Anna Maurogiovanni ha raggiunto il suo amato Vito, lasciandoci… ’Come eravamo’
LIVALCA - Mi mancherà la voce delicata, lieve, gradevole e pur inesorabile nel porre domande e che sarebbe un eufemismo affermare che chiedesse solo per sapere, perché lei pretendeva una risposta sempre precisa ed esaustiva. Anna Pellecchia, per tutti la moglie di Vito Maurogiovanni, ieri ha raggiunto, avendo quasi sfiorato il secolo di vita, il suo Vito in modo da poter continuare insieme quel percorso successivo che aspetta tutti inesorabilmente. Alle figlie Celeste, Elvira, Genny con Nico, Michele, Giorgio, ai nipoti Giuseppe, Gianvito, Francesca, Annabella, Leandra, Leonardo ed a tutta la grande famiglia, compreso gli ultimi arrivi, la mia affettuosa vicinanza.
La signora Anna era affetta da quella gelosia, da cui poche donne sono immuni, che si può classificare ‘ragionevole’, perché tende a conservare un ‘bene’ che ritengano appartenga solo a loro, un ‘bene’ da custodire con ogni mezzo: la loro è una missione che scaturisce dalla constatazione che il ‘bene’ oggetto del contendere non sia in grado di ‘autogestirsi’. Il ‘bene’ in questione dovrebbe sentirsi onorato di tanta considerazione, ma spesso ci vuole molta saggezza per riportare il tutto sul giusto binario.
Vito ormai aveva tanta esperienza per assorbire il tutto con positività.
«Da quanto tempo Vito è arrivato?», «Con chi è andato al bar?», «Fammi chiamare appena torna» questi erano i tre quesiti che dovevo fronteggiare senza sbilanciarmi. Vito richiamava e dopo un veloce colloquio chiarificatore la sentenza era che doveva acquistare del provolone. Vito prima di telefonare mi aveva già anticipato quale sarebbe stata la richiesta, che era una forma di amorevole controllo…leggermente ‘piccante’.
A novembre 2002 quando è uscito il volume «Cantata per una città» Vito e Anna ritirarono insieme le prime copie del libro, erano presenti Vito e Adele Lozito, e il libro onestamente era splendido nella sua eleganza sobria e pur tanto accurata. La mattina dopo mi chiamò la signora Anna per farmi i complimenti per alcune cose che avevo scritto nella presentazione e per rileggermi un periodo: «Il progresso è una cosa grandiosa, ma non deve farci dimenticare il patrimonio ‘meraviglioso’ rappresentato dalle nostre azioni e dalla nostra famiglia». Ricordo che Anna non fu per niente diplomatica: «Avete messo una foto di Vito con una giornalista e quella foto va tolta e poi è assente la famiglia che io e Vito abbiamo creato». Era successo che, per dare importanza agli affetti e per quel sesto senso che mi ha fatto sempre prevedere che non sempre tutto è scontato, avevo deciso di dividere le foto in “I meravigliosi Ricordi” in cui Vito era il protagonista e “ I meravigliosi Affetti” in cui era regina la famiglia di Vito e Anna con figlie e nipoti. Per giunta in apertura vi era una foto di Vito e Anna in bianco e nero di rara bellezza, da noi opportunamente valorizzata con piccoli ritocchi, che rendeva omaggio alla coppia con questa didascalia «…Anna, la moglie». Chiunque abbia visto quella foto si è commosso: oggi direbbero che basta quella foto per sancire una felice unione, io preciso solo, senza polemica, che in quella foto erano già sposati…la felicità dipende da noi, dal nostro modo di porsi nei riguardi dell’esistenza e da come siamo in grado di gestire gli avvenimenti, ignorando qualcuno o qualcosa. La signora Anna non aveva visto la seconda parte dedicata agli ‘Affetti’ e Vito non l’aveva aiutata perché tutto preso dal portare agli amici in dono quel libro tanto agognato. Il giorno dopo mi chiamò Anna e, nonostante volesse non manifestare la sua gioia, mi pareva evidente che fosse al settimo cielo. Non mi parlò più (solo per una settimana) di eliminare la foto della giornalista vincitrice di “Lascia o raddoppia?” che si era fatta immortalare con Vito. Con Anna poi trovammo, con l’approvazione di Vito, una giudiziosa intesa: in caso di ristampa avrebbe deciso lei le foto da pubblicare.
