La maschera tra storia, curiosità e proverbi


VITTORIO POLITO
– L’utilizzo di maschere per divertirsi, già attestato nell’antichità, continuò e si rafforzò durante il Medioevo, al punto che per il perdurare degli scandali che ne derivavano intervenne, senza successo, la Chiesa. La maschera poi passò a soddisfare altre esigenze, come quella di garantire il segreto di determinate persone o uffici, ma fu soprattutto diffuso in occasione di feste, non solo carnevalesche. Dall’Italia (Venezia) l’uso si propagò in Europa col favore della commedia dell’arte.

Ma cos’è la maschera? È un finto volto, di cartapesta, plastica, legno o altro materiale, riproducente lineamenti umani, animali o del tutto immaginari e fornito di fori per gli occhi e la bocca. Si può indossare a scopo magico-rituale, bellico, di spettacolo, di divertimento o, semplicemente, per non farsi riconoscere fisicamente o per nascondere il volto per non far vedere quello di cui si dovrebbe vergognare. Spesso la “maschera” si indossa per nascondere i propri pensieri, non sempre malvagi, ma incompatibili con le convenzioni sociali. Chi indossa una “maschera” si sente interiormente trasformato e si modifica in un’altra persona per il tempo che la “indossa”.

Parlando di maschere, non si può ignorare il Premio Nobel Luigi Pirandello (1867-1936), drammaturgo e scrittore italiano che introdusse la “Teoria delle maschere”. «La maschera pirandelliana è un simbolo alienante, indice della spersonalizzazione e della frantumazione dell’io in identità molteplici. Attraverso la metafora della maschera, Pirandello ci racconta come l’uomo si trovi nascosto dietro una “maschera” imposta dalla società con i valori imposti da questa e dietro a un’altra con i valori imposti dalla propria famiglia».

La maschera è anche il dispositivo che si applica sul naso o sulla bocca, a scopo di favorire l’inalazione di farmaci (aerosol), o per proteggersi da sostanze gassose o altro (maschera antigas per sostanze tossiche, maschera da scherma, maschera subacquea). La “maschera” è anche colui o colei che controlla i biglietti d’ingresso in un cinema o teatro o accompagna lo spettatore al posto. Vi sono anche le maschere della commedia dell’arte italiana che hanno atteggiamenti caratteristici come Arlecchino (Bergamo), Colombina (Venezia), Farinella (Puglia), Gianduia (Piemonte), Pulcinella (Campania), ecc. Vi sono anche atteggiamenti del volto che esprimono stati psichici o organici come, ad esempio, la maschera gravidica delle gestanti, la maschera leonina presente nella lebbra, ecc. Vi sono maschere in legno che rivestono un ruolo significativo in molte parti dell’Africa ed anche nel rituale di associazioni segrete e sette.


Nell’antichità le maschere, erano utilizzate per identificarsi con un essere “sovrannaturale”. Si ritiene che le maschere teatrali derivino da quelle culturali del dio dell’ebbrezza Dioniso. In epoca micenea, ai defunti venivano applicate sul viso maschere laminate d’oro (celebre quella di Agamennone), probabilmente per nascondere la decomposizione del volto. Le maschere a forma di elmo non avevano solo uno scopo protettivo, ma servivano a far apparire in una luce eroica chi le portava.

La maschera è anche una finta testa o finto volto con sembianze umane o bestiali, di cartapesta o altro, indossata per contraffare il viso a scopo scherzoso, spettacolare o rituale. Per gli stregoni le maschere attribuiscono grandi poteri, poiché conferiscono poteri medianici e soprannaturali. Sognarla indica tradimento, contrarietà o dissesti, mentre sognare di indossarla significa, per alcuni, felicità in amore, per altri calunnie, liti e angosce. Ma queste sono altre storie.

Vi sono anche le maschere apotropaiche della Calabria, ossia quelle facce mostruose che campeggiano sugli stipiti dei portoni per allontanare il malocchio. Mentre quelle di Alberobello sono spesso situate sotto i balconi, sulle soffitte, nei sottoscala e nelle stalle, la cui caratteristica è quella di essere linguacciute e di tenere lontane le malelingue e gli invidiosi.
E i proverbi che dicono?

Ognuno sceglie la sua maschera. Ciascuno per vivere deve scegliersi la sua parte, come in una commedia. Pensando a questa immagine teatrale si espresse anche Augusto prima di morire, dicendo: “Lo spettacolo è finito”.

Con la maschera è un altro ballare. Nascondendo la propria natura, il proprio essere, mostrandone uno più nobile, più bello, la vita diventa più facile e bella.

Ti conosco mascherina. Frase scherzosa, di solito benevola, ma può anche esprimere un po’ di risentimento. Si rivolge a chi nascostamente fa scherzi, piccoli imbrogli, tiene celati il suo pensiero o le sue azioni che, se palesati, lo rivelerebbero diverso da come vuole apparire.
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