L’acqua, probabilmente… Il saggio della spagnola Marìa Belmonte


FRANCESCO GRECO.
“L’acqua è probabilmente la cosa più grande”, (Pindaro, Olimpica).

Chissà perché, cerchiamo sempre l’acqua? E, una volta trovata, ci sentiamo più sereni, sicuri, protetti? Nessuno ce lo insegna, è un fatto istintivo, naturale, per tutti i popoli, che poi intorno alle fonti e ai corsi d’acqua hanno fatto nascere le civiltà. Per Talete di Mileto (presocratico, VI secolo a. C.) essa è sublimata nell’origine del tutto. Gli si attribuisce questa affermazione: “Tutto è pieno di dei”. Quindi è un elemento denso di sacralità. Lo è per tutti i popoli, le loro culture, le civiltà, emerse e sommerse.

Non poteva immaginare il filosofo che qualche secolo dopo, per correre dietro a modelli di sviluppo rapaci e suicidi, avremmo sporcato e avvelenato mari, fiumi, laghi, sorgenti e quant’altro. Una blasfemia ancor più grave perché non legittimata dal logos e dalla coscienza.

Studiare l’acqua – dice Marìa - faceva parte di una tradizione greca di lunga data e le si attribuivano proprietà magiche, talvolta perfino pericolose.

Alcune fonti potevano farti impazzire, mentre l’acqua di altre restituiva la sanità mentale o rendeva astemi per il resto della vita. C’erano sorgenti «deliziose», più dolci del latte, e altre così acide da corrodere le condotte lungo cui scorrevano. I greci analizzavano anche i colori dell’acqua…

La storica e antropologa spagnola Marìa Belmonte ripercorre la sua storia nel bellissimo saggio “Al tempo dei giardini” (Sogni, simboli e miti d’acqua), appena edito da Touring Servizi, Milano 2025, pp. 192, euro 24,00, collana “Andante”.

Alcmeone di Crotone (500-450 a.C.) fu il primo medico greco a stabilire la relazione tra la qualità dell’acqua e la salute delle persone, mentre Ippocrate di Coo (460-370 a.C.), nel suo trattato Sulle arie, sulle acque e sui luoghi, scrisse delle differenti qualità delle fonti e degli effetti dell’acqua sulla salute. Secondo Ippocrate, le acque migliori provenivano da sorgenti poste in luoghi elevati e orientate a est, perché erano dolci, trasparenti e adatte a essere mescolate al vino, mentre le peggiori erano quelle rivolte a sud.

E’ un viaggio affascinante ed emotivamente coinvolgente nell’infinita semantica, echi e contaminazioni della storia dell’acqua.

Che ti prende e ti tiene avvinto fino all’ultima riga, in una scoperta continua, declinazioni insospettate, sorprendenti.

“Lungo i vialetti polverosi c’erano tavolini disposti distrattamente; vi sedevano tranquille coppiette che parlavano a bassa voce nell’oscurità, sorseggiando bicchieri d’acqua. Il bicchiere d’acqua... dappertutto vedevo il bicchiere d’acqua. Diventò un’ossessione. Cominciai a pensare all’acqua come a una cosa nuova, un nuovo elemento vitale”, (Henry Miller ad Atene nel 1939).

Marìa Belmonte ha studiato Storia a Bilbao e Antropologia a Barcellona.

Ha conseguito un dottorato in Antropologia sociale all’Università dei Paesi Baschi.

È autrice di diversi libri su cammini, viaggi e pellegrinaggi dall’antichità a oggi.

Al tempo dei giardini è la sua prima opera pubblicata in Italia.