La moglie di Vito poi, a conferma della sua nobiltà d’animo, a novembre 2005 quando le inviai le bozze della parte conclusiva che avevo creato per “Come eravamo”, inserendo le immagini del suo cuore, non volle vedere niente, almeno così mi disse, e Vito riportò tutto il fascicolo il giorno dopo.
All’uscita del libro Anna mi fece notare che ero stato ‘cattivello’ nella didascalia che illustrava una foto in cui era seduta in primo piano con Vito; avevo scritto «La signora Maurogiovanni marca, a uomo e non a zona, Vito…che riesce ad evitare tale benevola situazione solo grazie ai riconoscimenti». Nella pagina a destra di questa immagine vi era una foto di Vito mentre ritirava un premio e, sotto in un riquadro molto raffinato, una sorridente signora Anna in tutto il suo splendore e queste poche righe: «Mentre Maurogiovanni fa incetta di premi, la sua signora, a Berna, si lascia fotografare davanti ad una fontana in…solitaria compagnia». Piangendo mi disse ho sempre messo Vito su un piedistallo non perché mio marito, ma perché merita tutte queste attestazioni e consensi. Per fortuna il buon Ovidio ci illumina:«Dobbiamo amare per essere riamati. Ed amare significa elargire le doti del proprio animo», «L’amore è una singolare battaglia in cui, anche se appare impossibile, si vince arrendendosi». Quando abbiamo presentato «Come eravamo» nella sala del consiglio comunale di Bari i coniugi Maurogiovanni sono stati felicissimi perché è andato tutto magnificamente bene, mentre presso il Circolo Unione, nonostante a mio avviso è stato tutto se non perfetto scorrevole, la signora Anna ebbe a lamentarsi per una serie di piccoli inconvenienti che fece esclamare a Vito: «Siamo diventati tutti esigenti».
Pensate solo in quella particolare occasione (benedetta Unione!) la signora Anna notò qualcosa che le fece molto piacere: sul libro era sfuggita alla sua attenzione - a volte anche a me ora capita di dire di non sapere o di non aver visto una cosa che invece era nelle mie conoscenze - la foto in cui Celeste e Nicola Campanile battezzano Gianvito che si trova fra le braccia di Padre Damiano Bova all’epoca, 1985, rettore della Basilica di San Nicola. Fu mia moglie Angela quella sera, dal momento che eravamo seduti allo stesso tavolo del Circolo Unione, a far presente ad Anna come sua figlia Celeste avesse la sua stessa dolcezza nei tratti del viso e quella foto le rappresentava in toto.
