Soccorsi in mare oltre 40 migranti: la nave Humanity One diretta a Bari
BARI - Nelle prime ore di questa mattina, la nave Humanity One, appartenente alla ong tedesca SOS Humanity, ha tratto in salvo oltre 40 persone nel Mediterraneo centrale. I migranti si trovavano a bordo di un’imbarcazione in vetroresina, sovraffollata e del tutto inadatta alla navigazione, dopo aver trascorso almeno cinque giorni in mare.
A darne notizia è stata la stessa ong attraverso i propri canali social, precisando che le persone soccorse sono ora al sicuro a bordo della nave, dove stanno ricevendo le prime cure e assistenza.
SOS Humanity ha inoltre denunciato che, nonostante l’imbarcazione si trovasse all’interno della zona SAR (Search and Rescue) di competenza di Malta, le autorità maltesi avrebbero nuovamente rifiutato il coordinamento delle operazioni di salvataggio.
L’Italia ha invece assegnato Bari come porto sicuro di sbarco. Tuttavia, la ong fa notare che il capoluogo pugliese dista “quasi 800 chilometri” dal punto del soccorso, un tragitto che potrebbe mettere ulteriormente a dura prova le condizioni fisiche e psicologiche dei naufraghi, già provati da giorni di permanenza in mare aperto.
L’episodio riaccende l’attenzione sulla gestione dei soccorsi nel Mediterraneo e sulla necessità di una più efficace e coordinata risposta umanitaria a livello europeo.
A darne notizia è stata la stessa ong attraverso i propri canali social, precisando che le persone soccorse sono ora al sicuro a bordo della nave, dove stanno ricevendo le prime cure e assistenza.
SOS Humanity ha inoltre denunciato che, nonostante l’imbarcazione si trovasse all’interno della zona SAR (Search and Rescue) di competenza di Malta, le autorità maltesi avrebbero nuovamente rifiutato il coordinamento delle operazioni di salvataggio.
L’Italia ha invece assegnato Bari come porto sicuro di sbarco. Tuttavia, la ong fa notare che il capoluogo pugliese dista “quasi 800 chilometri” dal punto del soccorso, un tragitto che potrebbe mettere ulteriormente a dura prova le condizioni fisiche e psicologiche dei naufraghi, già provati da giorni di permanenza in mare aperto.
L’episodio riaccende l’attenzione sulla gestione dei soccorsi nel Mediterraneo e sulla necessità di una più efficace e coordinata risposta umanitaria a livello europeo.
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