Liberare Roma, almeno da buche e monnezza

 


FRANCESCO GRECO - “Liberare Roma” (Come ricostruire il “sogno” della Città Eterna), di Francesco Delzio, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2021, pp. 114, euro 14,00 è un atto d’amore per la “Capitale della Bellezza”, un pamphlet colmo di “visioni” utile alla governance in progress, basta che non amino Roma come Ama (costa 1,4 mld l’anno, debiti per 1,18 mld). 

Ma anche un libro dei sogni che muoiono all’alba, trasfigurato in un programma elettorale. Mitizzare la Silicon Valley è pericoloso, in fondo l’Urbe rispetto a Tokyo e a Shangai è un villaggio.

Delzio ha ragione: manca la “visione” e si governa la quotidianità (inseguendo il consenso, teniamo famiglia), come fossimo in un paesino della Sabina. 

Ma che ce ne facciamo di una città senz’anima? Governata magari da algoritmi e big-data, da 100 manager fighetti tutti slide e fantasiose start-up? 

Sovrapporla a Milano poi è una forzatura ontologica: il sulfureo G. G. Belli che c’entra con Manzoni? Abbiamo avuto la Magnani e Gabriella Ferri per il popolo, loro la Vanoni e Milva per i borghesi. Milano è un land tedesco, Roma la periferia nord del Cairo. 

Non si capisce poi perché Delzio mette in croce la Raggi, giunta sulle macerie di Mafia Capitale, destra e sinistra unite dal commensalismo (altro background). E’ colpa sua se gli spazzini sono cagionevoli, se non vedono la monnezza giusto per boicottarla, mandando poi le foto ai giornali? Se non si possono seppellire manco i morti? Se va la moda dell’autobus alla diavola? Se il catrame non si attacca alle buche? Se si sbagliano finanche le targhe di marmo? La Virginia cade sempre dalle nuvole, non sa mai niente: Cielo, i tombini sono intasati! Però, mai vista tanta pioggia dai tempi di Nerone.

Certo, non è una psicologa: ha chiamato gente che batte sul pc con un dito. Inutile pure il cilicio ai romani se il sistema-Italia in blocco ha perso appeal.

Delzio suona il piffero per la rivoluzione, vola alto, parla di megatrend, nuove governance, capitale umano, che però non si spende, avvitato sul proprio ego bello turgido, status, leggersi l’ombelico del mondo. 

Evoca i volenterosi, che quasi sempre s’infrattano, vivacchiano di rendita, ma la rendita più oziosa è quella ideologica. Apre il casting per i caregiver, ma non si vedono aspiranti Muzio Scevola o Marco Furio Camillo.      

Liberare Roma prigioniera? Un bel claim, ma la storia insegna che spesso i liberatori si rivelano più tarati di quelli che scacciano e difficili poi da cacciare. Ma non facciamoci prendere dal masochismo che talvolta fa rima con qualunquismo. 

Roma è abitata da vecchi, aggiunge Delzio, una Rsa diffusa, i ragazzi e i neet stanno oltre il GRA. Non c’è osmosi fra Torbella e i Parioli, come nell’altro secolo. Out of order l’ascensore sociale, i primi saranno sempre borderline, i secondi garantiti, avranno la vita facile. I coatti l’hanno sgamato, state boni se potete, c’è il reddito di cittadinanza.

Eppure, se Roma non dà opportunità ai talentuosi del Tufello, che scappano, è un mito per altre latitudini: il nostro fruttarolo si chiama Alì, la ragazza dei biglietti dell’autobus Cheng, Aya è la cameriera nera della trattoria, Juana la cassiera del discount. Come spiegarlo?

 Novello entomologo, Delzio viviseziona e mitizza il passato, eletti e reietti, apocalittici e integrati, come se fosse stato l’Eden perduto. Datare il declino agli ultimi 15 anni è un’altra forzatura, un falso storico: le borgate degradate, metafisiche, sono d’antan. Come è relativo leggere start-up green e hi-tech come il sol dell’avvenire, la palingenesi imminente: sono un’opzione, lasciate allo spontaneismo mediterraneo, forse saranno un treno perduto. 

Quel che c’è da ritrovare è l’autostima: la Città pare aver smarrito la coscienza della sua bellezza, le risorse immense, la potenzialità: non crede più in sé stessa. Come motivare un “popolo senza energia”, seduto sulle sue macerie? Quelli di Retake magari sanno come si fa.

In altri tempi, le “visioni” di Delzio avrebbero aperto un dibattito, specie sotto elezioni. Invece prevale il gossip, la sociologia da baretto, la poesia. Ora che i  candidati ci sono, la macchina del fango è in azione, E non è declino anche questo? 

Pessimismo della ragione e ottimismo della volontà, ma dare addirittura una chiave escatologica al Covid-19, trasformando il “coma profondo” addirittura nel “decennio di Roma” è un’altra forzatura. Sa tanto di tachipirina e vigile attesa, ma forse Roma ce la farà da sola a tornare Caput Mundi…


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