Città d’acqua e di acquari


DELIO DE MARTINO
- Tra aprile e giugno 2018 una mostra sugli ecosistemi marini al Terminal crociere del porto di Bari fu salutato, con i suoi 10 acquari e 10 terrari, come un primo passo verso un Museo del mare barese. Esattamente dieci anni prima, nel 2008, chiudeva, per manutenzione ma mai eseguita, l’Acquario del porto di Bari, una struttura di cui tanto più si sente oggi la nostalgia. Un nuovo acquario si sposerebbe con la rinnovata vocazione turistica e l’aspirazione della città di diventare una delle capitali del Mediterraneo. D’altronde l’importanza per il capoluogo di una regione che punta sul mare e sulle sue coste è evidente gettando uno sguardo alle non molte altre città italiane che vedono nell’acquario un grande attrattore e fattore di sviluppo non solo economico ma anche sociale e scientifico.

A maggio di quest’anno, per un convegno sulle nuove tecnologie del gruppo universitario di ricerca SLATES, mi è capitato di tornare a Valencia, una città che ha costruito intorno al suo acquario, chiamato orgogliosamente “oceanografico”, un grande polo di attrazione turistica e di sviluppo socioeconomico. Un acquario dunque che ha già nel nome un senso di grandezza. Il nome richiama il titano figlio di Urano e di Gea che generava tutte le acque della terra e rivela la volontà di andare oltre le bellezze del “mare nostrum” e di offrire, con i suoi 100.000 mq di estensione e 42 milioni di litri d'acqua, uno spaccato della fauna di tutto il globo. Inaugurato nel 2003, questo acquario, è costruito a zone che permettono di ammirare le specie acquatiche delle zone più remote della terra, dal Mar Rosso ai tropici fino ai circoli polari.

L’oceanogràfic è in realtà la tessera di un mosaico urbanistico più complesso. È infatti strategicamente posizionato dentro la Ciutat de les ciències i de les arts, una città nella città, costruita nel letto del fiume Turia, prosciugato negli anni Ottanta e interrato. Al posto del fiume fu realizzato il giardino che termina proprio con il complesso della Città delle scienze e delle arti. Valencia comprende altre meravigliose strutture colossali ideate dall’architetto Santiago Calatrava, in Italia noto per aver progettato il ponte della Costituzione di Venezia. In questo complesso valenziano l’acquario è diventato il cuore dell’attrattiva turistica della metacittà richiamando ogni anno milioni di turisti (il record è di oltre un milione e mezzo di visitatori nel 2019). Proprio in omaggio a Valencia, Franca Pinto sognava di fare di via Arpi, sulla quale stava nascendo nel 2000 l’Università di Foggia, una “via delle Arti e delle scienze”.


Entrando nell’oceanogràfic sembra quasi di visitare una delle città invisibili di Calvino, quella di Moriana con «le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa». I percorsi dell’acquario sono infatti costruiti privilegiando l’impatto scenografico, con enormi vetrate trasparenti che mostrano creature del circolo polare. Il punto forte sono i corridoi subacquei percorrendo i quali si possono ammirare pesci fiabeschi, dalle mante ai pesci tropicali, nuotare sopra la propria testa. 

Nel complesso non è trascurato nemmeno l’aspetto pedagogico e scientifico. Oltre naturalmente a pannelli e guide interattive multimediali e spettacoli al delfinario, c’è la possibilità per i bambini di trascorrere una notte in una stanza subacquea in compagnia di queste creature marine che nuotano sopra la testa. L’acquario è anche un centro di ricerca scientifica dove ricercatori universitari e di centri di ricerca effettuano esperimenti e ricerche di grande rilevanza.

La visita di questo acquario valenciano non può non stimolare un raffronto con Bari, città che condivide con Valencia molti aspetti strutturali e geografici. Sono entrambe città mediterranee, all’incirca alla stessa latitudine e presentano una struttura urbanistica simile. Come la città di Bari è tagliata in due dalla ferrovia, allo stesso modo Valencia è divisa in due dal fiume Turia, trasformato come si è già detto in un canale verde che conduce proprio all’oceanografico. 

Al tema dell’acqua si richiama anche un altro recente parco, il Parque central, creato sotterrando la vecchia linea ferroviaria, e ispirato al verso Aigua plena de seny di Ausias March (1397 - 1459), un poeta che componeva sulla scia di Dante. Questa operazione di redesign di Valencia richiama d’altronde il Nodo Verde di Bari, il progetto di rigenerazione urbana firmato da Fucksas, che ambisce realizzare un enorme cuore verde nella città interrando le linee ferroviarie della stazione di Bari.


Proprio questo ambizioso progetto potrebbe integrarsi, dunque con l’idea di riaprire un acquario cittadino, come luogo con cui ridare linfa al legame tra la città e il mare.

Per un sindaco intraprendente come Antonio Decaro potrebbe essere una bella iniziativa per arricchire ulteriormente lo skyline di questa città di frontiera sempre più all’avanguardia e dotare il sud Italia di un altro acquario oltre quello di Napoli. Tra i luoghi ideali si potrebbe scegliere l’ansa di Marisabella, il tratto di lungomare tra il porto e il fortino, strategicamente vicino all’approdo croceristico, oppure il più scenografico e monumentale lungomare Nazario Sauro, nello specchio d’acqua di fronte al palazzo della Presidenza Regione Puglia.

In attesa che un giorno a Bari sia restituito un acquario, ci si può intanto consolare andando a visitare la meravigliosa fauna marina raffigurata bel mosaico di Timoteo, nel Succorpo della cattedrale di Bari, finemente decorato con pesci e polpi del 1100, dal fascino eterno e senza tempo.

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