'Punk is undead': le rockstar sono tornate

di Francesco Greco - Le rockstar sono vive e lottano insieme a noi. Il loro mito ha segnato indelebilmente la nostra formazione, culturale, personale, esistenziale, taltolta anche politica. E adesso, richiamate in vita da un accidente della storia, dall’irruzione di un postulato alchemico che dona loro l’immortalità anche fisica (quella della loro musica è realtà e la respiriamo ogni giorno), sono tornate per continuare a narrare la vita e le sue infinite facce con le loro canzoni e cover, a essere la colonna sonora del nostro tempo bello e inquieto: il XXI secolo dei pixel e la realtà virale.

Se ne andarono in maniera inconsueta e quasi sempre giovani, come accade a chi è caro agli dèi. Oggetto di culto: tanto che, per un curioso fenomeno di massa, c’è una scuola di pensiero che li vuole ancora vivi, tanto che – da Elvis Presley a Bob Marley - li si vede qua e là per il pianeta. Allucinazioni collettive.

Intrecciando abilmente musica e fumetto, Paolo Baron (soggetto e sceneggiatura) e Ernesto Carbonetti (disegni e colori) danno corpo alla deliziosa suggestione in “Punk Is Undead” (Se le leggende del rock tornassero dal mondo dei morti?), edizioni 80144, Roma 2014, pp. 64, € 7.00 (intrigante la massima di George Bernard Shaw che introduce il volumetto (editing di Francesca Giannetto e Valeria Strino, supervisione di Manfredi Giffone).

Un’idea vincente, ben accolta dagli appassionati: infatti, dopo l’episodio ambientato a Los Angeles e questo a Londra, in arrivo “Live in Death Valley”. “Delirio splatter”, osserva Franco Capacchione nella postfazione, “puro testosterone: i due autori scelgono la via del fumetto di serie B: uomini vivissimi, donne formosissime. Un lavoro acido, una possibile storia in progress del rock”.

Ma è solo una chiave per accedere al libro. Altre (oltre alla “nostaglia”) ve ne sono. Il vuoto pneumatico del presente, per esempio, che attiva questi meccanismi di identificazione oggi che personalità così complesse, vive, barocche come Jim Morrison, Sid Vicious e tante altre rockstar non ce ne sono e tutto è house, hi-pop e spesso anche neomelodico: tutto vira verso il rubbish e tutti cantano per la mamma o per la morosa o il pubblico tv lobotomizzato da Everest di cacca e buoni semtimenti: niente raduni rock escatologici, maieutici, niente politica con la “p” maiuscola, niente concerti per chi soffre (alla Bob Marley per lo Zimbawe, per dire): e sì che di guerre, rapine e asprezze sociali, emergenze ambientali e criticità su cui pensare e far pensare ce ne sono, e come se ce ne sono…

“Mordi i tuoi giorni, scopri il tuo talento, esprimi quello che sei”, invita Capacchione. E’ quello che la saporita sceneggiatura di Baron e il disegno elegante, sorprendente di Carbonetti ci aiutano a fare.

Sperando un giorno di essere richiamati in vita anche noi, magari dalla “madama” di Scotland Yard (London, Uk) perchè hanno fatto fuori la zia del sindaco e il nome dell’assassino è in fondo a una pista di “The Dark Side of the Moon”…




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