Addio al 26enne Alessandro Antonicelli, noto sui social come PettorAle: ha affrontato la vita e la malattia con una forza silenziosa e sincera.


Milano - Alessandro non cercava applausi, né si nascondeva dietro un personaggio. Condividere la propria esperienza con un osteosarcoma condroblastico rarissimo era per lui un modo di raccontarsi così com’era, con autenticità sorprendente.

Una vita che correva veloce
Prima della diagnosi, Alessandro si era laureato in Biologia, si era trasferito a Milano e frequentava la magistrale in Scienze dell’alimentazione e nutrizione umana. Aveva avviato anche una piccola attività, immaginando un futuro pieno di progetti. Poi arrivarono i primi sintomi: dolore al ginocchio, stanchezza, controlli medici. La diagnosi: tumore rarissimo, quel “zero virgola” che avrebbe cambiato per sempre il suo percorso.

Raccontare la malattia senza farne una battaglia
Alessandro non ha mai definito la malattia come una guerra, ma come un tratto imprevisto del cammino da attraversare. Nei suoi video non cercava pietà, ma contatto umano: condivideva paure, fatiche, terapie, ma anche pensieri leggeri che riportavano alla normalità. Tra le sue parole più potenti: “La vita vale sempre la pena di essere vissuta. Anche quando fa male. Perché dentro quel dolore si nasconde qualcosa di grande: la possibilità di riscoprirti, di sentire davvero cosa significa essere vivi.”

Fragile, ma mai definito dalla fragilità
Alessandro ha mostrato che si può essere fragili senza esserne definiti, che si può parlare di malattia senza estetizzarla e senza negarla, restando umani quando tutto spinge a diventare “solo” pazienti.

Nel messaggio della famiglia, l’annuncio della sua scomparsa è accompagnato da una promessa: il progetto “Fuck Cancer” continuerà, come testimonianza e invito a parlare di ciò che fa paura senza censura e senza retorica.

Un’eredità che non si spegne
Alessandro lascia una comunità affezionata e grata, e un modo diverso di guardare alla malattia: senza eroismi, silenzi o vergogna. La possibilità, anche nel dolore, di continuare a scegliere chi essere.