Brucia, Salento, brucia: "colpa" anche delle istituzioni?
FRANCESCO GRECO - Figlio, nipote, discendente di contadini, la terra nel DNA, chi scrive ha ereditato la passione.
In questo periodo mio padre diceva: “Non bruciare l’erba secca quando c’è vento… Fallo di mattina presto, con l’umidità della notte il fuoco cammina lento… Fai piccoli mucchi e tieni sempre a portata di mano un bel cespuglio di quercia per scacciare il fuoco da dove non deve andare… Ricorda: mai di sera, perché il fuoco che credi spento si riaccende, e la notte avanza, nessuno lo vede e lo ostacola…”.
E tuttavia, pur avendo tenuto a mente la lezione paterna, ho avuto le mie brutte disavventure col fuoco: mentre lo controlli, d'improvviso cambia il vento, o rinforza, e se il fronte si allarga, non lo gestisci più.
Più di una volta mi è sfuggito di mano: ha sfiorato il grano delle campagne vicine che si dondolava pigro sotto il sole, ho respirato anidride carbonica, al limite del perdere i sensi.
Ma, come dicono gli antichi, finché la puoi raccontare, poco male…
Anche quest’anno il Salento brucia nella rabbia e nell’impotenza generale. Aumentano gli incendi, organici dei vigili del fuoco sottodimensionati, politica silente.
Le istituzioni hanno abbandonato i territori. Prima c’erano i “cantieri”, tutto era pulito. Le campagne erano antropizzate. Oggi assistiamo con tristezza alla loro desertificazione. Oltre che al consumo scriteriato di territorio. Regioni e Comuni intervengono solo per le ordinanze, con minacce di pesanti sanzioni amministrative se non si sfalcia e si tiene pulito.
Tolti i fuori di testa che danno fuoco per godere dello spettacolo (malati da curare, rinchiudere in galera e buttare la chiave dopo aver inasprito la normativa) e del farlo con intenti speculativi, la domanda nasce spontanea: non è che contribuiscono, ovviamente senza volerlo, alla tragedia, anche le istituzioni?
Virgilio (Bucoliche) diceva che l’erba bruciata è una forma di concimazione della terra, che diviene più fertile, ma ci sono Comuni del Nord che si stanno chiamando fuori dalla mania del pulito a ogni costo: Torre Boldone, nel Bergamasco, per esempio.
Qui lo sfalcio ridotto “corrisponde a un ambiente più naturale, spontaneo, sostenibile, utile e anche piacevole da osservare”. In linea, peraltro, con alcuni Paesi europei.
Le ordinanze sono lette anche dai contadini 2.0, che a volte vogliono provvedere direttamente (questione di budget familiare), senza l’intervento degli addetti con il trattore e/o decespugliatore.
E, avendo scarse conoscenze in materia, e violando il divieto di bruciare erba secca sino al 31 agosto, danno fuoco direttamente, illudendosi di saper gestire le fiamme. Col risultato che si vede in foto (zona "Murge", fra Montesardo e S. Dana), giorni fa, incendio alimentato dalla tramontana.
Pura illusione, perché se è calmo, a volte spunta il vento, se è leggero spesso rinforza e dal proprio campo a quello dei vicini è un attimo.
Anche così nascono i tristi spettacoli di ogni estate, di cui fa le spese l’ambiente intorno a noi.
E finché la macchia mediterranea si ricompone, ci vogliono anni…

