Nuovo Teatro Verdi, bilancio di stagione: partecipazione in crescita e una sfida lanciata al futuro
BRINDISI - Si è svolta questa mattina, presso la Sala Giunta di Palazzo di Città a Brindisi, la
conferenza stampa di resoconto della stagione 2024-2025 del Nuovo Teatro Verdi.
All’incontro hanno partecipato il sindaco Giuseppe Marchionna, i componenti del Cda della
Fondazione Nuovo Teatro Verdi, Federica Masi e Gianluca Bozzetti, e il direttore artistico
del teatro, Carmelo Grassi.
Un’immagine potente e simbolica ha attraversato il finale del cartellone del politeama brindisino: quella di un teatro emotivamente partecipe, raccolto attorno al racconto vivo e struggente di “Il nuotatore di Auschwitz”, monologo interpretato da Raoul Bova in un intenso fuoriprogramma. Una storia vera che ha commosso il pubblico e suggellato un percorso capace, spettacolo dopo spettacolo, di rinnovare il desiderio di teatro nella città .
La stagione si è sviluppata lungo un tracciato ricco e articolato, con una media di oltre 700 spettatori per ogni appuntamento: un dato rilevante non solo in termini numerici ma come segnale concreto di una comunità che è tornata a scegliere il teatro come luogo di incontro, riflessione e racconto. Dopo gli anni di isolamento e incertezza, dopo la ferita profonda della pandemia che ha colpito duramente le abitudini culturali, questo risultato assume un significato ancora più grande: il Verdi è tornato a essere vissuto, attraversato, cercato.
È stata una stagione fondata sull’equilibrio: tra generi e linguaggi, tra leggerezza e profondità , tra la memoria e il presente. Il cartellone ha alternato concerti d’eccellenza e prosa d’autore, danza e musical, teatro canzone e monologo civile. Ogni proposta ha saputo intercettare una diversa forma di ascolto, un diverso tipo di attenzione facendo dialogare spettatori con gusti e storie differenti. A colpire è stata la risposta del pubblico: il successo di spettacoli come “Il fu Mattia Pascal”, “Gaîté Parisienne”, “Grease”, “Magnifica presenza”, “I Tre Moschettieri”, “L’ispettore generale”, “Amanti” e “Cirilli & Family”, ha confermato una linea artistica che non ha cercato la facile risonanza ma ha saputo combinare nomi popolari, qualità interpretativa e originalità progettuale. Ogni appuntamento ha portato con sé uno stile, una voce, un’idea diversa di teatro, in un quadro coerente e inclusivo.
Ma il vero fenomeno di questa stagione è stato senza dubbio “Verdi Green”, la sezione pensata per intercettare i pubblici più giovani e creare un linguaggio teatrale capace di dialogare con le nuove generazioni senza condiscendenza né superficialità . Un progetto nato con l’ambizione di avvicinare al teatro chi spesso ne resta fuori per ragioni culturali, sociali o semplicemente di percezione, e che invece ha trovato uno spazio autentico di relazione. I quattro appuntamenti in cartellone - “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro”, “Quel che provo dir non so”, “Fra’” e “La fisica che ci piace” - hanno incontrato l’entusiasmo del pubblico, la partecipazione attiva, l’energia contagiosa che ha attraversato la sala. Non un pubblico silenzioso e distratto ma presente, coinvolto. Luigi D’Elia ha condotto gli spettatori in un viaggio dentro l’ombra luminosa del Merisi, tra pittura e biografia, arte e ferita, in uno spettacolo rigoroso e poetico. Pierpaolo Spollon ha trasformato le emozioni quotidiane in una narrazione ironica e profonda tracciando un percorso che ha parlato a tutti, ma soprattutto a chi sta costruendo la propria identità . Giovanni Scifoni ha messo in scena un San Francesco carismatico e irregolare, figura pop e spirituale insieme, capace di dialogare con un pubblico laico e credente, giovane e adulto. Infine Vincenzo Schettini, con il suo modo brillante e immediato, ha dimostrato che la fisica può essere teatro, stupore, spettacolo puro. “Verdi Green” è stato questo: un laboratorio riuscito di attenzione culturale, un ponte tra generazioni, un piccolo esperimento civico che ha funzionato.
