La bellezza (degli Orti Botanici) ci salverà

FRANCESCO GRECO - Mai avrebbe immaginato, Cristina di Svezia, nel 1654, quando decise di rinunciare al trono, che poco meno di quattro secoli dopo, le sue deliziose vasche da bagno in marmo grigio avrebbero contenuto dei superbi cactus. Né che la maestosa quercia, al Gianicolo, sotto cui visse gli ultimi giorni (1-25 aprile 1595) il poeta Torquato Tasso, avrebbe preso il suo nome. 

Non solo, ma che un giorno la superba pianta (oggi ahimè defunta, o tempora, o mores!) avrebbe ricevuto la visita di Goethe (1787, il suo “viaggio” sulle tracce delle bellezze era iniziato l’anno prima a Padova) e poi le “lagrime” di Leopardi (venerdì, 15 febbraio 1823). 

Allo stesso poeta delle “Elegie Romane” si deve il detto “Siehe Neapel und stirb” (Vedi Napoli e poi muori). Nello stesso anno visitò Napoli, l’Orto Botanico non esisteva, ma rimase incantato dai suoi viali nel cuore della città, e perciò intrecciato “con le storie dei suoi regnanti e degli abitanti”. Vi hanno passeggiato “re, nobili e poveracci senza dimora, studiosi di gran fama, ladri, amanti“.

C’è molto da scoprire, fra storia e aneddoti curiosità, miti e leggende, in “Andare per orti botanici”, di Alessandra Viola e Manlio Speciale, il Mulino, Bologna 2021, pp. 146, € 12 (collana “Ritrovare l’Italia”), bella cover di Vanessa Pasquali. 

Trattasi di una sorprendente e a tratti commuovente ricognizione degli orti botanici italiani, dal Veneto alla Sicilia, passando per l’Emilia Romagna, la Campania, la Toscana, ecc., descritti con una tale intensità e passione, cura del particolare, da far mettere fra le ipotesi dei nostri prossimi viaggi (decantata la pandemia), appunto, un tour alla scoperta di questi gioielli di bellezza e biodiversità, di cui, direbbe il grande Fellini, poco sappiamo e molto immaginiamo.  

Ogni pagina una scoperta alla “quando i bambini fanno oh!”, tra fatti accaduti nei secoli, personaggi illustri, dinamiche storiche, piante strane, frutti esotici, alberi insospettati (sapevate che all’Orto Botanico di Roma c’è il Giardino giapponese?), narrati in maniera accurata e densa di semantica.

Il background dei due specialisti (la Viola ha altri titoli in tema nel cv e ne scrive su testate nazionali, mentre Speciale è botanico e agronomo e si occupa dell’Orto Botanico di Palermo), ne fa un saggio specifico all’apparenza di nicchia, ma in realtà trasversale, nel senso che la bellezza ivi esposta, oltre a procurarci quella che si chiama sindrome di Stendhal, può intrigare una platea sconfinata. Cosa che desideriamo ardentemente, se è vero che la bellezza ci salverà.  

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