Palermo, dolore e disperazione per l’omicidio di Paolo Taormina
PALERMO – È un dolore immenso quello che avvolge la famiglia di Paolo Taormina, il ventunenne ucciso la scorsa notte da Gaetano Maranzano, 28 anni, del quartiere Zen. Davanti alla Camera mortuaria del Policlinico, la madre Fabiola Galioto si dispera: grida, piange senza sosta e viene consolata dai parenti e dagli amici. «Scrivetelo chi era mio figlio, voi lo sapete chi era Paolo e chi è quello. Un assassino», urla tra le lacrime.
Secondo i familiari, non c’era alcun motivo per l’aggressione. «Quello lì non conosceva Paolo, altrimenti non lo avrebbe ammazzato», afferma Fabiola, mentre la sorella Sofia, di soli 16 mesi più piccola, ricorda di aver già notato il carattere aggressivo del giovane Maranzano nei locali.
A raccontare la dinamica è il cugino del padre: «Paolo era con i genitori, il fratello e la sorella. A un certo punto sono arrivate nove persone, tutte senza criterio. Mio cugino è uscito dal locale per calmare gli animi: “Ragazzi calmatevi, dobbiamo solo divertirci”, avrebbe detto. Maranzano gli ha puntato la pistola alla tempia e ha sparato». La sorella di Paolo è riuscita a evitare il peggio per miracolo, mentre Maranzano ha minacciato anche lei prima di fuggire. Tutto è avvenuto davanti alla madre, al fratello di sei anni e alla fidanzata della vittima.
Chi conosceva Paolo lo descrive come educato, umile e lavoratore. «Era il figlio che tutti vorrebbero», racconta il cugino, visibilmente provato: «Era andato negli Stati Uniti per lavorare, ma il padre gli aveva comprato il locale per farlo tornare. Ora si mangia le mani: “Per colpa mia mio figlio è morto”, dice, e non si dà pace».
Sofia, tra le lacrime, aggiunge: «Paolo era un grande lavoratore, dedicato alla famiglia e molto protettivo nei miei confronti. Lo conoscevamo di vista, uno con cento collane d’oro e la barba lunga non passa inosservato. Maranzano ha puntato la pistola alla tempia di mio fratello senza motivo». La giovane racconta di aver tentato di reagire: «Ho cercato di colpirlo con una bottiglia, ma lui ha minacciato anche me e siamo dovuti scappare».
La città di Palermo resta scossa da questa tragedia, mentre la famiglia e gli amici di Paolo piangono la perdita di un giovane descritto da tutti come giusto, leale e dedito alla famiglia.