«La stagione ha riportato il teatro al centro della vita cittadina - ha detto il sindaco di Brindisi, Giuseppe Marchionna -. Il dato dell’affluenza dimostra che il Verdi è un punto d’incontro nel quale la comunità si mette in ascolto. In un anno in cui Brindisi ha costruito il percorso per diventare Capitale italiana della Cultura 2027, il teatro si è prestato alla sfida di rendere ancora più solido il legame tra scena e territorio. Sempre più, del resto, l’idea di teatro si allontana dalla sola fruizione per orientarsi verso un ruolo proattivo nella produzione culturale: questa sarà , necessariamente, la traiettoria del futuro».
Accanto alla stagione di prosa, il Verdi ha proposto un ventaglio di appuntamenti che ne hanno ampliato l’offerta: dai concerti di Fiorella Mannoia, Mario Biondi, Massimo Ranieri, Ermal Meta e The King’s Singers, agli incontri con voci autorevoli del pensiero contemporaneo come Paolo Crepet e Umberto Galimberti; dallo show “Alis” della compagnia circense “Le Cirque - Top Performers”, all’intensa e applauditissima prova di Valerio Mastandrea in “Migliore”; fino alle rassegne “Verdi in Rock” con protagoniste le scuole musicali brindisine, “Giallo e Nero di Puglia” per la narrativa thriller-noir-mystery, “Tutte le storie del mondo” per l’infanzia e la scuola. Un calendario ricco, trasversale, connesso al territorio.
«L’attenzione della Fondazione verso i più giovani - ha sottolineato Federica Masi, componente del Cda - non si esaurisce nella programmazione dedicata. È un orientamento strategico che intendiamo rafforzare perché crediamo nella capacità del teatro di trasmettere valori, linguaggi e visioni che possano entrare nel vissuto delle nuove generazioni. Non vogliamo che i giovani siano solo spettatori: il nostro obiettivo è costruire uno spazio in cui possano riconoscersi, esprimersi, contribuire con la propria creatività alle attività del teatro. Il Verdi deve essere anche questo: un luogo che ascolta e dà voce».
«Oltre alla qualità del cartellone - ha aggiunto Gianluca Bozzetti, componente del Cda - la stagione ha costruito un tessuto di iniziative che rafforzano il legame con il territorio. “Verdi in Rock” è una delle esperienze più riuscite: valorizza le scuole di musica brindisine e favorisce la nascita di una rete tra di esse generando partecipazione e senso di appartenenza. L’ultimo appuntamento, “Schools of Rock”, previsto il 21 maggio, vedrà protagonisti tutti i maestri insieme sul palco e si terrà in sala, non più nel foyer: una scelta che premia il progetto, ne riconosce la forza aggregativa e rilancia il teatro come spazio di incontro aperto alla città ». La stagione ha parlato alla città in modo naturale, senza proclami, ma con il peso della continuità e della qualità . La partecipazione, la varietà della proposta, l’inclusività dei progetti come “Verdi Green”, l’attenzione alla drammaturgia contemporanea e ai linguaggi trasversali rappresentano già una risposta concreta all’idea di cultura come bene comune.
«Il pubblico ci ha seguiti con attenzione, affetto e senso critico - ha concluso il direttore artistico Carmelo Grassi -. È stata una stagione intensa, costruita senza ammiccamenti eppure accessibile. Adesso ci aspetta una sfida ancora più difficile: confermare quanto è stato conquistato. Le aspettative sono cresciute e con esse anche la nostra responsabilità . Stiamo già lavorando alla prossima stagione con la consapevolezza che il teatro deve continuare a essere un’esperienza, non solo un appuntamento. E il successo di “Verdi Green” ci indica chiaramente in quale direzione continuare a muoverci».
Il senso più vero di questa stagione sta proprio nell’aver saputo tenere insieme leggerezza e pensiero, intrattenimento e riflessione, gioia e responsabilità . Il pubblico ha risposto, ha riconosciuto lo sforzo, ha partecipato. Ora si tratta di non disperdere questo patrimonio. L’immagine finale è quella di una comunità teatrale che ha ricominciato a vivere la sala. Il Verdi è tornato a pieno regime a essere un laboratorio di sensibilità , uno specchio che non riflette solo ma rilancia, un punto d’ascolto e di sguardo. Il teatro, quando riesce a fare questo, non ha bisogno di giustificarsi. Deve solo continuare a esserci. E Brindisi, a quanto pare, è pronta.
Un’immagine potente e simbolica ha attraversato il finale del cartellone del politeama brindisino: quella di un teatro emotivamente partecipe, raccolto attorno al racconto vivo e struggente di “Il nuotatore di Auschwitz”, monologo interpretato da Raoul Bova in un intenso fuoriprogramma. Una storia vera che ha commosso il pubblico e suggellato un percorso capace, spettacolo dopo spettacolo, di rinnovare il desiderio di teatro nella città .
La stagione si è sviluppata lungo un tracciato ricco e articolato, con una media di oltre 700 spettatori per ogni appuntamento: un dato rilevante non solo in termini numerici ma come segnale concreto di una comunità che è tornata a scegliere il teatro come luogo di incontro, riflessione e racconto. Dopo gli anni di isolamento e incertezza, dopo la ferita profonda della pandemia che ha colpito duramente le abitudini culturali, questo risultato assume un significato ancora più grande: il Verdi è tornato a essere vissuto, attraversato, cercato.
È stata una stagione fondata sull’equilibrio: tra generi e linguaggi, tra leggerezza e profondità , tra la memoria e il presente. Il cartellone ha alternato concerti d’eccellenza e prosa d’autore, danza e musical, teatro canzone e monologo civile. Ogni proposta ha saputo intercettare una diversa forma di ascolto, un diverso tipo di attenzione facendo dialogare spettatori con gusti e storie differenti. A colpire è stata la risposta del pubblico: il successo di spettacoli come “Il fu Mattia Pascal”, “Gaîté Parisienne”, “Grease”, “Magnifica presenza”, “I Tre Moschettieri”, “L’ispettore generale”, “Amanti” e “Cirilli & Family”, ha confermato una linea artistica che non ha cercato la facile risonanza ma ha saputo combinare nomi popolari, qualità interpretativa e originalità progettuale. Ogni appuntamento ha portato con sé uno stile, una voce, un’idea diversa di teatro, in un quadro coerente e inclusivo.
Ma il vero fenomeno di questa stagione è stato senza dubbio “Verdi Green”, la sezione pensata per intercettare i pubblici più giovani e creare un linguaggio teatrale capace di dialogare con le nuove generazioni senza condiscendenza né superficialità . Un progetto nato con l’ambizione di avvicinare al teatro chi spesso ne resta fuori per ragioni culturali, sociali o semplicemente di percezione, e che invece ha trovato uno spazio autentico di relazione. I quattro appuntamenti in cartellone - “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro”, “Quel che provo dir non so”, “Fra’” e “La fisica che ci piace” - hanno incontrato l’entusiasmo del pubblico, la partecipazione attiva, l’energia contagiosa che ha attraversato la sala. Non un pubblico silenzioso e distratto ma presente, coinvolto. Luigi D’Elia ha condotto gli spettatori in un viaggio dentro l’ombra luminosa del Merisi, tra pittura e biografia, arte e ferita, in uno spettacolo rigoroso e poetico. Pierpaolo Spollon ha trasformato le emozioni quotidiane in una narrazione ironica e profonda tracciando un percorso che ha parlato a tutti, ma soprattutto a chi sta costruendo la propria identità . Giovanni Scifoni ha messo in scena un San Francesco carismatico e irregolare, figura pop e spirituale insieme, capace di dialogare con un pubblico laico e credente, giovane e adulto. Infine Vincenzo Schettini, con il suo modo brillante e immediato, ha dimostrato che la fisica può essere teatro, stupore, spettacolo puro. “Verdi Green” è stato questo: un laboratorio riuscito di attenzione culturale, un ponte tra generazioni, un piccolo esperimento civico che ha funzionato.
