Bracciante morto a Nardò, 3 indagati. “La lotta al caporalato ci vede ancora perdenti”

LECCE - Sono tre le persone indagate per la morte del bracciante sudanese di 47 anni avvenuta ieri per infarto mentre lavorava sotto il sole con una temperatura vicina ai 40°, nella campagna salentina.

Il pm di Lecce Paola Gugliemi ha iscritto sul registro degli indagati i nomi di un uomo, anche lui del Sudan, considerato il caporale, e i titolari dell' azienda di ortofrutta di Nardò presso il quale lavorava. L'ipotesi di reato è omicidio colposo. L'inchiesta è affidata ai carabinieri.

“La lotta al capolarato è una delle grandi sfide della Puglia, che per ora ci vede ancora perdenti. La morte del giovane sudanese nelle campagne assolate di Nardò ce lo ricorda impietosamente”. È il commento del senatore Dario Stefàno alla notizia della morte del bracciante stroncato da un malore durante la raccolta dei pomodori nelle campagne tra Nardò e Porto Cesareo.

“E’ una battaglia  che per essere vinta – prosegue Stefàno – deve essere combattuta collettivamente, con il coinvolgimento di tutti gli anelli della catena, altrimenti non ce la faremo mai,  continueremo a subire la vittoria delle logiche di sfruttamento, qui in una regione che ha fatto tanto in questi anni per affermare i diritti dei lavoratori”.

“La morte del giovane sudanese fa rabbia e addolora: era un immigrato  con regolare permesso di soggiorno, stroncato dal caldo e dalla ferocia delle “regole” del lavoro nero. Ci affidiamo alle Forze dell’Ordine e alla Magistratura affinché le responsabilità vengano accertate, per restituire  un briciolo di giustizia ad una morte ingiusta”.

“La Puglia tutta però si indigni – conclude Stefàno -  e non si arrenda: deve continuare il lavoro di qualificazione delle produzioni, applicare il principio di sostenibilità e diventare sempre più presidio di legalità”.

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