Ora vi racconterò un episodio particolare successomi nelle ultime 48 ore e che vede protagonisti Vito e padre Damiano: domenica 10 aprile sono andato, come sempre con il Gruppo amici di San Nicola, ad ascoltare la messa in Basilica e, con immenso piacere, ho rivisto padre Damiano Bova, ristabilitosi dopo un lungo periodo di riposo forzato, e mai avrei potuto prevedere di doverlo citare oggi per la scomparsa della cara signora Anna. Padre Damiano ha preteso il mio braccio per farsi accompagnare all’interno e, dopo una veloce capatina al bar con gli amici, ho ripreso la macchina per fare ritorno a casa, rimanendo però bloccato proprio sotto l’Arco che conduce a Largo Maurogiovanni. Il blocco era dovuto al passaggio di Vivicittà, come mi hanno spiegato in seguito i conducenti delle macchine che mi precedevano. Una gentilissima vigilessa mi ha informato che occorresse più di mezz’ora prima di riaprire al traffico il lungomare e ho dedotto che era un segno del destino che dovessi andare a far visita a Vito. Sono salito lentamente per le scale: una vista magnifica, mare leggermente mosso con un vento che schiaffeggiava affettuosamente le onde. Ho rivisto come un film tutto quello che è avvenuto in quel ‘magico’ 20 dicembre 2009: giornata in cui è nato ufficialmente Largo Maurogiovanni, su via Venezia. Abitualmente rifuggo molti incontri: le uniche eccezioni le ho fatte sempre per Vito e per cose a lui riconducibili. Quel giorno una raggiante, emozionata, appagata signora Anna mi prese la mano e mi disse «Grazie Gianni», non potetti fare a meno di puntualizzare che in quel caso non c’entravo niente, ma lei aggiunse è Vito che ti ringrazia.
Per la statistica quel giorno con l’Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci, il sindaco Emiliano e tanta gente vi era il rettore padre Damiano Bova, proprio quello che avevo salutato di persona un’ora prima. Ora non vorrei contraddire Shakespeare di cui so a memoria dal ginnasio luogo (non facile) giorno mese ed anno di nascita ma al suo «Un sogno non è che un’ombra», riaffermato in «Tu parli di niente. E’ vero, parlo di sogni!» contrappongo Nelson Mandela (Maurogiovanni Vito) «Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso».
Ritengo che il ringraziamento Vito-Anna avesse come destinatario l’amico Francesco De Martino che avevo convinto a seguire il percorso che Vito aveva intrapreso per portare a termine il volume “Teatri”.
Vito e Francesco, vinta una benevola iniziale ritrosia-riservatezza-pudore, iniziarono una proficua collaborazione interrotta per la ‘partenza per Itaca’ di Maurogiovanni, ma ad un anno esatto dalla sua scomparsa il professore, noto come il ‘Giuseppe Verdi di Maglie’, pubblicò il volume precisando «Il primo postumo, ma progettato ancora in vita» che avrà fatto sorridere di sano entusiasmo Vito, che avrà dedotto che, Celeste permettendo, Gianni non era andato fuori ‘semina’. Va detto senza enfasi, ma con giusto risalto che De Martino è andato oltre i suoi compiti regalando a Vito un ‘carosello barese’ su cui chi vorrà potrà sviluppare temi ed argomenti per far ‘cantare ancora’ quella Bari che lo ‘spartano’ Gianni ha voluto dedicare a Suor Virginia per ricavarne il ritratto di quell’uomo: « Mite, orgoglioso, testardo, un fratello maggiore, un padre, un nonno di cui ti puoi fidare, a cui puoi dare anche le spalle». Questo l’uomo di cui si è innamorata Anna e che continuerà ad amare nel luogo in cui, a breve, approderà.
Con Anna ci siamo sentiti telefonicamente, a giorni alterni, fino al 2020 e mi commuoveva per quella voglia incredibile di non essere mai doma e di voler rendere omaggio al suo Vito in ogni istante. Non è facile gestire gli anziani e questo va a tutto merito delle figlie e dei rispettivi mariti, oltre ad essere un esempio per i nipoti: se si ha fortuna si è prima figli, poi genitori, poi nonni…per cui non è vero che l’amore dei genitori scende per non risalire: sale e scende esattamente come è la vita di tutte le persone normali.
Pensa Anna al funerale del TUO, nostro, Vito in chiesa qualcuno disse: «…finalmente libero…», in nome di quella ‘baresità’ che non risparmia nessuno. Tra poco la libertà di Vito sarà allietata dalla tua presenza e, insieme a tutti gli amici che ha ritrovato, ti organizzerà una grande festa e capirai da sola che da quelle parti per Costituzione vigente la gelosia non è praticabile. Si tratta di un sentimento terra, terra, insomma… terreno.