Che sarà di una generazione 'Senza Maestri'?

di FRANCESCO GRECO - Non ci sono più maestri. Viviamo al crepuscolo delle nostre certezze, all’ombra del pensiero debole. Tutto è stato relativizzato, ogni idolo è finito nella polvere, ogni autorità sgretolata: chiesa, famiglia, scuola, ideologie, giustizia, istituzioni, ecc. Il passato è stato formattato, la memoria disarticolata, il web ci fa esistere biologicamente, sempre connessi, sospesi in un presente che eleva il feticismo a scuola di pensiero di cui è impregnata la nostra quotidianità. 

Processi storici maturi, irreversibili, hanno relativizzato anche la politica ridotta a rozza propaganda e mantra deliranti che diventano virali. Abbiamo smarrito il mainstream, le parole hanno mutati di senso sotto i nostri sguardi muti e impotenti. Cosa ci aspetta all’orizzonte non saprebbe dirlo nemmeno l’oracolo di Delfi. 

Per i millennials e le infinite declinazioni (bamboccioni, choosy, nerd, scoraggiati, ecc.) non è facile nuotare in questo mare infido, “restare umani”, tenersi vivi fra le onde minacciose, darsi un minimo di ambizione e struttura esistenziale. La società liquida, globale e flessibile, il lavoro precario, l’identità caduca, indeboliscono la loro autostima. Un processo micidiale. Se rapportate alla politica, poi, le cose sono ancora, se possibile, più ispide, viscide, belle complicate. 

A frugare in questi interstizi oscuri, poco illuminati, Anna Ascani (Città di Castello, 1987, parlamentare del Pd nella XVII e XVIII legislatura) in “Senza Maestri” (Storie di una generazione fragile), Rubbettino editore, Soveria Mannelli (Cz), 2019, pp. 128, euro 14,00 (prefazione di Matteo Renzi). “Siamo nati dopo la caduta degli déi, dopo la caduta dei muri, delle ideologie, dei grandi partiti di massa, dopo le brigate rosse, dopo il terrorismo nero”. 

Una generazione arrivata “dopo” che tutto è avvenuto, alla fine della Storia. Che però continua, e chiede magari altre password d’accesso per essere decodificata e padroneggiata in un protagonismo nuovo tutto da inventare, in un mondo ripiegato sul proprio io. Anna racconta cinque storie, parabole, percorsi, azzardi, utopie possibili: Gaia (35) giornalista del NYT, Agnese (30) fisica teorica, Andrea (24) esperto di sicurezza informatica, Gaia (26) insegnante, Fabio (30) fashion blogger. 

Di suo, valorizza la memoria del suo retroterra culturale (cita la nonna e la sua saggezza) e riscrive il senso di appartenenza al cattolicesimo, ridando nuova linfa al dirsi credenti. Idee, riflessioni, provocazioni scagliate nel futuro prossimo venturo. E se la Storia non fosse finita? Se ogni fine fosse solo un nuovo, eccitante inizio? Quel che conta, dice Anna fra le righe, è non darsi alibi, avere delle mète, osare nuovi orizzonti, accettare le sfide del proprio tempo.
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