FRANCESCO GRECO - Le grotte preistoriche e medievali sparse in
Terra d’Otranto, sul mar Jonio e Adriatico e
nell’entroterra, possono costituire un
ulteriore appeal sotto l’aspetto storico,
archeologico, identitario, delle comunità
locali e territoriali, se intelligentemente
usate, recuperate, valorizzate e messe in
rete. Sono uno degli aspetti più affascinanti
e misteriosi che i geniali e generosi antenati
ci hanno lasciato in eredità.
La proposta di un progetto che proceda
alla ricognizione, per poi dichiararle
come patrimonio dell’UNESCO, è stata
appena accolta all’unanimità dal Consiglio
Regionale della Puglia.
E’ solo il primo passo di un lavoro che
avrà molti passaggi, ma che alla fine
rappresenterà un richiamo denso di storia
che contribuirà all’arricchimento della
proposta indirizzata a una più approfondita
conoscenza delle nostre origini.
Non siamo, sia chiaro, i primi a pensarci:
arriviamo dopo Marocco, Spagna e Francia,
ma l’importante è partire e puntare decisi
all’obiettivo.
Alle Grotte dei Cervi di Porto Badisco, la
Romanelli di Castro e le Veneri di Parabita
– per citarne solo alcune - però, occorre
aggiungerne altre, fra cui il mitico villaggio
rupestre di Macurano, in agro di
Montesardo (Lecce), poco distante dal
centro abitato e il cui ultimo uso, nell’altro
secolo, fu quello di frantoi ipogei per la
produzione di ottimo olio extravergine,
tant’è che nelle grotte sono rimaste le
macine. Per la gente del luogo ha lo stesso
valore, in scala ridotta, del
Colosseo, le Piramidi, etc: sacro.
E’ una vasta area (circa 2 ettari) da
recuperare in toto e destinare alla
riflessione e alla memoria. Come nei secoli
passati, quando, si pensa, fu abitata da
monaci bizantini qui giunti dall’Oriente
(vittime dell’iconoclastia) e ansiosi di
solitudine.
Macurano un tempo fu il regno del
silenzio più puro, molto apprezzato anche di
recente da esperti e studiosi, che
venivano anche dal NordEuropa, ospiti
delle masserie “Santa Lucia” e “Macurano”.
Oggi il villaggio rupestre è irriconoscibile
a causa di interventi aggressivi e irrazionali
avvenuti nei decenni passati, che ne hanno
modificato tragicamente la morfologia
primordiale.
E, se non fosse abbastanza, da qualche
anno Macurano è la mèta assurda di
un’antropizzazione selvaggia e brutale, che
fra l’altro ha aggredito l’ecosistema,
desertificando l’area, facendo terra bruciata
e diminuendo sensibilmente la flora e la
fauna a causa dell’inquinamento acustico e
luminoso. Come se si perseguisse, magari
inconsciamente, un obiettivo che è
all’opposto del recupero e valorizzazione.
Se poi consideriamo che nell’area insiste il
cimitero (quindi zona di rispetto, protetta
da rigide normative) e la tomba del
Venerabile Tonino Bello, con i pellegrini che
a loro volta cercano il silenzio per pregare e
meditare, si capisce quanto destabilizzante
e volgare sia la presenza dell’uomo in tutta
la zona e urgente il ripristino, appunto, del
secolare, millenario silenzio.
“Non siamo
mica a Disneyland!”, dice amareggiata la
gente di Montesardo, che con quel luogo ha
un rapporto antico e denso di significati.
Dichiarare pertanto il complesso rupestre
patrimonio UNESCO è l’occasione che tanti
attendono e auspicano con tutto il cuore per
ritrovare e tornare ad amare la “loro”
Macurano, quella ereditata dagli antenati e
amata da tante generazioni che hanno
rispettato i, suoi silenzi e la sua anima
antica e profonda che affonda le radici nella
leggenda, il mito.
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