Intervista esclusiva a Luciano Cannito: "La danza ha un’importanza sociale"
di Laura Spinelli - Luciano Mattia Cannito racconta ai nostri lettori i momenti più importanti della sua attività di coreografo e direttore artistico. Dalla Scala di Milano al Metropolitan di New York, ai teatri del Sud Italia. E, proprio qui, dove sorgeva un tempo la Magna Grecia, egli riscopre una fucina di talenti. L’amore per il teatro, luogo d’élite, non gli impedisce di riconoscere i meriti del mezzo televisivo che tutela la danza, le restituisce un ruolo centrale nella società, rendendola nota ai più.Quando è nata la sua passione per la danza?
È antichissima. Risale al momento in cui, quando ero ragazzino, nel periodo di Natale, trasmettevano dei musical in televisione, cosa rarissima. Erano gli anni ’70. Io iniziavo a ballare per tutta la casa, a saltare, a fare piroette … nessuno aveva la mia stessa inclinazione in famiglia.
Studiavo musica al Conservatorio e a 13 anni conobbi la mia amichetta che studiava danza in una scuola. Andai lì con lei. Quell’anno mi proposero un ruolo importantissimo: avevo grandi capacità attoriali – dicevano –, grandi abilità nei movimenti del corpo. E questo contribuì a determinare e accrescere la mia passione.
Può raccontare ai nostri lettori l’emozione più grande che ha vissuto durante la sua attività lavorativa?
Sicuramente la prima al Metropolitan di New York, dove la Scala di Milano rappresentava un mio spettacolo, “Amarcord”, tratto dal film di Federico Fellini (che sto riportando ora in tournée).
Iniziò lo spettacolo: c’erano in sala i più grandi critici. Dovetti uscire perché l’adrenalina era troppo forte. Durante lo spettacolo trascorsi il tempo dietro le quinte e, in particolare, fuori in terrazza, accanto ai tubi dell’aria condizionata. Ogni tanto rimettevo il naso dentro e potevo sentire gli applausi.
Non è una cosa facile sapere che in sala c’è un artista così grande come Baryŝnikov…
Ha lavorato, in qualità di direttore artistico, in numerosi teatri: ricordiamo, tra gli altri, il Teatro Massimo di Palermo, il San Carlo di Napoli e, nella nostra regione, il Petruzzelli di Bari. Vuole dirci qualcosa di più di queste esperienze?
Non vuol essere campanilistico ciò che sto per dire, ma basato su dati oggettivi. Gli artisti del Sud hanno un grande talento e una marcia in più, soprattutto nella danza.
È qualcosa che sto studiando perché nessuno sta facendo ricerche sul tema. Dalla mia esperienza trentennale posso affermare che la danza e i ragazzi pugliesi hanno davvero qualcosa in più.
Le più grandi scuole di danza italiana, come la Scala, sono piene di pugliesi, campani e siciliani. Probabilmente è qualcosa che deriva dalla Magna Grecia, dalla cultura millenaria del teatro che si è sviluppata in questa terra. E probabilmente è anche questione di capacità fisiche. In particolare, la danza maschile è molto proficua.
Essere direttore qui e aver trascorso la maggior parte del tempo all’estero mi ha consentito di integrare le culture estetiche della danza con le capacità fisiche e interpretative di questi ragazzi. E stiamo ottenendo ottimi risultati e grandi soddisfazioni.
“Amici di Maria De Filippi”: scuola di talenti e scuola di vita. Cosa pensa del programma e, in particolare, dell’attuale edizione?
Per noi del settore è l’unico programma che dà visibilità e dignità professionale alla danza, attività che ha sofferto in Italia, nel tempo, una marginalizzazione culturale. La Chiesa cattolica, ad esempio, riteneva le espressioni del corpo forme di peccato – è un dato storico, non qualcosa che sto dicendo io. E tale marginalizzazione ha avuto ripercussioni nei secoli: si pensi al dopoguerra, in cui la danza era considerata mero intrattenimento, ‘Cenerentola’ dell’arte.
