Fine della “Guerra dei 12 Giorni”: Iran e Israele siglano il cessate il fuoco con l’annuncio di Trump
Trump annuncia la tregua dopo il conflitto più breve e violento del Medio Oriente dai tempi della Guerra dei Sei Giorni
25 giugno 2025 — Con un annuncio drammatico dal tono trionfale, il presidente Usa Donald Trump ha proclamato al mondo la fine della cosiddetta “Guerra dei 12 Giorni” tra Iran e Israele, dichiarando un cessate il fuoco “completo e totale” tra i due storici nemici. L’ex presidente americano, tornato in piena scena internazionale, ha paragonato l’intensità del conflitto a quella della Guerra dei Sei Giorni del 1967, sottolineando il peso storico dell’intesa raggiunta.
Il conflitto era iniziato il 13 giugno, quando Israele aveva lanciato l’operazione “Leone Nascente”, con un massiccio bombardamento aereo contro oltre 100 obiettivi in Iran, tra cui sei città e l’impianto nucleare di Natanz. L’azione era stata giustificata da Tel Aviv come risposta all’avvicinamento dell’Iran “a un punto di non ritorno” nello sviluppo di un’arma atomica.
L’offensiva israeliana e la risposta iraniana
Circa 200 jet israeliani avevano colpito obiettivi militari e infrastrutture strategiche in Iran, causando la morte di oltre 20 alti comandanti, tra cui il capo di stato maggiore iraniano. Parallelamente, operazioni coperte condotte dal Mossad avevano sabotato varie installazioni nucleari e militari.
La risposta iraniana non si era fatta attendere: Teheran aveva definito l'attacco “una dichiarazione di guerra” e lanciato 100 droni e numerosi missili balistici contro Israele, colpendo anche Tel Aviv. Il conflitto è rapidamente degenerato in uno scontro a tutto campo, con continui raid aerei e lanci missilistici che hanno messo sotto assedio entrambe le popolazioni civili.
I giorni più duri
Israele ha proseguito con attacchi mirati su strutture strategiche iraniane, tra cui la TV di Stato e centri militari a Teheran. In Iran sono stati uccisi decine di scienziati e il nuovo capo di stato maggiore, Ali Shadmani.
Nel frattempo, milioni di israeliani sono stati costretti a rifugiarsi per giorni, mentre le sirene d’allarme risuonavano in continuazione. Un missile iraniano su un ospedale a Beer Sheva ha causato numerose vittime, segnando uno dei momenti più tragici del conflitto.
Il coinvolgimento degli Stati Uniti
Il 22 giugno, gli Stati Uniti sono intervenuti direttamente. Trump ha annunciato il bombardamento riuscito di tre siti nucleari iraniani – Fordow, Natanz ed Esfahan – da parte dell’esercito americano. La rappresaglia iraniana è arrivata meno di 48 ore dopo, ma è stata descritta dallo stesso Trump come “simbolica” e “debole”.
Questa dinamica ha contribuito a sbloccare la situazione diplomatica, aprendo le porte alla trattativa sul cessate il fuoco. Tuttavia, il fragile equilibrio è stato subito messo alla prova da nuove provocazioni: Israele ha colpito un radar iraniano a nord di Teheran dopo il lancio di due missili balistici da parte di Teheran, in violazione del neonato accordo.
La dura reazione di Trump
Il presidente Trump, visibilmente irritato, ha tuonato:
“Abbiamo due Paesi che combattono da così tanto tempo e così duramente che non sanno più cosa c... stanno facendo.”
Parole che hanno avuto un peso diplomatico: poche ore dopo, sia Israele che Iran hanno ribadito la volontà di rispettare la tregua.
Le dichiarazioni finali
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rivendicato una “vittoria storica”, dichiarando:
“Abbiamo distrutto gli impianti nucleari chiave a Arak, Natanz e Isfahan e decimato l’alto comando iraniano. L’Iran non avrà mai l’arma atomica.”
Dall’altra parte, il presidente iraniano Massoud Pezeshkian ha parlato di “fine della guerra imposta”:
“Oggi, dopo l’eroica resistenza della nostra grande nazione, assistiamo alla fine della guerra dei 12 giorni, provocata dalle azioni avventuristiche di Israele.”
Uno spartiacque geopolitico
La guerra dei 12 giorni ha cambiato gli equilibri del Medio Oriente, con conseguenze ancora tutte da valutare. L’impatto umanitario e politico sarà oggetto di analisi nei mesi a venire, ma una cosa è certa: il conflitto più breve e intenso degli ultimi decenni ha messo in luce la fragilità delle relazioni tra potenze regionali e il rischio concreto di escalation nucleare.
Resta ora da vedere se la tregua reggerà e se, come promesso da Trump, questa sarà davvero “la fine dell’inizio” per una nuova stagione di diplomazia nel cuore del Medio Oriente.