La consapevolezza intollerante nel romanzo ‘Pentole e Pistole’

di PIETRO FABRIS - È un testo “Antipatico”, un lavoro fastidioso, un inciampo. Attraverso questa forma espressiva giocosa, questa amplificazione delle ridicole presunzioni, ci giungono con “immediatezza intollerante” aspetti dell’oggi imbruttito.

Franco Caprio e Vito Antonio Loprieno con il loro romanzo “Pentole e Pistole” (Edito da Radici Future produzioni) ci mettono di fronte a una realtà di piccineria di adulti invecchiati e spocchiosità vissuta con carnevalesca “serietà”.

È la rappresentazione paradossale dell’Essere una comunità che ambisce al superfluo nell’appariscente, una società che si compiace nell’inutile. Siamo un agglomerato di persone chiuse in un salotto di “parole ricercate”, anestetizzata, anzi ubriacata da trasmissioni televisive d’alta utenza. Compiaciuti di essere informati dei talk show di gran grido! Non si può ridere leggendo un libro che ci ritrae senza pietà e affilata ironia! Non si può accogliere con allegrezza il riflesso impietoso del “Noi Stessi” instupiditi! Certo è un libro scritto bene, oserei dire per certi versi divertente, ma nell’umorismo usato dagli autori che, mettono a fuoco il “disvalore” di certi personaggi (ricamati e descritti con tutti i peli e i nei), elevati agli onori di modelli da seguire, suscita una “reazione allergica” davanti alla quale non è intelligente chiudere gli occhi, oppure tener le mani in tasca per non sporcarsele. Noi siamo collusi al mal costume se non mettiamo pietra su pietra, idea su idea d’impresa alla vera umanità.

Nel libro i protagonisti, istruiti e profondi conoscitori del raffinato, sono esempi prepotenti senza scrupoli, di furbetti spietati e mitizzati la cui ombra urticante è un’onta per la società civile, un pessimo esempio per le coscienze fragili, naufraghe in un oceano di offerte di cultura ipocrita che si scandalizza e lamenta, prendendo le distanze dal malaffare del quale non è protagonista. L’umorismo amaro è la vera pietanza con gli ingredienti, sapientemente dosati, di violenza sottile (a cui siamo assuefatti) il vero “nervo infiammato” di questo romanzo ingombrante tra pietanze strabordanti e confetti di piombo.

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