«La stagione ha riportato il teatro al centro della vita cittadina - ha detto il sindaco di Brindisi, Giuseppe Marchionna -. Il dato dell’affluenza dimostra che il Verdi è un punto d’incontro nel quale la comunità si mette in ascolto. In un anno in cui Brindisi ha costruito il percorso per diventare Capitale italiana della Cultura 2027, il teatro si è prestato alla sfida di rendere ancora più solido il legame tra scena e territorio. Sempre più, del resto, l’idea di teatro si allontana dalla sola fruizione per orientarsi verso un ruolo proattivo nella produzione culturale: questa sarà , necessariamente, la traiettoria del futuro».
Accanto alla stagione di prosa, il Verdi ha proposto un ventaglio di appuntamenti che ne hanno ampliato l’offerta: dai concerti di Fiorella Mannoia, Mario Biondi, Massimo Ranieri, Ermal Meta e The King’s Singers, agli incontri con voci autorevoli del pensiero contemporaneo come Paolo Crepet e Umberto Galimberti; dallo show “Alis” della compagnia circense “Le Cirque - Top Performers”, all’intensa e applauditissima prova di Valerio Mastandrea in “Migliore”; fino alle rassegne “Verdi in Rock” con protagoniste le scuole musicali brindisine, “Giallo e Nero di Puglia” per la narrativa thriller-noir-mystery, “Tutte le storie del mondo” per l’infanzia e la scuola. Un calendario ricco, trasversale, connesso al territorio.
«L’attenzione della Fondazione verso i più giovani - ha sottolineato Federica Masi, componente del Cda - non si esaurisce nella programmazione dedicata. È un orientamento strategico che intendiamo rafforzare perché crediamo nella capacità del teatro di trasmettere valori, linguaggi e visioni che possano entrare nel vissuto delle nuove generazioni. Non vogliamo che i giovani siano solo spettatori: il nostro obiettivo è costruire uno spazio in cui possano riconoscersi, esprimersi, contribuire con la propria creatività alle attività del teatro. Il Verdi deve essere anche questo: un luogo che ascolta e dà voce».
«Oltre alla qualità del cartellone - ha aggiunto Gianluca Bozzetti, componente del Cda - la stagione ha costruito un tessuto di iniziative che rafforzano il legame con il territorio. “Verdi in Rock” è una delle esperienze più riuscite: valorizza le scuole di musica brindisine e favorisce la nascita di una rete tra di esse generando partecipazione e senso di appartenenza. L’ultimo appuntamento, “Schools of Rock”, previsto il 21 maggio, vedrà protagonisti tutti i maestri insieme sul palco e si terrà in sala, non più nel foyer: una scelta che premia il progetto, ne riconosce la forza aggregativa e rilancia il teatro come spazio di incontro aperto alla città ». La stagione ha parlato alla città in modo naturale, senza proclami, ma con il peso della continuità e della qualità . La partecipazione, la varietà della proposta, l’inclusività dei progetti come “Verdi Green”, l’attenzione alla drammaturgia contemporanea e ai linguaggi trasversali rappresentano già una risposta concreta all’idea di cultura come bene comune.
«Il pubblico ci ha seguiti con attenzione, affetto e senso critico - ha concluso il direttore artistico Carmelo Grassi -. È stata una stagione intensa, costruita senza ammiccamenti eppure accessibile. Adesso ci aspetta una sfida ancora più difficile: confermare quanto è stato conquistato. Le aspettative sono cresciute e con esse anche la nostra responsabilità . Stiamo già lavorando alla prossima stagione con la consapevolezza che il teatro deve continuare a essere un’esperienza, non solo un appuntamento. E il successo di “Verdi Green” ci indica chiaramente in quale direzione continuare a muoverci».
Il senso più vero di questa stagione sta proprio nell’aver saputo tenere insieme leggerezza e pensiero, intrattenimento e riflessione, gioia e responsabilità . Il pubblico ha risposto, ha riconosciuto lo sforzo, ha partecipato. Ora si tratta di non disperdere questo patrimonio. L’immagine finale è quella di una comunità teatrale che ha ricominciato a vivere la sala. Il Verdi è tornato a pieno regime a essere un laboratorio di sensibilità , uno specchio che non riflette solo ma rilancia, un punto d’ascolto e di sguardo. Il teatro, quando riesce a fare questo, non ha bisogno di giustificarsi. Deve solo continuare a esserci. E Brindisi, a quanto pare, è pronta.