Anabasi dai deserti del terrore

di FRANCESCO GRECO - Dolenti come Medea, determinate come Lisistrata. Sono le madri dei foreign fighters, figure antropologiche barocche, non facili da decodificare, a metà fra il sentimentalismo , la guerra per mestiere, l’odio per l’Europa che pure li ha accolti e delle cui conquiste sociali godono. Ragazzi fra i 16 e i 26 anni, immigrati di seconda e terza generazione, folgorati d’improvviso sulla via del terrorismo: per aderire all’Isis hanno lasciato l’Occidente sognato, le case, le famiglie, amicizie, quartieri, occupazioni, studi.
 
Una galassia sfaccettata, articolata, indagata da Giulia Cerino (“cronista di strada”, nota al pubblico della tv per aver lavorato con Santoro e Formigli) in “Stanno tornando” (I foreign fighters jihadisti raccontati dalle loro madri), DeriveApprodi, Roma 2018, pp. 140, euro 15, con la prefazione di Corrado Formigli.

Un universo visto con gli occhi delle madri dei foreign fighters, e ciò dà subito una lettura psicanalitica, pregna di una componente edipica. Giulia potrebbe dirci perché non ha intervistato i padri, ma questo ci porterebbe lontano…

E dunque, destrutturata la pittoresca idea di rimettere in piedi il Califfato 2.0 fra Siria e Iraq e sparse al vento del deserto (ghibli) le ceneri di Al-Baghdadi (aperto il casting per la successione), non resta che tornare a casa. Ci vorrebbe un altro Senofonte per dirci di questa strana anabasi, ma Giulia mette insieme le loro madri (da Amina ad Aziza, ecc., fra depressioni e  “danni psicologici”), trasfigurate in corifee e questa pluralità di voci riecheggiano appunto quella dell’aristocratico ateniese.

Stanno tornando, i sopravvissuti. I numeri sono ballerini. Dal 2011 al 2015 lasciarono l’Europa (Belgio, Gran Bretagna, Germania e Francia) circa 5500 ragazzi. Ma se calcoliamo la provenienza da tutto il mondo, 146 paesi, in tutto sono all’incirca 40mila.

Cosa tornano a fare lo leggiamo tutti i giorni nelle cronache del terrorismo: a continuare a lottare per l’idea di stato islamico. La giornalista li inquadra sotto l’aspetto esistenziale e politico.

Incluse le accuse all’Europa di “immobilismo”, “li hanno lasciati andare”. Come se ci fosse un Leviatano, un Grande Vecchio che lo consente. E quindi saremmo malati di masochismo e noi europei dovremmo inturgidire l'ennesimo senso di colpa. Ma è la struttura stessa delle nostre democrazie, le sue conquiste civili e politiche che consentono  a chiunque di muoversi come gli pare. “Colpe” culturali, collettive, storiche.

Che esse vengano a noia agli immigrati che in Europa hanno trovato libertà e dignità nei loro paesi sognate, tanto da lavorare alla disarticolazione delle nostre società è un elemento di irrazionalità indotta dal fanatismo di società arretrate, feudali, teocratiche. Che forse dovremmo aiutare sulla via dei Lumi, per farle uscire dall’oscurantismo e dalla sottomissione. Il problema è cosa fare nel frattempo.
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