'In Antartide per studiare il clima di un milione e mezzo di anni fa', parla il ricercatore (ENEA) Matteo Villani


FRANCESCO GRECO
- “Buongiorno per me, buonasera per voi... Qui sono le 7 e 30 del mattino: ci sono 12 ore di differenza”. All’altro capo della chat, e del mondo, in Antartide il ricercatore foggiano Matteo Villani (ENEA) nel team che si occupa della Logistica (gestione e conduzione degli impianti tecnologici).

Si è appena svegliato, ha una mezzora da dedicarci prima di un altro giorno di lavoro fra Americani, Tedeschi, Francesi, Sudcoreani e, vedremo più avanti, Cinesi.

“Si lavora sette giorni su sette, 12 ore al giorno... La domenica metà giornata... Fuori sono -4... E’ l’estate australe... Il ghiaccio marino si è spaccato da giorni e sono venuti a salutarci foche e pinguini”. Spettacolo incantevole!

Missione n. 39 (per Villani la settima), come sempre finanziata dal MIUR (Ministero dell’Università e la Ricerca Scientifica). Chiarisce meglio Matteo: “E’ incentrata più sulla logistica relativa ad aggiornamenti tecnici e strutturali che sulla ricerca. I ricercatori alla base sono davvero pochi: in campo tre progetti, ma operativi solo due...”.

Appena arrivato ha avuto un brutto incontro che lo ha costretto qualche giorno in più alla Mc Murdo, il covid: “Qui i protocolli sono ancora molto restrittivi, considerando anche che non ci sono strutture sanitarie sul territorio e bisogna tutelare la salute dei colleghi, che non sarebbe facile sostituire”.

Che vita si fa alla base?

“E’ come una piccola città. Ci dobbiamo autoprodurre tutto, avere una certa autonomia sul territorio. Non è bello chiedere aiuto agli altri programmi nazionali di ricerca”. Che immagine ha l’Italia fra i ghiacci? “Godiamo di una certa fama antartica: siamo qui dal 1985. Tutti gli altri programmi ci riconoscono una capacità logistica non indifferente. Dicono che siamo il miglior programma antartico, tanto che spesso siamo invitati da sindaci e referenti politici che intendono mantenere vivi i rapporti con l’Italia”.

Quali sono gli altri Paesi presenti?

“Collaboriamo con i programmi di Stati Uniti, Corea del Sud, Germania e adesso anche con i Cinesi che stanno lavorando a un’altra base permanente: sono alle spalle della nostra base. Giorni fa abbiamo visto arrivare due navi, stanno posizionando attrezzature e container per un’altra base che da provvisoria diventerà definitiva”.
Di cosa vi occupate alla Mario Zucchelli?

“Dei lavori propedeutici a un revamping della base”.

Dal punto di vista scientifico quali gli obiettivi?

“I progetti di questa spedizione riguardano attività relative alla vulcanologia con l’installazione di sismografi, per la rilevazione di movimenti sul vulcano Melbourne e ancora da completare sul vulcano Erebus. Osservatorio relativo ai cambiamenti climatici con installazione di strumentazione per il monitoraggio della temperatura lungo la costa della Baia di Terranova, comprensivi dello studio della flora antartica quali muschi e licheni. Osservatorio permanente sullo studio del geomagnetismo e studi dell’ambiente marino tramite acquisizione di dati con strumentazione specifica chiamata mareografo... Continuamente anche il laboratorio di impatto ambientale del programma campiona e acquisisce dati affinché i valori rientrino nei limiti di legge italiana ed europea, visto che ogni base scientifica e di ricerca è soggetta alle proprie leggi nazionali”.

Abbiamo letto del progetto europeo Beyound Epica Oldest Ice: cos’è?

“E’ partito a novembre presso la Base Concordia nel sito di Little Dome C: prevede i carotaggi nel ghiaccio per prelevare campioni che ci permettano di studiare la storia climatica della Terra sino a un milione e mezzo di anni fa. Adesso sono arrivati a circa 7-800 metri di profondità, ma nei prossimi anni l’obiettivo sarà raggiungere i 2,7 km, che rappresentano proprio il milione e mezzo di anni fa”.

Il ghiaccio eterno svela i suoi segreti?

“In questi giorni c’è fermento: stanno arrivando i primi gruppi delle carote di ghiaccio del programma alla seconda edizione: la prima fu epica e risale, se ben ricordo, a 13 anni fa: un programma italiano e francese, da lì nacque la stazione Concordia sul plateau artico a 3300 m. d’altezza. Lì sono risaliti alla storia dell’atmosfera climatica di 800mila anni fa: hanno capito la sua composizione perché nel ghiaccio perenne (un metro cubo equivale a 40/50mila anni di situazione climatica) son0 intrappolate particelle di aria e di gas da cui si può risalire alla composizione chimica dell’atmosfera. Ora siamo alla seconda edizione: Italia e Francia sono pionieri di questa ricerca che sta dando ottimi risultati e che vede l’adesione di altri Paesi europei, impegnati nello stesso concept, essendo l’Italia un Paese della NATO”.

E qual è il vostro compito?

“Passano dalla base Concordia e noi facciamo da hub per lo stoccaggio: il valore delle carote è inestimabile. Nei frigo la temperatura è -50. Provengono da Little Dome C. I dati finiranno nelle sedi nazionali e nelle Università italiane ed europee. Un progetto che costa milioni di euro”.

Ora cosa c’è all’orizzonte?

“E’ appena arrivata l’unica rompighiaccio italiana, la Laura Bassi: ci porta viveri, ricambi e carburante.La nostra squadra lascerà la base il 6 febbraio per tornare in Italia”.

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