Spazio, Italia 1964: terza potenza (dopo Urss e Usa)

di Francesco Greco - Italia terza potenza spaziale. Dopo Urss (Sputnik) e Usa (Excelsior). E sì, sembrerà strano ai trasognati italiettani 2.0 che oggi smanettano sull’Android e curano le relazioni sociali sui social. Immersi fino al collo dentro al default e alla decadenza culturale che spinge in tanti a lasciare la “serva Italia di dolore ostello…”. Senza carisma, forza, credibilità (affaire marò Latorre e Girone).

   L’Italia in b/n, nel dopoguerra, della febbrile ricostruzione, della responsabilità collettiva, dell’etica pubblica, dell’entusiasmo, della dolce vita, l’arte, la musica, il made in Italy, ebbe un ruolo di primo piano anche nella ricerca scientifica e nella sperimentazione spaziale. Era l’Italia dei sergenti, poi sarebbe arrivata quella dei “caporali”, e dei secondini, in cui siamo immersi come il baco nella mela: dalla Bibbia a Rebibbia, come dice Benigni.

   Dopo l’Urss staliniana (che lanciò lo Sputnik) e gli Usa della guerra fredda (l’Excelsior), col “Progetto San Marco” il Belpaese giunse buon terzo nella conquista dello spazio. Il 15 dicembre 1964, agli albori dell’avventura umana nei cieli, dalla base spaziale di Wallops Island (Virginia), il prof. Luigi Broglio – uno di quegli scienziati a tutto tondo, come solo gli italiani sanno essere, convinti della propria mission – riuscì a realizzare il suo sogno. Geniale, grande uomo, grandissimo italiano. Sua l’idea del Centro Spaziale Italiano, la sfida vincente dell’avventura.


   Anni e anni di fatica, ricerca, passione, stop and go: ma alla fine un satellite artificiale col tricolore disegnato giunse lassù fra le stelle. Un momento felice per la ricerca aerospaziale italiana. Nata da un accordo bilaterale fra noi (CNR, CRA, AM) e Usa (NASA). Stavamo fra i grandi (ma anche nella ricerca sul nucleare eravamo all’avanguardia).

   Del gruppo del prof. Broglio (circa 60 uomini fra tecnici, ingegneri, ricercatori, ecc.) facevano parte due pugliesi: Crescenzio Carrozzini (Caprarica di Lecce) e Grazio Campa (Sanarica). Si ritorno da Roma, dove l’evento è stato commemorato, con emozione Carrozzini ricorda: “Esplodemmo di gioia alla conferma del passaggio del satellite in orbita nominale. Eravamo molto uniti, qualcuno di noi oggi non c’è più… Ne avrei di cose da raccontare dei miei viaggi fra Italia, Usa, Africa…”.

   Mezzo secolo fa aveva 27 anni, era un sergente dell’Aeronautica Militare. Ma cosa c’entra l’Africa? 12 anni più tardi, nel 1966, il progetto “San Marco”, con la piattaforma missilistica, finì in Kenya, a Malindi, per lavorare in simbiosi con la vicina piattaforma di “Santa Rita”. E lì si continua ancora a lavorare in attesa di nuove sfide.

   Broglio se ne tornò “nel ciclo del carbonio 14”, come direbbe Margherita Hack, nel 2001. Il sergente salentino era giunto negli Usa nel 1958 per il primo corso missilistico. L’avventura durò sino alla pensione (1993): 35 anni di viaggi fra USA e Africa. Aggiunge, grato: “Broglio fu un maestro, un genio: ci trattava con grande dignità, al di là dei compiti che avevamo assegnati”. USA e Africa, due mondi agli antipodi: “Negli anni ’60 negli USA c’era una realtà che qui da noi sembrava fantascienza. Il Kenya invece era la povertà: il popolo non aveva nulla e noi avvertimmo il dovere morale di aiutarlo, per quel che potevamo…”.

   Altri tempi, altri uomini, altre sfide, altre passioni, altra Italia: 50 anni fa, e sembrano trascorsi anni-luce.    

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