Pasta da record, ma i cerealicoltori sono al collasso. Sicolo (CIA): “Caro ministro, servono interventi immediati”
BARI - Il 2024 segna un anno da record per la produzione di pasta italiana, ma dietro al successo del prodotto simbolo del Made in Italy si cela una crisi sempre più profonda per i cerealicoltori, che non riescono più a coprire i costi di produzione. È l’allarme lanciato da Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale e presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani, che si rivolge direttamente al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, chiedendo misure concrete e urgenti.
“Caro ministro, siamo molto preoccupati”, dichiara Sicolo. “Apprezziamo i risultati ottenuti dal Governo, come l’avvio del progetto Granaio Italia, ma la situazione sul campo è drammatica. I raccolti di grano duro in regioni chiave come Puglia e Sicilia sono calati in quantità, mentre i costi di produzione hanno raggiunto 1.200-1.300 euro per ettaro, a fronte di prezzi riconosciuti ai produttori che sono fermi a quelli di vent’anni fa”.
Il paradosso della filiera grano-pasta è evidente: mentre il comparto industriale ha triplicato i ricavi e i prezzi della pasta sono aumentati nei supermercati, i produttori di grano non riescono nemmeno a rientrare nelle spese. “Se non si interviene subito”, avverte Sicolo, “non avremo più una cerealicoltura nazionale. E senza grano italiano, addio pasta 100% Made in Italy”.
Secondo CIA Agricoltori Italiani, a portare al collasso la cerealicoltura hanno contribuito diversi fattori: i cambiamenti climatici che incidono negativamente sulla produttività, le importazioni incontrollate da Paesi come Canada, Russia e Turchia, prezzi al produttore sempre più inadeguati, squilibri di mercato e concorrenza sleale da parte di Paesi extra UE con standard produttivi e qualitativi molto diversi da quelli italiani. “La nostra cerealicoltura è schiacciata da regole asimmetriche”, denuncia Sicolo. “In Canada si usa il glifosato, vietato da noi. Eppure, quel grano entra liberamente in Europa”.
Per Sicolo, è necessario agire su più fronti. Serve una tutela reale del grano duro italiano e una tracciabilità completa del prodotto, dal campo al pacco di pasta. Bisogna garantire etichette chiare e leggibili, che indichino con precisione se la pasta è realizzata davvero con grano italiano. Occorre anche rafforzare i controlli sulle importazioni e avviare un vero patto di filiera tra agricoltori e industria, capace di garantire equità nella distribuzione del valore.
Il prezzo del grano duro è ormai sceso sotto i 30 euro a quintale e le superfici coltivate continuano a ridursi. “Se andiamo avanti così – conclude Sicolo – non solo perderemo la cerealicoltura, ma anche la nostra sovranità alimentare. La CIA continuerà a battersi per garantire un futuro alla filiera del grano e una giusta remunerazione a chi lavora la terra”.
