Via Appia monca candidata a Patrimonio Unesco


BRINDISI - Il Ministro della Cultura Dario Franceschini ha candidato la via Appia (percorso e paesaggi attraversati), nonostante l’incertezza del tracciato da Venosa a Gravina di Puglia, a patrimonio dell’umanità da iscrivere all’Unesco (investimenti per 20milioni di euro).

Ad essere escluse le città di Spinazzola e Poggiorsini contrariamente alla storia dei luoghi.

Il prosieguo della via Appia dopo Palazzo San Gervasio “definito” dal Ministero seguirebbe l’argine destro del Basentello, attraversando il territorio di Banzi, Genzano di Lucania e lambendo il castello di Monteserico arriverebbe a Gravina di Puglia.

Una convalida tout court dell’ipotesi di un “itinerario sud o meridionale” della via Appia, non conclamato dal ritrovamento della strada lastricata o qualcosa che la lasci supporre, sostenuta negli ultimi anni solo da alcuni archeologi tra cui Lughi, Vinson, Small, Marchi e dal giornalista-scrittore Rumiz autore del romanzo “Appia” che ha scelto di farsi a piedi questo presunto tragitto.

L’esatta ubicazione della via Appia tra Venusia e Silvium (Gravina) è un rompicapo. Ed infatti di tutt’altro avviso sono sempre stati topografi, geografi, storici e altri archeologi che rilevarono dagli Itineraria viarum romanorum, Tavola Peutingeriana e Itinerario Antonino il percorso a nord del Basentello: Peutinger, Des Jardin, Cluverio, Olstenio, Wesselingio, Anonimo Milanese, Anonimo Ravennate, Vegezio, Pratilli, Romanelli, Kieper, Mommesen, Jacobone, Cuntz, Calderoni-Martini, Radke, Sirago, Pedio, stabilendo dopo Venosa-Palazzo San Gervasio che l’Appia attraversasse il territorio di Spinazzola con prosieguo da Poggiorsini, per poi giungere a Gravina di Puglia (Venusia- Ad Pinum-Blera-Silvium).

Non possono dirsi esaurienti, pur notevoli, per definire il cammino, i ritrovamenti archeologici scoperti da Vinson, Small, Marchi nel recente passato. E nemmeno lo sono gli ultimi portati in luce nel territorio degli attuali Comuni di Palazzo San Gervasio- Banzi-Genzano di Lucania (35 aree archeologiche a partire dal neolitico, necropoli e villa romana, nonché strutture medioevali), descritti nella pregevole pubblicazione Archeologia Preventiva in Basilicata curata da Sabrina Mutino, Funzionaria Archeologica SABAT Basilicata, (Osanna Edizioni dicembre 2021).

La stessa Soprintendenza continua con riferimento all’Appia (giustamente e correttamente) ad indicare solo come “ipotesi” e non “certo” il percorso c.d. “meridionale”.

D’altronde scoperte archeologiche a sostegno del percorso “nord”, colpevolmente pochissimo indagato, foriero dall’avvallare semplici congetture, sono da sempre emerse in diverse campagne di scavi condotte dalla Soprintendenza della Puglia.

Se ne trova menzione per l’Appia con passaggio da Spinazzola in pubblicazioni della Regione Puglia, condivise dalla Regione Basilicata, fatte proprie nella carta archeologica del Parco Nazionale dell’Alta Murgia che ha mutuato le tavole del Piano Paesaggistico regionale. Letteratura trasformata in carta straccia per i desiderata di pochi.

Quale sia stato l’esatto paesaggio sul percorso dell’Appia resta davvero un rebus, anche perché a complicare le cose è noto che il territorio tra Venosa-Palazzo S.G. – Spinazzola è un crocevia di antiche strade che possono essere state ragione di insediamenti sparsi e agglomerati importanti, ancor oggi non del tutto emersi.

Valgano da esempio la villa romana in località “la Santissima” di Spinazzola (100 ettari), esplorata dalla stessa Marchi nel 2004, attribuita dall’archeologa all’ager di Venusia. Ad un tiro di scoppio, a meno di vent’anni dalla prima scoperta, è appena emersa la villa di Palazzo San Gervasio iscritta nella pubblicazione della Soprintendenza al paesaggio all’ager di Banzi. E poi ci sono tutti i siti rinvenuti sull’asse murgiano verso Gravina elusi inspiegabilmente dalla valutazione del tracciato dell’Appia.

