L’arte che cura… attraverso il tocco e la parola del medico

Il pensiero medico è coinvolto di diritto nello statuto filosofico dell’uomo, come persona, in uno statuto che conferma la stessa natura umana, nella sua essenziale unitarietà di corpo-psiche.

M. Foucault

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Con grande emozione ho assistito a una conferenza stampa organizzata da GVM Care e Research. Si trattava invero dell’inaugurazione del murales “Core a Core”, il più grande e imponente della città, realizzato lungo una delle pareti della storica clinica Santa Maria. La composizione è stata realizzata dallo street artist Zed1 con il contributo del collega barese Giuseppe D’Asta.

Sono intervenuti Eleonora Sansavini, Amministratore Delegato Santa Maria Hospital, Michele Emiliano, Presidente Regione Puglia, Vito Leccese, Sindaco della Città di Bari, e Giuseppe Speziale, Vicepresidente GVM Care & Research.

GVM ha sempre creduto in una visione integrata dell’essere umano e non posso non ricordare anche l’attenzione che, sin dagli anni Novanta, la Clinica Santa Maria ha riservato alla formazione del medico e del personale, ben consapevole delle ineludibili interazioni tra corpo e psiche, tra corporeità e spiritualità.

L’Amministratore Delegato di Santa Maria Hospital e Presidente di Veera Foundation, Eleonora Sansavini, ha chiaramente espresso che l’ospedale non è solo un luogo di cura, ma uno spazio capace di accogliere le emozioni dei pazienti e dei loro cari. Di qui la necessità di rendere gli spazi della cura una dimora capace di prendersi cura della persona, compresa la dimensione affettiva, essendo questa centrale nel percorso di cura e guarigione. Il che vuol dire anche ripensare davvero quel rapporto medico-paziente che, con l’avvento seppur straordinario della robotica, potrebbe essere perso tra i meandri di una straniante tecnologia. La mano del chirurgo è infatti ben altro, per il paziente, che il freddo tocco robotico, seppur d’avanguardia.

Sándor Ferenczi (1927-1928, p. 306) ha definito il tatto come “la capacità di mettersi nei panni di un altro”. “Il termine ‘tatto’ non significa affatto una concessione all’arbitrarietà del fattore soggettivo […], ma mettersi nei panni del paziente ed entrare dentro a quello che lui prova” (Correspondence, tome 3, pp. 370 e 372).

Non è casuale che Santa Maria Hospital si sia rivolta agli artisti, ai “καλλιτέχνες”, che per dipingere e scolpire, o anche suonare uno strumento, usano le mani insieme al cuore e alla mente. Le produzioni di IA sono affascinanti e personalmente ne ho esperienza, ma non sono il risultato del corpo-mente umano, che rimane insormontabile. Se lo ricordino tutti, medici in primis, per non cedere alla tentazione di una sorta di disincarnazione per diventare Dio.

Un “Cuore di ceramica” campeggia nel murales, un cuore simbolo di amore e al medesimo tempo di fragilità. Un cuore che i medici e i chirurghi afferenti al Santa Maria Hospital sanno bene come ricomporre con la loro professionalità e umanità.

E mentre il Sindaco, dott. Vito Leccese, ricordava anche suo fratello Pasquale, grande gallerista con il quale anni addietro ho collaborato, nella mia mente emergevano le immagini di quei graffiti delle Subway di New York, divenuti famosi con il grande Rammellzee, capo dei graffitisti che intervistai negli anni Ottanta.

Bari è sempre stata una fervida palestra di arte, e risentire emozioni così intense mi ha riaperto il cuore alla speranza che, nonostante macchie paludose, non tutto è perduto. Nelle opere poi di Giullermina De Gennaro, che ho incontrato dopo anni con stima immutata, le parole dei racconti delle pazienti della Santa Maria Hospital sono diventate immagini. Come si sa, o almeno i colleghi psicoanalisti certamente lo sanno, noi tutti pensiamo per immagini — immagini visive, sonore o olfattive — che si fanno parola, quella parola che a sua volta sollecita la struttura del pensiero in un continuo. La guarigione, come anche la devastazione psicofisica, passa di lì. È infatti la parola e il tocco del medico che aiutano il paziente, attraverso l’alleanza terapeutica, ad accettare i percorsi di cura.

La parola… “Sia la luce e la luce fu…” si legge nella Genesi. E così come fu tratta la luce dalle tenebre per volere di Yahweh, così tramite il medico si è capaci, con le immagini che evocano, di far accettare i momenti più difficili e far intravedere nel buio la luce della speranza nella guarigione.

Le parole delle pazienti, nelle opere di G. De Gennaro, sono diventate immagini per cercare i nuclei del dolore. Un dolore che solo il medico formato può realmente ascoltare, poiché — come ebbe ad affermare il grande M. Balint — l’ascolto dell’Altro passa attraverso l’ascolto di Sé.

Il Presidente della Regione, Emiliano, ha poi sottolineato il ruolo della città di Bari, una città piena di una luce meravigliosa che invita alla comunità: la luce di un Oriente che non ha tramonto. La Puglia, d’altra parte, è la prima regione italiana che vede sorgere il sole mentre si ode il gallo cantare. Ha poi sottolineato il ruolo dell’arte contemporanea quale fonte di provocazione, onde generare nuovi modelli di pensiero.

In tal senso, l’arte si fa cura — a condizione che sia l’artista, metafora e simbolo del medico, a saper curare e prendersi cura del paziente nella sua dimensione di persona. Di qui lo sforzo di trarre dal Kaos abissale della sofferenza la luce di una nuova armonia, che molti definiscono bellezza e che il greco antico ci ricorda essere intimamente legata a ciò che è ritenuto cosa buona. Le Arti sono figlie delle Muse, generate per consolare, pur in questa epoca macchinale popolata da cybercorpi, gli affanni degli esseri umani e consegnare la loro storia all’eternità. Di qui la funzione salvifica delle Arti, secondo il mito, guidate da Apollo, dio della Medicina.
Curato da MISIAarte e Cellule Creative.