All'Abeliano Vito Signorile rende omaggio all’Amore: da Shakespeare a Dante, da Ovidio a Prévert, da Lorca a Majakovskij, da Benny a Merini


LIVALCA
- Al ginnasio non provavo simpatia per William Shakespeare per via del suo dramma «Macbeth» che studiavamo traducendolo dalla lingua originale. Macbeth, re di Scozia da 1040 fino al 1057, anno della sua morte, fu ucciso da Malcolm, figlio del re di Scozia Duncan I, il quale in questo modo vendicò il padre che era stato assassinato da quello che un tempo era il suo generale, Macbeth, per usurpargli il trono. Non era il massimo seguire le gesta cruenti di questi personaggi ai limiti della pazzia e molti studenti ancora oggi sognano la foresta di Birnam che ‘vivacizzava’ il loro riposo notturno con il ‘muoversi e spostarsi lentamente’. Le cose cambiarono quando fui l’unico a sapere in classe il luogo, giorno, mese ed anno di nascita e morte di Shakespeare: Stratford-on-Avon 23 aprile 1564-23 aprile 1616 ( stesso luogo, giorno e mese per la morte).

In quel periodo collaboravo con il giornale di Aurelio Papandrea ed un rampante Beppe Lopez doveva occuparsi del poeta Konstandinos Kavafis ma, dovendo seguire una delle tante iniziative legate alle crociere in cui si eleggevano le miss, toccò a me far fronte a questa evenienza. Così scoprii che questo poeta neogreco era nato e morto ad Alessandria d’Egitto nello stesso giorno e mese in cui era venuto al mondo: 29 aprile 1863-29 aprile 1933.

In quell’occasione fu il professore Luigi Sada, all’epoca con Mauro Spagnoletti gradito frequentatore della nostra azienda, a comunicarmi che il drammaturgo e poeta inglese Shakespeare avesse la stessa particolarità. Mi appassionai alla situazione e scrissi un articolo su Shakespeare e da allora ricordo a memoria, anche ora che sto scrivendo, la data anagrafica di colui di cui fu messa addirittura in dubbio l’esistenza: per un certo periodo molti pensarono che fosse un mero personaggio di fantasia e che le sue opere fossero da ascrivere a F. Bacon o C. Marlowe. Alcuni storici poi hanno trovato copia della registrazione del suo battesimo e del matrimonio, all’età di 18 anni, con una signora più ‘grande’ di lui di quasi dieci anni, da cui ebbe tre figli («Se pur sia bello l’amore ch’è implorato/assai più bello è quell’amore che si concede di sua propria volontà» W.S.)

Non fece studi universitari e il padre, commerciante di pellami facoltoso, lo aiutò a mettere su una compagnia teatrale, che lo vide recitare come attore a Londra.

Ci voleva un mostro sacro del nostro teatro, definirlo locale oltre che riduttivo sarebbe irriverente per tutti i ‘teatranti’ del mondo, per rendere omaggio a quell’AMORE che da sempre pilota ogni destino del mondo.

VITO SIGNORILE, il ‘padre padrone’ (con simpatia, stima e amicizia) del Teatro Abeliano, sabato 12 febbraio alle ore 21.00 e domenica 13 alle ore 18.00 magnificherà con uno spettacolo (che proverò a proporre alle reti nazionali private e di Stato) l’AMORE in tutte le sue numerose sfaccettature:poliedrico, duttile, caleidoscopico ecc.ecc.

Quando nel 1609 furono pubblicati a Londra per la prima volta i sonetti di Shakespeare in breve tempo collocarono il nostro al vertice della letteratura inglese, per cui forse è stato questo il motivo che ha spinto l’ideatore dello spettacolo “AMORE”, Vito Signorile, a servirsi come ‘emblema’ del suo racconto elegiaco di questi versi :«L’amore fugge come un’ombra l’amore reale che l’insegue/inseguendo chi lo fugge fuggendo chi l’insegue».

Al termine di questo scritto troverete il sonetto 73 di Shakespeare dal titolo :«In me tu vedi quel periodo dell’anno» che il sottoscritto imparò a memoria nella lingua originale. Per il resto seguendo lo spettacolo, in un crescendo di poesia, canzoni e parti recitate, ogni spettatore potrà dare una propria impronta personale non solo all’interpretazione de “L’amore fugge…”, ma anche all’immenso lavoro culturale e di ricerca effettuato dagli artisti che accompagnano VITO in questa esaltante avventura («Oh! Sappi leggere quel che amore in silenzio ha scritto; è proprio di intelligente amore udire con gli occhi» W.S.).

