Quelle torri colombaie fra Oriente e Occidente a Santu Lasi
FRANCESCO GRECO - A volte anche i Santi fanno i miracoli. Che di questi tempi amari sono un buon segno. Nello specifico: San Biagio (Santu Lasi (in collaborazione con San Gennaro, poi diremo come) hanno incastonato una giornata di primavera nel cuore dell’inverno nel giorno della sua festa.
Alla Masseria Santu Lasi, in agro di Salve, a due passi dal Mar Jonio. Sorpresa: un tempo si chiamava Masseria Palummaru.
Dopo la messa e la musica della banda locale, la benedizione dei pani del Santo molto amato a Salve (Lecce) e dintorni. Un appuntamento sul confine fra inverno e primavera, che richiama persone da tutta Italia: ve n’erano venute da Roma e da Milano (“Ogni anno non vogliamo mancare…”, sorride Emanuela Monti qui giunta col marito).
Don Marco Annesi il parroco (“Non dobbiamo essere credenti ma anche credibili” ha detto fra l’altro all’omelia), il sindaco Francesco Villanova (“San Biagio è una festa che fa tanto comunità”) e l’inventore della festa, giunta alla XVI edizione, l’architetto di Presicce (Lecce), ma residente a Roma, Vincenzo Cazzato, gentile signora Eliana Elia e il figlio Gabriele che aprono i cancelli della loro deliziosa dimora fra ulivi in ripresa vegetativa, mandorli in fiore, il profumo del lauro e incantevoli pajare.
Una tradizione che si rinnova, con i cibi identitari (le pittele per esempio) preparati dalla brava gente che il prof. (ha insegnato a “La Sapienza”, Roma): Antonio Monte, Giacomo Grande, Gigi Torelli, Cosimino Orlando, Lucia Leo, Antonio De Giorgi e altri/e. Accompagnati da un ottimo vino nero.
“Quest’anno Santu Lasi mi ha fatto disperare – scherza l’architetto: sino a stanotte diluviava… Ma giorni fa ero a Napoli e mi sono rivolto a San Gennaro: ecco allora questa giornata meravigliosa: magari si sono sentiti…”.
Titolo della mostra: “Le torri colombaie fra Oriente e Occidente”. Il colombo nell’era proto-industriale era addensato semanticamente: si mangiavano le uova, la sua carne delicatissima era ottima per i bambini da svezzare, gli anziani e i malati.
E inoltre c’è tutta una letteratura a ricordarci che erano usati come “postini” per il loro grande senso di orientamento, anche come messaggeri che recapitavano lettere d’amore fra innamorati tra un feudo e l’altro.
Terra d’Otranto ne presenta di bellissime, anche se molte sono state distrutte per far posto al cemento. Segno della volgarità dei tempi.
La gallery propone gli esemplari sopravvissuti nelle campagne intorno accanto alle torri d’Occidente (Inghilterra, Spagna, Francia) e orientali e oltre (Iran, Turchia, Grecia, Egitto, Arabia Saudita, Qatar, India, Brasile).
In uno slargo fra le rocce affioranti, una torre particolare, realizzata con le canne intrecciate dall’artista Fabio Pedone.
Il tutto deliziato dalla magica arpa di Angela Cosi, artista di fama internazionale.
Santu Lasi ringrazia per la festa riuscita anche quest’anno e dà appuntamento ai suoi followers al 2026. “Se Dio vuole…”, sorride un vecchio sotto il porticato rapito dal suono dell’arpa e alza il bicchiere di vino. Alla salute!