Il programma ha restituito alla danza, equiparandola al canto, la dignità dell’impegno, del sacrificio, della selezione, ricordando che si tratta di un mestiere da privilegiati.
Avendo una diffusione popolare, la trasmissione “Amici” è riuscita a realizzare ciò che il teatro non era riuscito a fare. Non posso dunque che ringraziare Maria e gli autori: non l’hanno fatto come crociata, ma seguendo i gusti del pubblico. È quello che dico anche ai politici: si sottovaluta l’importanza sociale della danza. Milioni di persone la studiano in Italia, sono un popolo, una massa.
Sono contento e orgoglioso di far parte del programma e, superando lo snobismo intellettuale di molti colleghi, riconosco che si tratta semplicemente di due linguaggi diversi: il teatro parla a una nicchia, la TV parla a molte persone.
L’attuale edizione è diversa rispetto al passato, ma ci sono strutture del programma dove il cambiamento non è stato sostanziale.
Noi professori siamo supervisori più che maestri di danza, per dare agli allievi la possibilità di studiare con persone diverse.
Ad alcuni è piaciuto di più, ad altri meno. Ma, come il successo a teatro dipende da quanti biglietti vendi, così in TV è legato a quanti spettatori hai. E il numero degli spettatori, in questo caso, è maggiore rispetto agli anni passati, il che vuol dire che questa formula è giusta. Una persona che lavora moltissime ore al giorno per creare un programma che incontri i gusti del pubblico va rispettata.
Domanda di rito: bianchi o blu?
Ho avuto la coincidenza di stare sempre nella squadra blu: non posso che esserne innamorato, per un fatto affettivo, per un fatto di sinergia. Naturalmente sono sempre al di sopra delle parti per valutare l’interpretazione artistica dei ragazzi, a prescindere dal colore della maglia. Ma, sei mi rifai la domanda, rispondo: BLU forever.
Quali sono le qualità che dovrebbe possedere un grande ballerino?
Sono le stesse qualità che caratterizzano un grande artista e una grande persona, guardate da angolazioni diverse: passione, dedizione e amore per quello che fai, umiltà …
Che sia un attore o un dirigente, qualsiasi persona che vuole avere successo nel proprio lavoro deve avere passione, essere ‘hot’ – caldo – nel suo cuore. Deve investire tempo – e molto! Non deve mai pensare di essere arrivato e mai fermarsi perché, intanto, l’autobus della vita prosegue. Deve avere determinazione: credere in se stesso, non scoraggiarsi al primo insuccesso. Allo stesso modo, un ballerino che ha determinazione e impegno studia ogni giorno e prova duemila volte un movimento se non vien bene.
Se invece sei stufo dopo la quinta ora di prova, non è il lavoro giusto per te. In genere non vedi l’ora che il balletto sia perfetto, i tuoi movimenti ineccepibili: così, a questo punto, non pensi più alla tecnica, ma a liberare le tue emozioni ed energie.
Progetti per il futuro?
Ho ripreso la tournée di “Amarcord” con la compagnia Danza Italia di Roma, che dirigo: è tutta italiana e di giovani.
Si tratta di un progetto in collaborazione con Daniele Cipriani, il più importante agente e impresario della danza in Italia: è giovane, ma ha già vinto molti premi. Abbiamo fondato la compagnia con grandi soddisfazioni e vinto il biglietto d’oro con “Carmen”. Naturalmente dobbiamo crescere, è necessario avere maggiori disponibilità economiche perché i nostri lavori sono a progetto.
Stiamo pianificando tournée anche all’estero. Siamo stati in Svizzera l’anno scorso e, in questi giorni, stiamo finendo di chiudere i contatti per una tournée in Sud America e negli Stati Uniti con lo spettacolo “Amarcord”.