Davide Ceddia è il leader della banda denominata «Camillorè» e per inquadrare la sua comicità basta assistere al suo ‘spassoso’ monologo in cui spiega perché la settimana barese possiede 9 giorni e non i canonici sette. Ritengo che Davide abbia una dote in comune con Signorile: far parlare la faccia, il volto e solo dopo, qualora necessario, far seguire le parole e non a caso Ovidio ci ha lasciato:«Spesso la semplice espressione del viso val meglio di un architettato discorso». Proprio quel Publio Ovidio Nasone che, nato a Sulmona nel 43 a.C,, nello spettacolo di Signorile tiene testa validamente a Shakespeare e di cui mi permetto ricordare alcuni versi della Elegia n. 10 «…Ora è svanita ogni paura/guarito l’errore del cuore/il tuo bel volto gli occhi miei/ non riesce più a rapire…». Chiaramente non poteva mancare il francese Jacques Prévert :«Mille anni e poi mille/non possono bastare/per dire/la microeternità/di quando m’hai baciato/di quanto ti ho baciata…», cui fa da ‘ospite’ il russo Vladimir Majakovskij (Bagdadi, Georgia, 1893-Mosca 1930), meglio conosciuto come il poeta della Rivoluzione, protagonista indiscusso della vita culturale sovietica che sperimentò come fosse utopistico coniugare la ‘forma rivoluzionaria’ e ‘il contenuto socialista’:«…tanto lo so/tra poco creperò/ se davvero tu esisti/ o Dio/ o mio Dio/ se fossi tu a tessere il tappeto stellato…». Tra i tanti ricordi del nostro Dante che mi vengono in mente opto per:«La bocca mi baciò tutto tremante/Galeotto fu il libro e chi lo scrisse/Quel giorno più non vi leggemmo avante» e «Non può comprendere la passione chi non l’ha provata», mentre Federico Garcìa Lorca «Tutte le mille fragranze che emanano dalla tua bocca/sono profumate nuvole che uccidono di dolcezza/Il mio corpo è come un’anfora, fatta di notte scura/ che riversa la sua essenza in te, folle divina!». Di Alda Merini come non ricordare: «All’amore non si resiste/perché le mani vogliono possedere la bellezza/e non lasciare tramortire anni di silenzio/perché l’amore è vivere duemila sogni/fino al bacio sublime…», di Benny mi informerò durante lo spettacolo, per ora vi riporto dei versi che mia moglie Angela mi ha assicurato che gli appartengono « …Sei un mondo nel mondo/nei tuoi occhi petali di rosa diamante/Tra le tue parole/poesie d’amore scomparse…»

Appena gli eventi lo permetteranno andrò a Roma per abbracciare il mio nipotino, figlia e genero e cercherò di mantenere fede ad una promessa per ora alimentata solo telefonicamente: ricontatterò vecchi amici per rivederli di persona e per segnalare il talento in ordine alfabetico di: Davide Ceddia, Beppe Delre e Glenda Picaro: anche la polvere, se ammucchiata, può diventare…collina, male che vada basta spolverarla (L’impegno-amore è eterno finchè dura).

Affiancano Vito Signorile in questa ‘fatica amorosa’, oltre il già citato Davide Ceddia, Giuseppe De Trizio, Betty Lusito e Sarita Schena.

Di Giuseppe De Trizio ( sarebbe magnifico se fosse parente di quel Giorgio De Trizio che dal 1980 al ’90 ha vestito la maglia del Bari e, attualmente, è al quarto posto per presenze tra i biancorossi) penso mi abbia parlato Antonio Ricci, il marito della grande donna, madre e scrittrice Maria Marcone, a proposito della trasposizione cinematografica del libro “La casa delle donne”, potrebbe aver curato la colonna sonora o partecipato come chitarrista. De Trizio è un affermato suonatore di chitarra e mandolino, oltre che compositore, attore su richiesta, e fondatore del gruppo “Radicanto”, che vede impegnati: Maria Giaquinto nella veste di cantante e all’occorrenza attrice e presentatrice, Adolfo La Volpe per le chitarre, Francesco De Palma, batteria e percussioni, e Fabrizio Piepoli, voce basso e percussioni.

Benedetta Lusito, detta Betty, è una cantante-attrice che insegna canto e recitazione presso il Conservatorio Piccinni, mentre Sarita Schena viene accreditata cantante italo argentina dalla voce ricca di inconfondibili sfumature.

L’augurio che posso fare a questo autentico atto d’AMORE è quello che lo spettacolo possa essere rappresentato non solo a Sulmona, Firenze e Milano, ma anche a Londra, Parigi, Granada e Mosca, in modo che quella cooperativa costituita a metà degli anni ’70 con la direzione artistica di Vito Signorile e la presidenza di Beppe Lopez (si può dire la vita con i suoi corsi e ricorsi?) possa continuare caparbiamente - capatosta o meglio ‘capatòste’ - a parlare di Puglia al mondo per il mondo…perché il mondo è come un teatro: vieni, vedi e te ne vai («Un amore crollato ricostruito, cresce forte e leggiadro, grande più di prima» W.S.).

Sonetto 73 WILLIAM SHAKESPEARE

«In me tu vedi quel periodo dell’anno/quando nessuna o poche foglie gialle ancor resistono/su quei rami che fremon contro il freddo/nudi archi in rovina ove briosi cantarono gli uccelli/. In me tu vedi il crepuscolo di un giorno/che dopo il tramonto svanisce all’occidente/ e a poco a poco viene inghiottito dalla notte buia/ombra di quella vita che tutto confina in pace/. In me tu vedi lo svigorire di quel fuoco/che si estingue fra le ceneri della sua gioventù/ come in un letto di morte su cui dovrà spirare, consunto da ciò che fu il suo nutrimento./Questo in me tu vedi, perciò il tuo amore si accresce/per farti meglio amare chi dovrai lasciar fra breve».

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