Considerazioni socio economiche sulla crisi da Covid19

di GIANDOMENICO BASILE - Stando ai dati degli ultimi giorni, l’Italia sta accelerando la sua corsa verso l’uscita dal tunnel dell’emergenza sanitaria, notizie che permettono ai più ottimisti e non, di tirare un sospiro di sollievo ed iniziare a focalizzare il nuovo scenario post Covid-19.

Il nuovo scenario per l’appunto, che di nuovo ha ben poco, perché il lockdown e la chiusura di tutte le attività, ha soltanto acuito l’evolversi di una crisi che si protrae dal 2008, che ha messo in scacco il vecchio sistema economico, grandi dinamiche internazionali che gioco forza, riversano conseguenze dirette e immediate non solo nelle macro aree produttive del Paese ma anche nei piccoli distretti turistici e manifatturieri della Penisola.

Senza entrare nei tecnicismi, il principale problema era che la gran parte dei cittadini europei, dall’inizio della crisi ad oggi non guadagnava abbastanza da poter spendere quanto servisse per ricreare quel circolo virtuoso di consumi ed investimenti di cui il sistema produttivo ha tanto bisogno per prosperare.

Sistema produttivo formato per il 70% da piccole e medie imprese le stesse che rischiano di pagarne il prezzo più alto, con il conseguente crollo dell’occupazione su scala nazionale.

A detta di molti economisti urge che lo stato avvii un grande piano di aiuti finanziato con spesa aggiuntiva, per scongiurare gli scenari più grigi; assolutamente da non confondere con i 400 miliardi di euro messi a garanzia per i prestiti delle imprese, provvedimento che ha per lo più un carattere di emergenzialità temporanea o con gli Eurobond/Coronabond che andrebbero a finanziare la spesa dello stato prendendo i soldi dalle tasche dei cittadini cosa molto poco consigliabile in quanto ci sarà la necessità (soprattutto nella prima fase) di tenere alte le capacità di spesa delle famiglie e scongiurare il circolo vizioso che potrebbe innescarsi con il crollo dei prezzi dovuto al calo dei consumi.

Quando questa massa di aiuti verrà distribuita, bisognerà organizzare anche il drenaggio delle risorse verso le comunità periferiche; prendendo ad esempio una realtà come quella di Monopoli: una città a forte vocazione commerciale con una vera e propria filiera turistica. Non avrebbe come sfruttare finanziamenti a pioggia caduti dall’alto in maniera disarticolata, sarà quindi necessaria una puntuale pianificazione che prenda il territorio come punto di partenza.

Affidare la gestione di queste risorse straordinarie agli enti locali permetterebbe di moltiplicarne l’impatto soprattutto per la stretta interconnessione che sussiste tra amministrazioni locali e tessuto produttivo.

Certo oggi stiamo vivendo tempi bui ma si vedono sempre più chiari all’orizzonte i segnali di un cambio di rotta, l’austerità presto potrebbe divenire soltanto un brutto pezzo di storia della nostra Repubblica. Ritorneremo a crescere ma servirà tirar fuori tutta l’energia che i cittadini italiani sono capaci di esprimere i momenti di durezza come questi.
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