VITTORIO POLITO* – È notoria la ‘confidenza’ dei baresi col mare e con i
suoi prodotti. Nel nostro mare, infatti, si trova il pesce migliore: dentici, orate,
saraghi, triglie, alici, calamari, seppie, gamberetti, polpi, ma i baresi
consumano abbondantemente grandi quantità di frutti di mare “crudi”: cozze,
ostriche, polpi, seppioline (allievi), canestrelle, cozze pelose, tartufi di mare
(taratuffi), cannolicchi, noci di mare, muscoli (musci), ricci, ecc.
È arcinoto che l’attività della pesca a Bari e in Puglia sia stata da sempre una
delle principali attività che ha visto un elevato numero di pescatori, non tanto
per i notevoli guadagni, ma per l’estensione della costa che consentiva più
possibilità di lavoro.
Il pesce, alimento sano e gustoso, delizia di ogni palato, con la sua fragranza
di mare, offre anche innumerevoli benefici per l’organismo. Il pesce ha un
ruolo decisamente importante per la dieta mediterranea e il suo consumo è
consigliato almeno un paio di volte alla settimana, anche perché, il pesce
vivendo nell’acqua, che è il suo elemento, è collegato alla vitalità, alla salute,
alla fecondità e al mistero. Il pesce è anche sostegno per la salute: qualcuno
ricorderà l’episodio della guarigione di Tobia dalla cecità legato al fegato del
pesce o il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, o ancora della
predica di San Francesco ai pesci. Ma queste sono altre storie.
Mi piace ricordare che nel medioevo, per indicare le varie imposte, veniva
utilizzato il termine gabella, dall’arabo ‘gabàla’, cioè garanzia, e tale gabella
era dovuta anche per il pesce fresco. Vito Antonio Melchiorre (1922-2010),
noto storico barese, ricorda nel suo libro “Storie baresi” (Levante Editori), che
tra il 1799 e il 1800, tale Gasparo Montuoro gestiva a Bari il servizio di
riscossione della gabella sul pesce fresco, pagando poi all’Università (il
Comune dell’epoca), i corrispettivi, ma a causa delle franchigie di cui
godevano alcuni privilegiati e il clero regolare della città, il gestore pagava di
tasca propria quanto dovuto dai detti privilegiati e quindi presentò istanza al
tesoriere provinciale, tale D. Mariano Balsamo, evidenziando i danni che a lui
derivavano dai privilegi e dalle turbolenze politiche, che fecero venir meno la
pesca a Trani ed anche per la diminuzione del numero delle paranze. Il
tesoriere accettando l’istanza del gestore la sottopose alla direzione delle
Dogane di Napoli che accettò la richiesta e concesse al Montuoro uno sconto
di 40 ducati per il primo e anno e 15 per ognuno dei rimanenti anni del
contratto.
Successivamente, sempre sulla scorta del precedente provvedimento della
direzione delle Dogane di Napoli, il Consiglio Decurionale, nella seduta del 10
gennaio 1800, approfondendo meglio il problema, deliberò che il Montuoro a
seguito di altra istanza, venisse “sgravato” dell’onere di 100 ducati per il
primo anno e di altri 30 per ciascuno dei 2 anni successivi all’appalto.
Curiosità
I baresi erano esasperati dalla cattiva condotta dei proprietari delle “paranze
che allontanandosi e portandosi altrove a pescare, lasciavano perire esso
pubblico”. Le lamentele non tardarono ad apparire fondate alle autorità, tanto
che l’Udienza di Trani (una sorta di Tribunale), considerando che la famiglie
avevano pur diritto di usufruire dei prodotti del “loro” mare, ordinò a tutti i
proprietari dei pescherecci che almeno quattro “paranze” al mese pescassero
“per comodo e per servizio” della popolazione barese, fissando per gli
inadempienti “la pena di 500 ducati, 6 mesi di carcere e la confisca della
barca”. Dopo un paio d’anni la norma cominciava a non essere osservata ed
allora i sindaci Carlo Tanzi e Giuseppe de Ritola fecero censire le “paranze”
che risultarono in numero di 24 e con pittoreschi soprannomi tipo
“spagosottile” e “ficanegra”. Due magistrati, confermando le disposizioni
dell’Udienza e affinché il servizio si espletasse in piena regola, pubblicarono
un bando con i nomi dei 24 padroni di paranze, indicando i turni assegnati
mensilmente, dal 3 gennaio al 1° settembre 1791, fino cioè all’entrata in
carica della nuova amministrazione. Il bando fu affisso “nel solito luogo”,
probabilmente piazza Mercantile, perché tutti ne avessero conoscenza,
costringendo i pescatori ad approvvigionare i mercati baresi.
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*Accademico del Mare
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