Orfeo poeta e musicista che con le sue melodie piega animali e natura cantando i suoi poemi accompagnandosi con la lira. Grande è il potere della musica sullo spirito dell’uomo, soprattutto per i due maggiori costituenti, la melodia ed il ritmo. La musica è un linguaggio ricco e mai uguale a se stesso che si evolve continuamente, un modo di esprimere pensieri ed emozioni, come la scrittura, la pittura, la poesia o la scultura. Michel Schneider, scrittore e musicologo, nel libro “Glenn Gould - Piano solo”, sostiene che «Soltanto la musica non ripete, quando ripete. Questa è la sua forza, ed è la sua follia…».

I valori emotivi e la relazione tra musica ed emozione sono stati oggetto di numerosi studi indirizzati verso un’analisi sistematica della loro relazione. Da qui gli effetti terapeutici del suono e della musica che sono in grado di indurre, non solo attenzione e rilassamento, ma anche di modulare la percezione di stimoli nocivi e modificare anche l’attività del sistema nervoso vegetativo. Per tali motivi le frequenze musicali rappresentano anche una efficace aggiunta terapeutica in varie condizioni morbose, anche in quelle caratterizzate da dolore, per cui potrebbero definirsi anche ‘frequenze analgesiche’. È anche il caso di ricordare che sono in corso studi che stanno dimostrando che l’ascolto di una qualunque musica, scatena meccanismi che stimolano il cervello, infatti, quando siamo allegri ci viene voglia di cantare e quando viviamo qualche emozione intensa la musica accompagna il nostro stato d’animo.

La terapia musicale non è nuova, è solo un rimedio antico tornato di moda. Infatti, già nel 1811, il medico tedesco Peter Lichtenthal (1780-1853), scrisse il «Trattato dell’influenza della musica sul corpo umano e del suo uso in certe malattie». In realtà pare proprio che la musicoterapia, lanciata in questi ultimi anni, tragga le sue radici prima di Cristo, quando Talete, con il suono di un’arpa, sconfisse la peste e Aristotele dispensò consigli sulle virtù della musica come unico rimedio contro i disturbi psicosomatici.

Ma al di là delle origini, la musicoterapia viene utilizzata anche come strumento terapeutico nel sostegno psicologico ai bambini con difficoltà visive, uditive e di parola. Ai ragazzi autistici fornisce una possibilità in più, quella di comunicare, mentre ai bambini un sottofondo musicale leggero può utilmente accompagnare i primi giorni di vita, con il risultato di metterlo subito a contatto con un linguaggio molto ricco e stimolante e rasserenarlo nella sua quotidiana scoperta del mondo che lo circonda.


Qualche tempo fa una rivista specializzata pubblicò una tabella a proposito di “Capricci e prodezze della musicoterapia”. In essa si apprende come il jazz, stimolante ed eccitante, aumenta la concentrazione ed a volte l’aggressività; il rock ed il “rithm and blues” eccitano, deconcentrano, riducono l’autocontrollo, mentre l’eccesso di volume provoca euforia e a volte violenza incontrollata. “La notte” di Vivaldi, ad esempio, è distensiva, combatte l’insonnia e riduce sensibilmente le tensioni emotive, l’ansia. Stessa cosa può dirsi per la musica di Bach, mentre, ascoltando Mozart, si riduce l’acidità gastrica e si migliora quindi sensibilmente la digestione. Il “Bolero” di Ravel eccita, sui soggetti psicolabili può indurre isterismo, depressione, stati confusionali, a volte anche crisi epilettiche. Il “Canto di Primavera” di Mendelssohn, invece, allenta le tensioni nervose e l’ansia repressa, facilita l’estroversione e l’ottimismo. Ricordo anche il “Medical sound”, una sorta di cocktail composto da suoni naturali mescolati a musicalità primitive e integrato da variazioni elettroniche, che è rasserenante. In molti soggetti facilita il rilassamento ed il sonno, produce desiderio di movimenti del corpo, può ridurre le rigidità muscolari ed il dolore di molte reumopatie.

Anche per combattere la malattia di Alzheimer (demenza senile), gli esperti sostengono che la musicoterapia funziona. «Funziona talmente che c’è anche chi dopo un incontro di musicoterapia, canta giorno e notte, oppure non chiude occhio per notti intere e non riesce a riposare. Di sicuro la musica ha effetto su chiunque ma, come le altre medicine, non a tutti fa bene allo stesso modo». È da evidenziare anche il potere di comunicazione e socializzazione che ha la musica, creando emozione, contatto, condivisione. È bene tener presente che la musica è pur sempre un rumore e va ascoltata a “giusto volume”, in quanto, se alto, aumenta la nostra aggressività, mentre a basso volume dà una sensazione di benessere e non danneggia i nostri apparati uditivo, digestivo, cardiocircolatorio e nervoso, particolarmente sensibili agli insulti sonori.

Guido D’Arezzo (991-1033), teorico della musica e monaco cristiano, sosteneva che «Non fa meraviglia che l’udito prenda diletto da suoni diversi, dal momento che la vista si compiace della varietà dei colori, che l’olfatto gode della varietà degli odori, che la lingua prende piacere dal variare dei sapori. In tal modo, infatti, attraverso la finestra del corpo, la dolcezza delle sensazioni piacevoli, mirabilmente penetra fin nell’intimo del cuore». Per Daisaku Ikeda, filosofo, educatore e religioso giapponese, invece, la musica «È linguaggio universale; essa trascende tutte le barriere della cultura e delle ideologie. La musica è risonanza tra due cuori».

Buon ascolto, quindi, e ricordate, che secondo il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), la musica è anche «un bel gioco di sensazioni per l’udito».

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