Il ruffiano. Chi è costui?


VITTORIO POLITO - Per ruffiano si intende chi per denaro o altro compenso o interesse personale, agevola gli amori altrui o chi cerca di conquistarsi il favore altrui con l’adulazione o con un atteggiamento di ostentata sottomissione traendone però sempre un profitto. Insomma è una figura a metà fra il combinatore di matrimoni (mediatore) e il protettore di prostitute (lenone). Gli amori che favoriva potevano essere d’ogni tipo. Il ruffiano ha però un connotato più marcatamente viscido: egli cura i propri interessi attraverso manovre astute, indotte con l’adulazione, ostentando sottomissione. Attualmente il ruffiano ha perso la relazione con i fatti amorosi di un tempo, rimanendo, di fatto un leccapiedi che cerca favori per proprio tornaconto.

Il ruffiano ricorre spesso a coinvolgimenti personali o fatti per procura, quali ammicchi, complimenti, galanterie, doni, segni di intesa che si usano tra amanti. È una persona che serve, lusinga, adula, asseconda. Insomma è un ipocrita autentico pur di conseguire un vantaggio personale.

Il ruffiano è colui o colei che loda esageratamente una persona, per compiacenza o interesse (al pari dell’adulatore), utilizzando anche parole e comportamenti in modo eccessivamente plateali ed egocentrici per apparire gradevole, senza un’attinenza di significato propria, insomma un vero ipocrita.

Dante, nella sua “Commedia”, i ruffiani e i seduttori li colloca nell’Inferno. Sono puniti nella prima bolgia dell’8º cerchio, soggetti alla stessa pena (correre in giro sotto la fustigazione dei demoni) e distinti solo dalla diversa direzione del movimento: i ruffiani vanno da sinistra a destra, i seduttori in senso opposto. L'associazione delle due colpe è giustificata dal fatto che, in ambedue, la malizia operante, la violazione fraudolenta del vincolo naturale d’amore ha un unico oggetto, la seduzione della donna, realizzata per conto di altri dai ruffiani, e per conto proprio dai seduttori.

L’ottavo cerchio è il penultimo dell’Inferno: per Dante, l’adulazione è più grave di tutte le forme di violenza, omicidio compreso, ed è superato solo dal tradimento. Ecco perché la pena degli adulatori consisteva nello stare immersi nella cacca fino al collo:

«Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso».

(’Ndra mendre me mettev’a chiamendà,

vedìebb’a june chjine de lordure,

tande ca non petev’andevenà).

[Da: La “Chemmedie de Dante veldat’a la barese – Ed. Gelsorosso]

 


E i proverbi che dicono?

Il ruffiano unge e punge. Il ruffiano in parte lusinga, adula e in parte insinua sospetti, suscita curiosità e desideri.

La mamma è la ruffiana della figlia. Non di rado il malinteso amore e l’ambizione di una madre per la figlia, creano una situazione, non sempre con volontà e coscienza, per la quale la mamma, oltre a decantare le doti della ragazza, si trova ad agevolare incontri e occasioni, nel tentativo di procurare alla figlia un buon matrimonio. Oggi le cose sono cambiate ed anche questo ruolo non ha più modo di essere.

Il regalo è il miglior ruffiano. Per procurarsi le attenzioni di una donna, l’artificio più efficace è il dono, al quale difficilmente l’animo femminile rimane insensibile. Infatti il dono supera complimenti e omaggi ed è un segno tangibile di benevolenza.

Chi ha occhi e palpebre non ha bisogno di ruffiani. Gli strumenti più efficaci e segreti per una intesa sono gli sguardi e gli ammicchi, per cui una donna che ci sa fare può raggiungere da sola quello che ritiene opportuno, senza bisogno di squallidi aiutanti.

Adulatori e parassiti sono come i pidocchi. Gli uni e gli altri vivono alle spalle della persona che prendono come oggetto delle loro attenzioni. Cercano di sfruttarle quanto più possono, dando in cambio solo la loro sgradevole presenza.

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