The Revenant-Redivivo: la recensione

di Frédéric Pascali - Le storie di sopravvivenza in genere si spingono oltre i confini più remoti di quella che è la conoscenza della nostra umanità. Cavalcano l’onda della disperazione e la lasciano solo dopo che si è infranta con tutto il fragore possibile.

Alejandro González Iñàrritu e Mark L. Smith ne sceneggiano una simile e la fanno decantare fino al prosciugarsi di qualsiasi sentimento. Una narrazione che ripercorre in celluloide l’omonimo romanzo di Michael Punke ed è liberamente ispirata alle avventure del cacciatore di pelli Hugh Glass.
Ambientata nel selvaggio e freddissimo Nord Dakota del 1823 la pellicola scorre a tratti, quasi a voler dare ogni volta il tempo di metabolizzarne i suoi aspetti più duri e violenti.

Hugh Glass è la guida di un gruppo di cacciatori di pelli che nelle selvagge e fredde foreste del Nord America vengono attaccati da alcuni indiani Arikara. I superstiti sono solo una dozzina, tra i quali Hawk, il figlio che Glass ha avuto da un’indiana Pawne uccisa anni prima dai soldati americani durante un attacco al suo villaggio. Gli uomini, su consiglio dello stesso Glass, decidono di abbandonare l’imbarcazione per seguire una difficile via del ritorno verso il loro Forte d’origine. Ma, nel bel mezzo di un’esplorazione in avanscoperta Glass viene attaccato da un grizzly. Pur riuscendo a ucciderlo rimane gravemente ferito. Il capitano Henry, comandante della spedizione, credendolo prossimo alla morte, lo affida alle ultime cure di tre volontari, tra cui Hawk.

Dopo il fantasmagorico “Birdman”, Iñàrritu ritorna sulla scena degli Oscar con ben 12 candidature. Il suo “Revenant” pur essendo girato con grande attenzione per ogni particolare e un’elevata dose di realismo, a cui contribuisce l’eccellente fotografia di Emmanuel Lubezki, tuttavia non convince appieno. La durata eccessiva, il crogiolarsi in continue panoramiche naturalistiche e le dinamiche della trama ricche di dèjà vu, da “Soldato blu” a “I duellanti”, tolgono qualcosa alla tensione e all’espressività dei protagonisti.

Di Caprio, “Hug Glass”, eccelle ma la vera sorpresa risulta essere il “cattivo” Tom Hardy ,“John Fitzgerald”.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto