'Qualcosa di meraviglioso': la recensione

di FREDERIC PASCALI - Si dice che lo sport sia in grado di far superare ostacoli altrimenti insormontabili. Alla luce dei fatti narrati sul grande schermo dalla regia essenziale ed emozionale del francese Pierre-François Martire-Laval pare che a questo principio non facciano eccezione i cosiddetti sport della mente.

Il regista, nell’occasione anche sceneggiatore, traspone attraverso la macchina da presa una storia vera di scacchi e integrazione. Il giovanissimo Fahim, pur avendo solo 10 anni, fa già parlare di sé per la sua abilità nel gioco degli scacchi.

Tuttavia la vita non sorride dato che il ragazzo vive in Bangladesh dove lui e la sua famiglia sono finiti sotto l’occhio pericoloso del regime che controlla i gesti democratici del padre, un coraggioso vigile del fuoco, minacciando velatamente il figlio. Al fallito tentativo di rapimento il genitore decide che è tempo di tentare qualcosa e di cambiare vita. Con molti sacrifici intraprende con Fahim un viaggio verso l’occidente promettendo al ragazzo di portarlo a Parigi per allenarsi con un vero grande maestro di scacchi. È l’inizio di un’avventura difficile ma ricca di emozioni e di incontri decisivi.

La realtà rappresentata da “Qualcosa di meraviglioso” non indugia troppo sui convenevoli e va dritta al punto usando gli scacchi come anello di contatto tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi.
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