Bankster vs gangster: “I padroni del mondo”

di Francesco Greco - Il caso che, come diceva Goethe, governa la vita, ha voluto che questo libro s’affacciasse in concomitanza col baccano mediatico-politico provocato dall’approvazione, a Bruxelles, a passo di carica, quasi come sotto dettatura, di un provvedimento che introduce, per l’eurozona, due elementi: il fondo salva-banche unico e il fallimento pilotato. La claque ha salutato la novità con la standing-ovation. Mario Draghi: “Un grande passo avanti”. Saccomanni, erede di Tremonti: “Accordo storico”.

   Ma basta sfogliare due pagine di “I padroni del mondo” (Come la cupola della finanza mondiale decide il destino dei governi e delle popolazioni), di Luca Ciarrocca, Chiarelettere, Milano 2013, pp. 242, €13.90 (collana “Principio Attivo”) per capire che bisogna stare in campana, come dicono a via dell’Olio, che ce n’è abbastanza per dubitare della sua efficacia. Acqua fresca, perché il mondo delle banche, del credito, della moneta, della finanza, delle bolle, è molto meno semplicistico e più rarefatto, osa fino alla metafisica, la genetica, l’antropologia, la poesia, la superstizione, la parapsicologia, l’occultismo, come anche il geniale Bertolt Brecht aveva intuito nell’altro secolo.

   E dunque, un migliaio di Innominati, come nel film-cult “Duel”, di Spielberg, tiene in ostaggio i popoli, le nazioni, i continenti. E ha tutta l’aria di voler continuare: la vive come una mission, tant’è che s’è data un’etica, sebbene inconfessabile: il denaro per il denaro. I popoli si arrangino. Così sarà se i cittadini glielo consentiranno, non prenderanno coscienza che cambiare si può, se non si responsabilizzeranno, perché le banche “nuocciono gravemente alla salute economica”. Ciarrocca spiega, nella seconda parte di questo libro indispensabile (che nessuno recensisce, come se fosse il libro di Re Salomone), che con Positive Money si può: l’idea è di un 28enne londinese, Ben Dyson, ovviamente trattato dall’establishment bancario e politico come lo scemo del villaggio.

   Nessuno conosce i bankster: fellinianamente si possono immaginare. Hanno libero arbitrio sui destini di miliardi di persone, le spingono nella precarietà strutturale, nello sgomento di non avere da sfamare le proprie famiglie, nel riflusso dai consumi (se non al discount), nella qualità della vita, nel futuro nero: nelle vite apparenti (che portano patologie). “Con la connivenza del potere politico… hanno socializzato le maxiperdite, tagliato con l’accetta welfare, pensioni, scuola…”. Un sacco bello.

   Le democrazie si prosciugano di diritti e libertà: i bankster non li ha eletti nessuno, sono autoreferenziali, si sono posti al di sopra di ogni morale, sopra e sotto di noi: nessuno chiama questa Spectre a rendere conto del suo operato quando milioni di persone vedono svanire i risparmi, perdono il lavoro, la casa, il futuro.
   Loro stessi si sono trasfigurati in etica, riscrivendone l’etimo dalla radice. Hanno relativizzato le loro stesse regole: quelle del liberismo selvaggio (il mercato regola tutto), da primordi, ferriere, divenuto finanzcapitalismo (copyright del sociologo Luciano Gallino) rimodulato in qualcosa di soggettivo, con una nuova semantica necessaria per sopravvivere e perpetuarsi attingendo alle risorse dei popoli costretti a pagare il conto: intanto le democrazie sono destrutturate, svilite, stingono in pseudodemocrazie.

   “Perchè mai - si chiede Murray Newton Rothbard, filosofo dell’anarcocapitalismo – noi cittadini che lottiamo per sopravvivere, dobbiamo essere condizionati dai debiti creati da una élite al potere che li ha contratti a nostre spese?”. Già, perché mai? Si continuano a riempire di denaro fresco banche decotte, sfatte dalla finanza creativa: quella che non produce beni ma bolle, e sogni che scolorano in incubi. “The Economist” (luglio 2012) ha coniato il neologismo “bankster”. La stampa italiana, pudicamente, non lo usa: nei cda dei gruppi editoriali siedono i banchieri, stesso dna di quelli Usa (“il denaro non dorme mai”, Gekko) che, settembre 2008 - inizio della grande crisi che ci trasciniamo addosso con costi sociali in via di quantificazione – si riunirono (multinazionali, banche, hedge fund, speculatori) in tutta fretta (c’era Bush, secondo mandato) per salvare i dividendi, e lo status quo: allocarono nelle banche 15 trilioni di $ (15mila miliardi di $) “utilizzando il denaro pubblico degli ignari contribuenti”. Ignari e fessi.

   L’excursus professionale di Ciarrocca è di tutto rispetto: non è un grillo parlante da talk show nazionalpopolare, dove si urla come al mercato del pesce, ma un analista sottile, intelligente, che cita dati, soprattutto li collega ontologicamente e trae le conclusioni senza pudori: con intento volutamente dissacratorio e che divergono dal pensiero economico “ufficiale”, quello da noi impostato dalla real casa dei bocconiani (che comunque ha dei bastian contrari trattati come scemi del villaggio, folklore), teorici del rigore senza sviluppo di Tremonti prima e Monti dopo e su cui perfino la Troika ora torna psicanaliticamente indietro: sciatti tentativi di scaricare i sensi di colpa?

   “Le banche – scrive Ciarrocca – non avrebbero dovuto restituire il prestito, se non avessero voluto… Le banche e i bankster restano il vero potere forte globale. I governi negli Stati Uniti e in Europa, hanno preferito sifonare immense quantità di denaro pubblico…”. E altro ne succhieranno (Mps), inventandosi una normativa se quella che c’è non basta. Spartendosi i dividendi, socializzando le perdite. Famiglie, aziende, cittadini: vittime della schiavitù delle banche. Ammessa freudianamente persino da un insospettabile, un po’ snob (simpatizza per Positive Money): Sir Mervyn Allistar King, governatore della Banca d’Inghilterra dal 2003 al 2013: “Dei vari modi che abbiamo di organizzare il sistema bancario, il peggiore è quello che abbiamo oggi”. Alla Petrolini: bravo!

   Un libro da leggere e far leggere se si vuol ritrovare un minimo di dignità, dare un senso al futuro nostro, dei nostri figli e nipoti. Alla fine i padroni delle banche siamo noi che facciamo un mutuo, depositiamo i risparmi. Non i bankster più insaziabili dei vampiri.

1 Commenti

  1. VANNO ABBATTUTI , IL GUAIO E' CHE NON ESISTE PIU' UN EDOARDO III CHE LI MANDI A SPASSO SENZA COMPLIMENTI

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