Curiosità baresi: la storia dell’Ospedale Consorziale

VITTORIO POLITO - Circa un trentennio fa (1995) Mario, Massimo e Michele Montinari, tutti chirurghi, pubblicarono la “Storia illustrata dell’Ospedale Consorziale Policlinico di Bari – Dal San Pietro al San Paolo” (Levante editori). Un volume che aggiunge un importante tassello alla nostra storia locale che non s’inquadra solo nel centro storico, ai monumenti, al lungomare o ai sontuosi palazzi che ne fanno bella mostra, ma vi è anche la vita di una comunità a cimentarsi con sofferenze, timori, certezze e speranze legate alla carità di molti ed alle speculazioni di pochi.

Infatti Bari ha anche la sua storia ospedaliera che affonda le radici nel 1090-1100 quando fu costruita la Casa del Pellegrino, a cui seguirono, per iniziativa privata, l’Ospedale dei Gerosolimitani, l’Ospedale di San Tommaso, il lebbrosario di San Lazzaro, il Lazzaretto, il Sacro Monte di Pietà e l’Ospedale Civile, voluto da Francesco I, re delle Due Sicilie. Solo nel 1889 nasce il Consorziale ubicato nel Convento San Pietro, nella città vecchia, con 90 posti-letto.

 

Nel 1925 veniva istituita a Bari l’Università, formata inizialmente da due sole Facoltà: Medicina e Chirurgia e annessa Scuola per levatrici e quella di Farmacia. Le prime cliniche furono sistemate presso l’Ospedale San Pietro e presso l’ex Ospedaletto dei Bambini in via Trevisani, le rimanenti presso il Palazzo Ateneo. Il periodo bellico e il bombardamento dei tedeschi del 1943, costrinsero a trasferire tutte le cliniche presso lo stesso Palazzo Ateneo.

 

Con l’aumentare della popolazione studentesca il Consiglio Comunale di Bari nella tornata del 18 aprile 1933 autorizzò la costruzione del “primo lotto dell’Ospedale Policlinico di Bari” fino alla realizzazione di quello che vediamo oggi, compreso l’Ospedale San Paolo che per la sua realizzazione passarono ben 26 anni.

 

Gli autori, tutti medici, passano in ampia rassegna la storia ospedaliera barese fino ai giorni nostri e lo fanno, non solo descrivendo gli accadimenti nei vari periodi ed il succedersi dei vari personaggi, amministrativi e medici, nell’ambito delle amministrazioni universitarie, ospedaliere e cliniche, ma arricchendo il volume con una serie di documenti, immagini rare, piantine, riproduzioni di preziose pergamene, relazioni e ritagli di stampa, insomma una documentazione ragguardevole ed un completo panorama della storia ospedaliera barese, per dare al lettore la possibilità di una chiara valutazione storica.

Non va dimenticato che molte Cliniche ed Istituti Universitari sono stati retti da accademici del calibro di Alberto De Blasi (chirurgia), Donato Fumarola (microbiologia), Eugenio Ferrari, neurologia, Federico Vecchio (pediatria), Giuseppe Marinaccio (chirurgia), Giacomo Armenio (odontoiatria), Giuseppe Bertaccini (dermatologia), Giuseppe Sangiorgi (igiene), Giuseppe Solarino (patologia generale), Gualtiero Lugli (otorinolaringoiatria), Luigi Ambrosi (medicina del lavoro), Luigi Cardia (oculistica), Luigi Ferrannini (medicina), Nicola Pende (endocrinologia), Riccardo Giorgino (endocrinologia), Rodolfo Amprino (anatomia umana), Rodolfo Redi (chirurgia), Virgilio Chini (medicina), ecc. Sono stati citati solo alcuni. L’elenco non può essere esaustivo per motivi di spazio.

L’auspicio degli autori è che questa iniziativa sia fonte e stimolo perché altri approfondiscano la ricerca alla scoperta dei caratteri più nascosti o dimenticati.

E per concludere una poesia in dialetto barese sull’argomento di Vincenzo Dammacco del 1970.

 

U Spetale Consorziale

di Vincenzo Dammacco

 

U spetale dò a Bare

u chiamame u Consorziale,

pú recovere ié nu uà

tu non zà com’à da fà

 

Quanne trase, ié nu paise

ca remanne… scimunite,

u reparte uà dacchià

acchiminze a camenà

 

Quanne po, tu, si arrevate

arremanne pò m’becate,

cu portire addà parlà

non de fasce po’ passà

 

Ci po’ o’uasse mitte u grasse

tu de vite a come passe

passe iosce, passe crà,

fine a quanne sta u cambà

 

Quanne u brote po’ a fernute

e non buete chiù votà,

tu non buete chiù passà

acchemenzene le uà

 

Trase po’ ind’ò reparte

dà, si iesse pure matte,

vite cudd dà, malate,

po’! Cuddalde già operate

 

Stà ci chiange e se lamende

come a tante cilamedde, fine

a quanne stà chiù megghie

si ballate la tarandedde

 

 

 

 

Non de digghe l’imbrimire

dà so tutte scacchiatiddi

quanne u chiame ogni tante

fasce la recchia du mercante

 

La ’mbremera diplomata

cu registe va sembe mane

l’iniezione da và fa

fino a quanne da dalzà

 

Meno male ca le suore

dà so tutte Buene core

ci le fasce arrabbià

non ze pote chiù parlà

 

Quanne visite u Direttore

vonne apprisse l’ dottore,

la sfelate de le sante,

come o venerdì a’ Sante

 

Non parlame du mangià,

tu’acchiminze a gastemà,

Brote iosce e Brote crà

Pe’ cambà uà da mangià

 

Quanne tutte po’ ha fernute

fasce u brindese alla salute

si guarite e te ne và,

“U spetale iè Passa uà”. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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