Quel dolore e memoria del giorno dopo…
ALESSANDRA POLITI. Sam Dent, Gennaio 1985. Uno scuolabus pieno di bambini e ragazzini, in una freddissima mattina di gelo e neve, esce fuoristrada e precipita in una cava piena di acqua ghiacciata.
Muoiono 14 bambini, altri si salvano.
L’autista, Dolores Driscoll, donna amata e stimata da tutta la comunità, ne esce illesa: un cane, pare abbia visto un cane, ma forse no…l’ha solo immaginato. Non lo sa.
Il libro si snoda a quattro voci.
La prima è proprio quella di Dolores Driscoll "Tutto ciò che conta è che ho visto qualcosa che non mi aspettavo e ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque con un minimo di cervello: ho cercato di non investirlo".
Poi c’è la voce di Billy Ansel, il padre di due gemelli morti nell’incidente "Quando l'autobus si è ribaltato, il mio pickup era proprio dietro e io guidavo col corpo, ma stavo pensando alle scopate con Risa Walker".
Dopo è la volta di Mitchell Stephens, l'avvocato che vuole dare un senso alla tragedia e riscattare le vittime o almeno le loro famiglie.
Cos’è stato a far finire fuori strada lo scuolabus? Un cane che ha attraversato la strada all’ultimo momento? Una lastra di ghiaccio? Qualche difetto costruttivo nel sistema di frenaggio o di sterzo? Un errore dell’autista?
L'epilogo viene affidato a Nichole Burnell, 14enne sopravvissuta ma senza più l’uso delle gambe "Sono fortunata, dicono tutti, perché non riesco a ricordare niente dell' incidente".
Questa é una storia di dolore e memoria collettiva, è il racconto del “giorno dopo” di una tragedia, dei modi che un intero paesino, immerso tra le montagne a nord di New York, mette in atto per sopravvivere e per convivere con l’assenza, la rabbia, i sensi di colpa, la voglia di trovare un colpevole, ma anche il bisogno di non turbare quel che resta di una comunità a brandelli.
Non ho capito il senso del titolo "Il dolce domani”: non può riferirsi al domani dopo l' incidente, perché tutto è tranne che dolce nè capisco come possa essere dolce un domani che è un luogo sospeso dove vive chi è morto dentro, un aldilà per chi, suo malgrado, rimane.
É un avvenire illusorio che non arriverà mai, perché un paese che ha perso i suoi bambini non può avere nessun futuro.
Quest’aspetto, a mio avviso, inquietante ha conferito al testo l’andatura di una fiaba terribile, una fiaba che si è incuneata nella realtà, come il gelo negli interstizi di una società ovattata, costruita sui rimorsi e sul non-detto, dove ogni grumo di dolore resta inespresso e congelato.
Il dolore, quello dei familiari, dei sopravvissuti, della comunità intera, sembra rassegnato, come conservato in un comparto a tenuta stagna, soffocato, ma comunque pulsante sotto la superficie, pronto a esplodere.
Russell Banks ha proceduto nella narrazione con una scrittura controllatissima e a tratti persino fredda, distaccata, distante, come se guardasse tutta la vicenda, terrificante e perturbante, con uno sguardo obliquo, da rabbia raggelata o da rassegnazione a una catastrofe crudele e senza vie d’uscita.
Una tristezza intrinseca aleggia sui fatti accaduti, un velo nero di struggente malinconia, ma mai una disperazione assoluta, questa resta ben ponderata, tenuta a bada, e lascia un retrogusto amaro, come se qualcosa fosse rimasta incompleta, come se la morte di quei bambini non avesse mai avuto la giustizia dovuta.
IL DOLCE DOMANI
Russel Banks
Pagine 264
Euro 45,00
Einaudi Editore