Predica, predicare e proverbi


VITTORIO POLITO
- La predica del sacerdote durante il rito religioso era detta anche sermone e rappresentava il momento fondamentale dell’ammaestramento religioso, morale ed anche culturale, in tempi di assenza dei mezzi di comunicazione.

Predicare significa rendere noto, celebrare, lodare, annunciare, proclamare, ammonire, dichiarare pubblicamente, fare discorsi per rimproverare, spiegare la legge divina o esortare all’adempimento di una legge morale o di un comandamento della Chiesa.

La predica invece e il discorso che il sacerdote tiene in chiesa ai fedeli su qualche passo della Scrittura o su argomenti di carattere morale, liturgico, sociale, ecc. La predica è anche il discorso di tono moralistico, lungo, noioso e pedante che qualche volta ci capita di ascoltare.

L’omelia, nella religione cattolica, è l’esposizione e il commento di passi della sacra Scrittura o Vangelo della Messa del giorno. L’omelia può essere anche un discorso moraleggiante o ammonitore. Secondo François-Marie Voltaire (1694-1778), filosofo e storico, “L’omelia e la spada hanno in comune la forma: tutte e due sono lunghe e piatte”.

Per Papa Francesco “Un’omelia, di solito, non deve andare oltre i dieci minuti, perché la gente dopo otto minuti perde l’attenzione, a patto che sia molto interessante. Ma il tempo dovrebbe essere 10-15 minuti, non di più. Pensiamo ai fedeli, che devono sentire omelie di 40, 50 minuti, su argomenti che non capiscono, che non li toccano… - lanciando un vero e proprio appello -: Per favore, sacerdoti e vescovi, pensate bene come preparare l’omelia, come farla, perché ci sia un contatto con la gente e prendano ispirazione dal testo biblico».

Spesso il celebrante non è all’altezza di un predicatore ed allora l’omelia risulta noiosa, ripetitiva e pedante. In sostanza l’omelia o la predica dovrebbe essere breve, concisa e chiara, come suggerito da Papa Francesco e, per fare ciò, servono predicatori che solitamente ascoltiamo in occasione di Pasqua, Natale e ricorrenze religiose particolari. Chi predica dicendo quello che gli viene in mente perde il filo del discorso e, ripetendosi, spesso non dice l’essenziale. Oggi le omelie sono presenti anche su internet per cui coloro che non sono in grado di predicare possono scaricare l’omelia di interesse e leggerla durante le funzioni religiose, evitando così di annoiare i fedeli.
I proverbi.

Chi predica troppo si dimentica di cos’ha da dire. Chi predica dicendo tutto quello che gli viene in mente perde il filo del discorso e non dice l’essenziale, quello che è più importante.

Chi predica ai sordi può dire quel che vuole. Se non c’è interesse di chi ascolta, quello che si predica, in bene e in male, è irrilevante. Se chi parla si rivolge a chi non ascolta, può dire quello che vuole, e non vale neppure la pena che pensi troppo a quel che dice.

I buoni predicatori danno frutti e non fiori. Coloro che operano bene con la parola e l’insegnamento mostrano frutti, cose concrete, risultati del loro lavoro, e non vane sottigliezze retoriche, ampollosità e finezze oratorie.

Se uno non prega è inutile che stia in chiesa. Se uno non fa quello che comunemente si va fare in un luogo, se vi si intrattiene perde il suo tempo.

Preghiere e lacrime toccano il cielo. Le preghiere e le invocazioni hanno la capacità di commuovere le potenze celesti e terrene. Alle preghiere sincere è difficile resistere.

Curiosità

Sapete cosa si faceva nell’antica Bari nei secoli scorsi? I Capitoli di San Nicola, della Cattedrale e dei maggiori luoghi di culto, data l’importanza delle loro chiese, in occasione di eventi importanti dell’anno liturgico, invitavano famosi predicatori per intrattenere i fedeli sui più svariati temi, facendo grandi sforzi per accaparrarsi i migliori oratori. Ma per fare ciò era necessario contribuire con oboli ed elemosine per offrire l’ospitalità ai predicatori durante la loro permanenza, addirittura si pagava un canone alle chiese per riservarsi i posti migliori. Quest’ultima abitudine era delle più frequenti al punto che i banchi familiari per l’ascolto delle prediche erano oggetto di compravendita o di lasciti testamentari.

Nel verbale della riunione del Capitolo di San Nicola del 22 gennaio 1636, nella imminenza della Quaresima, l’Abate Coco fece presente la necessità di invitare per le prediche un frate cappuccino e come provvedere alla sua sistemazione. Si pensò, quindi, di rivolgersi a tale Marco Visconte, proprietario di un palazzo nei pressi della Basilica, mentre per il vitto ed altro fu messa a disposizione del procuratore dei Cappuccini una somma di 25 ducati che avrebbe elargito per le esigenze del predicatore, prelevandola da qualsiasi entrata disponibile.

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