“Se il pan ci manca ce lo faremo da soli”. Idea Consorzio in Terra d’Otranto


FRANCESCO GRECO
- La xylella-killer ha ingrigito il paesaggio intorno e nella nostra anima, la pandemia ci ha resi più inquieti e, dicono gli psicologi, aggressivi, la guerra ha aumentato le paure del futuro. Non si fa in tempo a elaborare un lutto che se ne sovrappone un altro. La nuttata non finisce mai.

Nell’altro secolo, ogni zolla di terra era coltivata: cereali (grano, orzo, farro), vigna, ulivi, tabacco, lino, canapa, cotone, etc. Poi con l’emigrazione il latifondo fu parcellizzato, la terra abbandonata perché non portava reddito, i territori desertificati, e oggi, con altri postulati, il processo di marginalizzazione prosegue.

Il territorio frantumato dalla fine del latifondo e dall’illusione del posto fisso è stato parcellizzato e a suo dire, “l’urbanistica agricola” ha finito di essere l’elemento di vita delle nostre popolazioni.

Una serie di congiunture astrali sfavorevoli ha fatto aumentare il costo della vita: energia, materie prime, beni di prima necessità, fra cui il pane. La povertà dilaga e coinvolge nuove fasce di popolazione. A luglio il 20 % delle famiglie italiane non ha pagato la bolletta della luce.

Tutto si scarica sulla parte terminale del patto sociale, sempre più sfiduciata di una classe politica attenta alla conservazione del potere, il tutto portato al parossismo come si osserva in questi giorni con i tristi spettacoli pre-elettorali.

All’architetto leccese Cosimo Montinaro è venuta un’idea: tornare alla terra, nello specifico coltivare a grano (il terreno è storicamente vocato, tante le qualità: Cappelli, Russignu, Saragolla, Capinera, etc.) ogni particella oggi abbandonata o dimenticata.

Ma chi è l’architetto Montinaro? Nato ad Alessano (Le), laurea in Architettura presso l’Università “La Sapienza” di Roma . Fin dal 1980 svolge la professione di Architetto e Urbanista in Italia e all’estero, interessandosi maggiormente in loco al recupero di immobili storici e di antiche masserie con lo studio della loro nascita e sviluppo nel territorio. Titolare della Cosma Uno, azienda di arredamento con partecipazione a Saloni internazionali come quello di Genova. 

Amante dello sport come elemento di tutela dello sviluppo giovanile, assume pro-tempore la presidenza della squadra di pallavolo locale “Cosma Uno Volley Alessano” e dal livello dilettantistico la porta alle glorie nazionali. Studioso e ricercatore dei frantoi ipogei sparsi nel Capo di Leuca. Per la sua origine grika è appassionato della storia della Magna Grecia e del Regno delle due Sicilie. Inoltre è progettista e promotore del “Luogo di culto dedicato al Venerabile Tonino Bello”, fondatore del movimento culturale “Rinascimento dei popoli del Capo di Leuca”.

Il professionista sta lavorando all’idea del “Consorzio del grano del Capo di Leuca”. E in questa intervista spiega l’articolazione del progetto.
Arch.Cosimo Montinaro
Domanda: Come nasce l’idea? Risposta: “L’attuale crisi internazionale ha evidenziato i danni compiuti dall’insana e sfrenata globalizzazione che ha sempre di più arricchito e continua ad arricchire i grandi gruppi economici impoverendo e distruggendo le economie locali, fino ad arrivare a elemosinare il grano che era, insieme alle olive, al tabacco e alle vigne, la ricchezza del nostro vivere libero e dignitoso”.

D. Chi può aderire al Consorzio?

R. “La partecipazione e l’iscrizione sono gratuite e aperte ai proprietari di terreni coltivati e/o abbandonati, a imprenditori della filiera di trasformazione, a professionisti del settore, a urbanisti e a giovani volenterosi di crescere dove sono nati”.

D. Quali sono le condizioni oggettive?

R. “Il Consorzio contribuisce a incentivare, tramite fondi istituzionali, la produzione del grano, dei cereali e di altri prodotti agricoli esclusivamente nel rispetto della biosostenibilità ambientale e nell’autonomia economica e fiscale degli iscritti e, in quanto facenti parte del Consorzio, protetti dall’invasione delle grandi lobby alimentari che a breve, sponsorizzate da qualche nostro politico faccendiere, fagociteranno il nostro territorio con produzioni intensive, rigettandoci in un nuovo colonizzante assistenzialismo”.

D. Il grano prodotto resterebbe sul territorio o verrebbe commercializzato?

R. “La produzione dovrà prima di tutto soddisfare le necessità della nostre popolazioni, in quanto solo con la ricchezza e il benessere delle microentità si può arrivare ad avere un territorio che, al contrario dei sostenitori della globalizzazione a ogni costo, porta ad avere un insieme di microeconomie che, salvaguardando il loro spazio circostante, creeranno un macrosistema economico fertile alla sua base”.

D. La sua idea mira in qualche modo al recupero degli oliveti distrutti dalla xylella e anche dagli incendi attuali che per la maggior parte sono di origine dolosa?

R. “Caro Greco, non in qualche modo, ma essenzialmente la mia idea nasce dal vedere le nostre campagne un tempo piene di vita ridotte a simulacri di un fallimento delle politiche agricole locali, che nascondendosi dietro il coriandolo della xylella hanno abbandonato i nostri coltivatori usandoli solo come merce durante le loro campagne elettorali. L’obiettivo del Consorzio è quello di unire e coinvolgere senza proclami sindacalistici tutti coloro, giovani e anziani agricoltori, che abbandonando le attuali disillusioni possano con fierezza proclamarsi imprenditori agricoli con un dignitoso reddito nato dal recupero della nostra martoriata terra”.

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