La leggenda del Malladrone di Gallipoli
MARIO CONTINO* - La leggenda del Malladrone di Gallipoli nasce all’interno della Chiesa di San Francesco d’Assisi, un edificio la cui fondazione è attribuita, secondo la tradizione, a San Francesco stesso nel 1217. La chiesa, con la sua facciata in carparo dorato e gli interni barocchi, custodisce tre navate e dieci altari, arricchiti da stucchi settecenteschi, un presepe in pietra del Seicento e numerose opere pittoriche e scultoree. Tra queste spicca la statua lignea del Malladrone, protagonista della leggenda.
Il termine “Malladrone”, che significa letteralmente “ladro cattivo” e sembra derivare dallo spagnolo mal ladrón, si riferisce al ladrone crocifisso accanto a Cristo che, secondo il racconto biblico, non si pentì e morì senza redenzione. La statua, attribuita allo scultore e monaco Vespasiano Genuino, è accompagnata dal cosiddetto “buon ladrone” o Disma, che invece si pentì e ottenne perdono. Ciò che ha reso celebre il Malladrone è il realismo crudo della scultura: volto deformato, espressione beffarda, denti digrignanti e sguardo sprezzante, tanto da incutere disagio e paura in chi lo osserva. Non sorprende che Gabriele D’Annunzio, durante una visita a Gallipoli nel 1895, ne rimase profondamente impressionato, parlando di “orrida bellezza”.
Attorno alla statua si sono sviluppate nel tempo diverse leggende popolari. Secondo la tradizione, le vesti del Malladrone, ogni volta che vengono rifatte o restaurate, il giorno seguente tornano lacerate, quasi divorate da una forza misteriosa, forse dal male che possiede il personaggio rappresentato dalla scultura. Alcune versioni sostengono addirittura che i denti scolpiti siano veri, appartenenti a condannati a morte o persino allo scultore stesso, conferendo così alla statua un’aura ancora più misteriosa e inquietante. Non mancano racconti di apparizioni notturne del Malladrone, intravisto aggirarsi tra i vicoli del centro storico, sebbene si tratti di “chiacchiericcio popolare” che nei secoli ha assunto i toni della leggenda. In questo senso, la figura del Malladrone diventa un monito morale, simbolo del male e della malvagità umana, che ammonisce i peccatori attraverso la paura, spingendoli al pentimento.
Ciò che rende il Malladrone particolarmente affascinante è la sua somiglianza con altri oggetti considerati maledetti in tutto il mondo. Bambole come Annabelle, custodita al Warren’s Occult Museum in Connecticut e legata a presunti fenomeni paranormali, Robert the Doll di Key West, Florida, ritenuta responsabile di sventure e malefici, o la giapponese Okiku Doll, considerata “posseduta” dallo spirito di una bambina morta prematuramente, condividono con il Malladrone la capacità di suscitare paura e fascinazione, incarnando l’idea di oggetti inanimati carichi di energie maligne misteriose. In questo contesto, la presenza del Malladrone all’interno della Chiesa di San Francesco d’Assisi sembra persino voluta come un modo per controllare ed esorcizzare una forza maligna che potrebbe altrimenti manifestarsi.
* Scrittore del mistero