Lo stesso Ministero avvallando l’ipotesi del tracciato “sud”, escludendo Spinazzola e Poggiorsini, entra in contraddizione, minando un altro suo importantissimo investimento. Ovvero il ripristino a fini turistici della tratta ferroviaria Rocchetta Sant’Antonio-Gioia del Colle (investimenti per 33,5milioni di euro). La valorizzazione delle tratte storiche per la fruizione dei beni culturali del Paese mediate le ferrovie può contare su 405 milioni di euro.

Questa linea che rientra tra le strade ferrate dette Ofantine, da ponte Santa Venere nei pressi della stazione di Rocchetta/Lacedonia, viaggia praticamente parallela alla Regina Viarum, tanto da meritare di essere definita, per affinità, la “Ferrovia dell’Appia”.

Ed infatti ecco quanto Giustino Fortunato sottolineava 31 luglio 1892 giorno dell’inaugurazione a Spinazzola di questa strada ferrata: “… E come allora ci univa la via Appia, la regina di quante mai strade seppe creare la mente civilizzatrice di Roma, così ora ci affratella, dono della patria redenta, questa linea da Rocchetta a Gioia, la quale insieme con l’altra Avellino a Rocchetta, segue, per tanta parte, il tracciato stesso dell’Appia antica”. Ed ancora Fortunato, padre del Meridionalismo nonché storico: “Fortunata linea, la vostra! Va libera, lungo l’incerto confine dell’Apulia e della Lucania, e qui, presso l’ad Pinum degli antichi itinerari, in vista della moderna Spinazzola, arriva a mezzo del suo tracciato”.

Nonostante l’eloquenza sembra che qualcuno si sia preso il gusto di sovvertire la storia e le certezze radicate sull’origine dei luoghi.

Le città di Spinazzola e Poggiorsini invero, sin dalla presentazione del progetto di valorizzazione della Regina Viaurum, hanno contestato la loro esclusione (2015), richiamando con convegni e delibere di consiglio Comunale il Ministero e la Regione a rivedere il percorso. Anche perché gli archeologi Lughi, Vinson, Small nelle loro relazioni spesso sull’ipotesi “sud” della via sono afflitti da incertezze e contraddizioni.

Sorprende quindi non poco la posizione del Ministero che avrebbe dovuto includere e non escludere i territori. Sorprende la Regione Puglia seduta al tavolo interregionale istituito per la valorizzazione dell’Appia senza che si sia preoccupata di arginare l’errore del tracciato o quanto meno proporre, in attesa di dati incontrovertibili, in alternativa, un doppio percorso da cui non fosse esclusa l’area murgiana, principio applicato in altre luoghi del percorso altrettanto incerti.

Sorprende lo stesso Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia rimasto totalmente silente all’atto di imperio del Ministero che impoverisce non di poco l’area protetta.

Frettolosa appare la candidatura a patrimonio dell’Unesco della via Appia presentata in pompa magna da parte del Ministro Dario Franceschini che ha voluto al suo fianco per l’occasione lo scrittore Paolo Rumiz, il quale, per dirla tutta, nel suo romanzo sottolinea l’incertezza del tracciato dopo Palazzo San Gervasio per poi smentire se stesso. Proprio Rumiz spesso cita il Pratilli che nel 1745 del tratto da Venusia a Silvium fa una precisa descrizione con passaggio da Spinazzola e Poggiorsini, poi però lo ignora, per seguire ispirato dai suoi piedi, la via indicata dagli archeologi.

Franceschini o chi per lui avrebbero dovuto richiedere maggiori approfondimenti prima di offrire la via Appia a patrimonio dell’umanità, anche per non vedersi eventualmente impugnare il provvedimento dinanzi al Tar e Consiglio di Stato da parte delle città arbitrariamente escluse e farebbero bene a farlo.

A tutto c’è rimedio. Sarebbe cosa seria avviare per il percorso “nord” una mirata ricerca archeologica finanziando indagini geofisiche e magnetometriche capaci, loro si, di redimere i dubbi sul tracciato. Anche per azzerare le fisime di chi evidentemente non gradisce essere contraddetto sulle proprie convinzioni ambendo a riscrivere la “storia".

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