Lecce, il 'Doppio alfabeto' di Tomaso Binga (alias Bianca Pucciarelli)
SALVATORE LUPERTO. LECCE - Bianca Pucciarelli Menna nel 1977
assume il nome d’arte Tomaso Binga per
contestare i privilegi riservati agli artisti uomini
nel mondo dell'arte.
Nelle sue diverse modalità espressive, richiamando alla personale responsabilità coloro che violano i valori etici, diffonde messaggi il cui obiettivo è di denudare e denunciare la pseudo realtà per svelare quella autentica, da cui discendono disfunzioni sociali.
Nella mostra antologica “Le pene del pene”, a cura di Salvatore Luperto, sono esposte opere realizzate nelle diverse fasi della sua ricerca artistica fra cui “Scrittura vivente”, lettere dell’alfabeto delineate con il suo corpo, “Dattilocodice”: intrecci di lettere alfabetiche il cui significato è annullato nella figurazione di nuove micro immagini, “Biographic”, transizione di scrittura-immagine e “Doppio alfabeto”, lettere del corpo accostate al segno grafico di un singolo fonema.
Dalla “Scrittura desemantizzata”, muta, priva di significato e di suono, alla “Carta da parati” e alla “Scrittura frattale” fino alle più recenti opere realizzate con i collage di frammenti di immagini e di scrittura trovata, emerge l’estro creativo di Tomaso Binga e le sue riflessioni sulla condizione umana e in particolare sulla situazione femminile contemporanea.
Nel suo percorso artistico affiora prevalentemente il dattilocodice o la parola desemantizzata attraverso cui, per il loro significato simbolico, ha costantemente contrastato le stratificate discordanze e il “nonsense” delle anomalie sociali.
Mediante i suoi componimenti e le opere visive, create con materiali semplici e spesso riciclati (carta, polistirolo, tessuti, carte da parati), combinati con segni ed elementi scritturali, manifesta il suo interesse profondo per l’essere umano e per lo stato sociale e culturale dello stesso, soffocato dal pensiero limitante frutto di radicate convenzioni sociali e di convinzioni distorte della realtà come il patriarcato e nei casi limite l’uxoricidio.
I lavori di Tomaso Binga costantemente ironizzano le credenze devianti dei benpensanti; abbattono le retrograde idee fuorvianti; colpiscono gli atteggiamenti e i compromessi derivanti dalle errate esperienze e dalle ideologie massificanti. Con sarcasmo compiaciuto deride l’ipocrisia, la falsità e quelle strutture mentali fondamentalmente patriarcali.
La mostra di opere visive “Le pene del pene” e l’omonimo libro (edizioni Milella), alla vigilia della Giornata del Contemporaneo (AMACI), il cui manifesto pubblicitario raffigura un lavoro simbolico: “Donna in gabbia” 1974, della poetica di Binga, saranno presentati dal prof. Carlo Alberto Augieri, venerdì 11 ottobre, alle ore 18.30, nella Galleria ARTPOETRY di Lecce.
Attualmente iniziative sull’artista sono in corso o lo saranno il 12 ottobre (giornata del contemporaneo, AMACI) al MACRO di Roma (Mattatoio), al Madre di Napoli e alla Fondazione Filiberto e Bianca Menna di Salerno.
Nelle sue diverse modalità espressive, richiamando alla personale responsabilità coloro che violano i valori etici, diffonde messaggi il cui obiettivo è di denudare e denunciare la pseudo realtà per svelare quella autentica, da cui discendono disfunzioni sociali.
Nella mostra antologica “Le pene del pene”, a cura di Salvatore Luperto, sono esposte opere realizzate nelle diverse fasi della sua ricerca artistica fra cui “Scrittura vivente”, lettere dell’alfabeto delineate con il suo corpo, “Dattilocodice”: intrecci di lettere alfabetiche il cui significato è annullato nella figurazione di nuove micro immagini, “Biographic”, transizione di scrittura-immagine e “Doppio alfabeto”, lettere del corpo accostate al segno grafico di un singolo fonema.
Dalla “Scrittura desemantizzata”, muta, priva di significato e di suono, alla “Carta da parati” e alla “Scrittura frattale” fino alle più recenti opere realizzate con i collage di frammenti di immagini e di scrittura trovata, emerge l’estro creativo di Tomaso Binga e le sue riflessioni sulla condizione umana e in particolare sulla situazione femminile contemporanea.
Nel suo percorso artistico affiora prevalentemente il dattilocodice o la parola desemantizzata attraverso cui, per il loro significato simbolico, ha costantemente contrastato le stratificate discordanze e il “nonsense” delle anomalie sociali.
Mediante i suoi componimenti e le opere visive, create con materiali semplici e spesso riciclati (carta, polistirolo, tessuti, carte da parati), combinati con segni ed elementi scritturali, manifesta il suo interesse profondo per l’essere umano e per lo stato sociale e culturale dello stesso, soffocato dal pensiero limitante frutto di radicate convenzioni sociali e di convinzioni distorte della realtà come il patriarcato e nei casi limite l’uxoricidio.
I lavori di Tomaso Binga costantemente ironizzano le credenze devianti dei benpensanti; abbattono le retrograde idee fuorvianti; colpiscono gli atteggiamenti e i compromessi derivanti dalle errate esperienze e dalle ideologie massificanti. Con sarcasmo compiaciuto deride l’ipocrisia, la falsità e quelle strutture mentali fondamentalmente patriarcali.
La mostra di opere visive “Le pene del pene” e l’omonimo libro (edizioni Milella), alla vigilia della Giornata del Contemporaneo (AMACI), il cui manifesto pubblicitario raffigura un lavoro simbolico: “Donna in gabbia” 1974, della poetica di Binga, saranno presentati dal prof. Carlo Alberto Augieri, venerdì 11 ottobre, alle ore 18.30, nella Galleria ARTPOETRY di Lecce.
Attualmente iniziative sull’artista sono in corso o lo saranno il 12 ottobre (giornata del contemporaneo, AMACI) al MACRO di Roma (Mattatoio), al Madre di Napoli e alla Fondazione Filiberto e Bianca Menna di Salerno.