Libri: il Mediterraneo visto dalla parte delle donne




FRANCESCO GRECO - Dee, regine, principesse, sacerdotesse, maghe, ninfe, schiave, prostitute: il Mediterraneo visto dalla parte delle donne. Come una sorta di Olimpo rovesciato. Con qualche differenza non da poco. Mentre in alto le divinità antropomorfe brigano per condizionare i destini degli uomini, tra i flutti la del mare nostrum (inclusi quelli “territoriali” delle regioni che vi si affacciano) tocca difendersi dal destino cercando di non soccombere. Sullo sfondo vi si può leggere una matriarcato sottinteso: è vero che l’uomo, l’eroe, da Achille ad Agamennone, sono i protagonisti delle narrazioni da Omero a Euripide e Virgilio, ma le donne hanno nelle loro mani le fila della storia e sono determinanti (basti citare Elena) per il plot delle vicende, sempre al centro dello storytelling. Riflessioni semplicistiche: le teogonie e le cosmogonie dei popoli vissuti per millenni sul Mediterraneo sono ben più complesse quanto fascinose.

   “Donne e dee nel Mediterraneo antico”, di Paola Angela Bernardini, Editrice il Mulino, Bologna 2022, pp. 208, euro 15,00 (con un significativo corredo iconografico), declina il mare più vissuto, semanticamente affollato dei millenni, appunto, al femminile.

   E lo fa ricostruendo in modo lineare, divulgativo, le parabole esistenziali, storiche, passionali, di snodi importanti del mito che diviene leggenda e che da sempre ha trovato menestrelli pronti a cantarlo, intrecciando i diversi piani sino a divenire parte integrante del nostro immaginario. Perché le “avventure, le peripezie, i colpi di scena, i naufragi e i salvataggi” di Arianna, Ecuba, Cassandra, Clitemnestra, Andromaca, Elena e tutte le altre che accompagnano da sempre le nostre vite, si sono cristallizzati in topoi culturali, archetipi immortali che ereditiamo e trasmettiamo a nostra volta a chi verrà dopo di noi. Arianna è quella abbandonata sull’isola da Teseo, Clitemnestra arsa dalla gelosia, Cassandra inascoltata nelle sue profezie, Ecuba la vecchia regina di Troia sconfitta a cui tocca imbarcarsi di malavoglia sulle nave achea per accettare lo status di schiava, etc.

   Altro che rimuovere la mitologia greco-romana dai corsi di studi in nome non si sa bene che cosa. Forse delle serie tv fatte seguendo i gusti del pubblico con algoritmi e big-data?

   La studiosa, professore emerito all’Università di Urbino (dove ha insegnato Letteratura greca), ci dimostra in modo solare che separarci dal mito, dall’epos, dalla koinè è impossibile, sarebbe un suicidio, poiché non solo esso impasta il nostro dna più di quanto non sospettiamo, ma letto in modo giusto, è sempre di straordinaria attualità e può interagire con le nostre coscienze ed esistenze.

   Insomma, ci sono più cose sopra e sotto le onde del mare di quante ne contiene il cielo. Un saggio che prova, ove ce ne fosse bisogno, quanto il mondo antico fosse moderno nelle sue architetture esistenziali e affabulatorie, e comunque più vivo e bello di quello attuale, in cui ogni narrazione è decisa da furbastri nazistoidi che ci raccontano quel che vogliamo sentire, incartando nella narrazione l’audience e lo spot del prosciutto cotto.    

       


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